Il valore della biodiversità, Legambiente: “Siamo già in debito col Pianeta”

La biodiversità è a rischio: specie animali si adattano ad habitat umani e mari e foreste continuano a subire i danni dell’uomo. Cosa fare?
14 Giugno 2024
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Biodiversita Canva

Biodiversità più sostenibile. Questo è l’appello che rivolgono gli enti di settore alle politiche di governo. Nell’ultimo report Legambiente dedicato al tema, la biodiversità è stata analizzata con dati e numeri che riportano lo stato in cui versa il Pianeta, dai mari alle foreste. Ad esempio, due terzi delle specie protette in Europa dalla Direttiva Habitat si trovano in uno stato di conservazione scarso o inadeguato. O, ancora, il riscaldamento dell’Oceano ha alterato il funzionamento dell’ambiente marino, causando l’innalzamento del livello del mare, cambiamenti nella circolazione oceanica, lo scioglimento del ghiaccio marino e l’intensificazione dei cicloni tropicali e di altri eventi estremi.

La biodiversità e l’economia sono strettamente connesse. La varietà della natura ci consente di vivere e prosperare grazie ai “servizi ecosistemici” che forniscono beni e servizi fondamentali. Secondo il Forum economico mondiale, quasi la metà del Pil globale dipende dall’ambiente naturale e dalle sue risorse. Per questo motivo, l’Ue e i suoi Stati membri si sono impegnati a stanziare 20 miliardi di euro l’anno per la protezione e la promozione della biodiversità. Ma ancora non basta.

Le cause di perdita di biodiversità

La perdita di biodiversità è una delle più gravi minacce ambientali a livello mondiale, causata principalmente dall’attività umana. Le principali minacce sono la perdita e la frammentazione degli habitat naturali, l’inquinamento, il cambiamento climatico globale, la gestione non sostenibile delle risorse naturali e l’introduzione di specie aliene. Questo, inoltre, porta alla distruzione e alla suddivisione di un habitat in piccole aree isolate favorendo la sopravvivenza di specie non specifiche a discapito di quelle con adattamenti speciali. Per frenare la perdita degli habitat naturali, è necessario contenere il consumo di suolo e gestire il suolo in modo sostenibile.

I cambiamenti climatici

L’aumento della concentrazione dei gas serra, inoltre, ha modificato e sta modificando il clima globale, causando un aumento dei fenomeni climatici estremi. Questo sta spingendo molte specie a spostarsi verso i poli e verso quote più elevate, e sta cambiando alcune fasi delicate del loro ciclo vitale. Per evitare una crescente perdita di vite umane, biodiversità e infrastrutture, “è necessaria un’azione ambiziosa e accelerata per adattarsi al cambiamento climatico e ridurre rapidamente e drasticamente le emissioni di gas serra – si legge nel report -. L’inquinamento, dovuto all’utilizzo di pesticidi, erbicidi, fertilizzanti, prodotti chimici, scarichi industriali, emissioni prodotte da impianti industriali e automobili e sedimenti provenienti dalle aree montane e collinari soggette all’erosione, rappresenta una minaccia sia per la biodiversità che per la salute umana. L’inquinamento atmosferico è il maggiore rischio ambientale per la salute in Europa e l’inquinamento da plastica in mare e sulle spiagge è una delle più grandi questioni ambientali e mondiali”.

Il fenomeno non è privo di conseguenze per le stesse specie animali che nel tempo si sono trasformate diventando vere e proprie specie aliene. Si tratta di quelle specie che, a seguito delle attività umane, si trovano al di fuori del loro areale naturale. Queste possono diventare invasive e, a causa della loro capacità di adattamento e dell’assenza dei loro predatori e parassiti naturali, possono sottrarre risorse essenziali alle specie naturalmente presenti nei nostri territori, oppure possono cibarsene o alterarne l’habitat portandole all’estinzione. “Per risolvere il problema delle specie aliene invasive – spiega Legambiente – è necessario creare nuove aree marine protette, tutelare le specie native, sensibilizzare le persone e agire in maniera concertata sul piano internazionale e regionale”.

Le risorse naturali a rischio

L’uso delle risorse è passato dai 30 miliardi di tonnellate del 1970 ai 106 miliardi di tonnellate attuali. Questo utilizzo eccessivo delle risorse contribuisce al riscaldamento del pianeta e all’inquinamento atmosferico, e rappresenta il 90% della perdita di biodiversità. Esistono però disuguaglianze nell’utilizzo delle risorse tra i Paesi a reddito alto e basso. I Paesi a basso reddito consumano sei volte meno materiali e generano impatti climatici dieci volte inferiori rispetto ai Paesi a reddito medio-alto. Il giorno in cui si esauriscono le risorse che il nostro Pianeta può produrre in un anno è già accaduto: si chiama “Earth Overshoot Day”, e si è verificato il 2 agosto nel 2023, indicando che siamo andati in debito con il nostro Pianeta con ben 5 mesi di anticipo.

“È necessario – continua il report – trovare modi per ridurre l’uso globale delle risorse. Alcune strategie potrebbero includere il miglioramento della capacità dei Paesi di valutare e fissare obiettivi per il consumo di risorse e la produttività, indirizzare la finanza verso un uso sostenibile delle risorse, garantire ai consumatori l’accesso a beni e servizi sostenibili, e favorire l’economia circolare. Il commercio legale e illegale delle specie selvatiche è una delle principali cause del loro declino. Ad esempio, il mercato delle pellicce ha determinato una riduzione delle popolazioni di diverse specie. Secondo l’UNEP, il traffico illegale di specie vale dai 7 ai 23 miliardi di dollari l’anno. Per porre fine a questo commercio illegale, la Commissione europea ha adottato un piano d’azione in linea con la strategia sulla biodiversità per il 2030”.

Quali leggi a tutela delle specie e delle risorse?

L’uomo, fino ad oggi, ha scoperto circa 1,5-1,8 milioni di specie sul nostro pianeta, ma le stime suggeriscono che ne esistono almeno 4 milioni, con alcune ipotesi che arrivano fino a 100 milioni. Tuttavia, 1 milione di queste specie è a rischio di estinzione, secondo il rapporto Ipbes 2023. Le Liste Rosse mondiali della IUCN indicano che 44.000 specie rischiano di scomparire per sempre. Alcune specie, come l’Albatross urlatore e lo squalo balena, sono in grave declino, ma le azioni di conservazione possono fare la differenza. La IUCN ha introdotto una nuova categoria di valutazione, lo “stato verde”, che misura i benefici tratti dai piani di conservazione.

“L’Italia – spiega l’associazione -, con la sua ricchezza di specie vegetali e animali, è considerata custode di un patrimonio naturale tra i più preziosi d’Europa. Tuttavia, molte specie e ecosistemi sono seriamente compromessi, con circa 40 specie di vertebrati in pericolo critico di estinzione. La Nature Restoration Law, un nuovo regolamento europeo, mira a ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’UE entro il 2030. Tuttavia, il regolamento ha subito una battuta d’arresto in Consiglio”.

Il Trattato Globale per la protezione degli Oceani, un accordo internazionale giuridicamente vincolante adottato dalle Nazioni Unite nel 2023, mira a proteggere e garantire l’uso sostenibile delle acque che non ricadono nelle giurisdizioni nazionali. Il trattato prevede la tutela del 30% degli oceani entro il 2030 e entrerà in vigore dopo la ratifica da parte di 60 Stati. Insieme al Regolamento Deforestazione Zero, rappresentano i tre grandi pacchetti di norme per la biodiversità.

Regolamento Deforestazione Zero

L’Unione Europea ha emanato il regolamento 2023/1115 (EUDR) per affrontare la deforestazione e il degrado forestale a livello globale. Questo regolamento mira a impedire l’ingresso sul mercato europeo di prodotti e materie prime (come legno, bovini, soia, gomma, palma da olio, cacao e caffè) la cui estrazione, raccolta o produzione è legata alla distruzione delle foreste e alle violazioni dei diritti umani.
L’Ue, tra i maggiori responsabili di deforestazione per la produzione di materie prime, prevede che, senza un adeguato intervento normativo, la deforestazione aumenterà a circa 248.000 ettari all’anno entro il 2030. Italia, Germania, Francia e Olanda importano oltre il 50% dei prodotti illegali che entrano in Europa.

“Il regolamento EUDR richiede un impegno per arrestare la perdita delle foreste e il degrado della biodiversità forestale entro il 2030. Inoltre, mira a frenare il prelievo indiscriminato e illegale di alberi dal legno pregiato, che rappresenta la seconda fonte di reddito per la criminalità organizzata mondiale dopo il traffico di stupefacenti – continua Legambiente – La nuova legge obbliga le imprese a verificare (due diligence) che i beni venduti nell’UE non siano stati prodotti su terreni deforestati o degradati in nessuna parte del mondo e che le merci non siano prodotte in violazione dei diritti umani e in conformità con le disposizioni internazionali in materia. Nonostante il regolamento sia in vigore da metà del 2023, è stato oggetto di critiche e di richieste di sospensione. Tuttavia, è fondamentale che venga attuato senza ulteriori ritardi e con la dovuta diligenza da parte degli Stati membri”.

Nel 2024, l’Ue ha avviato due procedure di infrazione nei confronti dell’Italia per non aver rispettato le norme sulla caccia e per non aver attuato le misure richieste dalla Direttiva Habitat, volte a monitorare e prevenire le catture accidentali di cetacei, tartarughe e uccelli marini da parte dei pescherecci. L’Italia ha due mesi di tempo per rispondere e colmare le lacune sollevate dalla Commissione. In assenza di una risposta soddisfacente, la Commissione potrebbe decidere di emettere un parere motivato ed eventualmente attivare un contenzioso dinanzi alla Corte di Giustizia Europea.

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