Il turismo lento nel nuovo quadro normativo: cosa cambia per i cammini italiani

Dal riconoscimento ufficiale degli itinerari alla mappa digitale nazionale: le misure allo studio mirano a riorganizzare un settore in forte crescita
10 Dicembre 2025
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Il Paese che esporta nel mondo la Via Francigena, i cammini francescani e il Sentiero Italia Cai non dispone ancora di una cornice nazionale capace di tenere insieme percorsi nati per iniziativa di regioni, diocesi, associazioni e volontari. Il disegno di legge AC 1805-A arriva ora all’esame dell’Aula della Camera con l’obiettivo di colmare questo vuoto: riconoscere i cammini come infrastruttura strategica del turismo italiano, fissare standard comuni e introdurre una governance stabile che consenta di programmare, monitorare e orientare gli investimenti.

Il provvedimento, composto da nove articoli e già approvato dal Senato, punta a razionalizzare un settore in forte espansione ma frammentato. Nuovi strumenti (banca dati nazionale, mappa digitale, cabina di regia interministeriale, tavolo permanente) serviranno a selezionare e classificare gli itinerari, raccordare le competenze statali e regionali, consolidare la qualità dell’offerta e garantire che la crescita della domanda non avvenga a scapito della sicurezza e dell’accessibilità.

Come cambia il riconoscimento dei cammini

L’impianto della legge si concentra su una prerogativa finora assente: definire che cosa può essere riconosciuto come cammino d’Italia e con quali responsabilità operative. L’articolo 1 attribuisce ai cammini una funzione di interesse pubblico ampia, che va dalla fruizione del patrimonio culturale diffuso alla valorizzazione delle tradizioni locali, includendo paesaggi, siti storici, minoranze linguistiche, percorsi religiosi e vie d’acqua. La norma esclude espressamente l’uso di mezzi a motore, fatta salva l’accessibilità per le persone con disabilità o con mobilità ridotta, e lega ogni intervento a tre parametri: sicurezza, accoglienza e qualità dei servizi.

L’iter legislativo conferma un cambio di passo. Dopo il voto del Senato del marzo 2024, il testo è passato alle Commissioni Cultura e Attività produttive della Camera, che hanno introdotto modifiche su accessibilità, criteri di qualità e governance, concludendo l’esame nel marzo 2025. Il provvedimento non sostituisce la legislazione regionale, che rimane centrale nella gestione dei cammini, ma interviene sulla fase di riconoscimento, promozione e costruzione di standard comuni. È qui che emerge la funzione di cornice: evitare sovrapposizioni, armonizzare le informazioni disponibili e costruire un livello decisionale capace di incidere sulle priorità nazionali.

Significa che un cammino certificato come “cammino d’Italia” dovrà rispondere a requisiti verificabili: segnaletica coerente con gli standard Cai, aggiornamento periodico dei tracciati, informazioni affidabili sui servizi, criteri chiari per l’accessibilità e un soggetto responsabile riconoscibile. Un salto rispetto al quadro attuale, in cui molti percorsi vivono grazie all’impegno dei volontari ma senza un sistema uniforme.

Una mappa unica e criteri verificabili

Il fulcro operativo del disegno di legge è la banca dati dei cammini d’Italia, ospitata presso il Ministero del Turismo e integrata con una mappa digitale aggiornata almeno ogni due anni. Ogni percorso dovrà dimostrare conformità agli standard tecnici che saranno definiti con decreto ministeriale. La banca dati accoglierà quattro categorie di itinerari:

  1. i tratti italiani degli itinerari culturali europei riconosciuti dal Consiglio d’Europa;
  2. i cammini interregionali;
  3. i cammini regionali o locali certificati dalle regioni e dalle province autonome;
  4. i cammini riconosciuti da città metropolitane e da Roma Capitale.

L’inserimento comporterà l’attribuzione della qualifica ufficiale di “cammino d’Italia”.

La cabina di regia nazionale, presieduta dal Ministro del Turismo, avrà un ruolo strategico: fissare gli standard, predisporre il programma triennale di sviluppo, coordinare la gestione della banca dati e approvare iniziative di promozione e valorizzazione. Il tavolo permanente per i cammini d’Italia, composto da rappresentanti istituzionali, esperti, associazioni del settore culturale e turistico, enti del Terzo settore e organizzazioni che si occupano di disabilità, garantirà il raccordo con il territorio e la valutazione costante delle criticità.

Sul piano finanziario, l’investimento è mirato. Le risorse previste per banca dati e mappa digitale oscillano tra 1 milione di euro nel 2025 e 500 mila euro annui nel biennio successivo, mentre per le campagne di promozione il Ministero del Turismo potrà contare su 1 milione di euro l’anno dal 2025. Sono cifre contenute rispetto all’ampiezza del settore, ma rappresentano un vincolo chiaro: il sostegno economico nazionale sarà legato alla conformità agli standard e alla presenza ufficiale nella banca dati. Per gli operatori questo significa che l’accesso alla visibilità istituzionale non dipenderà più solo dalla notorietà acquisita ma anche da requisiti formali verificabili.

La progressiva centralizzazione delle informazioni avrà un impatto diretto sui turisti. Una volta attivata, la mappa digitale nazionale permetterà di verificare in un unico luogo lunghezza, difficoltà, tappe giornaliere, condizioni di accessibilità, servizi disponibili lungo il tracciato, collegamenti con altri percorsi e aggiornamenti sulle eventuali criticità. Una funzione oggi spezzettata tra portali regionali, siti delle associazioni e materiali non sempre uniformi.

Informazioni pratiche per chi vuole mettersi in cammino

Oggi per orientarsi nella scelta del cammino, il punto di partenza più affidabile è il portale pubblico dedicato agli itinerari nazionali, dove sono raccolte schede ufficiali, mappe georeferenziate, lunghezze, dislivelli, difficoltà e indicazioni sui servizi. I cammini a prevalente contenuto spirituale dispongono inoltre di un catalogo specifico del Ministero del Turismo che elenca percorsi selezionati secondo criteri standard di qualità. Entrambi gli strumenti diventeranno complementari alla banca dati prevista dal disegno di legge, creando un sistema integrato consultabile anche da chi si accosta per la prima volta al turismo lento.

La credenziale, cioè il documento che accompagna il viandante lungo il percorso, resta un elemento funzionale. Serve a registrare le tappe attraverso i timbri e, in molti casi, permette l’accesso a ostelli dedicati o la possibilità di ottenere un attestato finale (Testimonium). Sulla Via Francigena la credenziale ufficiale è rilasciata dall’Associazione Europea delle Vie Francigene, può essere richiesta online o presso i punti di distribuzione e identifica il camminatore in tutte le strutture convenzionate. È uno strumento che, oltre a facilitare l’accoglienza, garantisce un minimo di tracciabilità del flusso e contribuisce alla raccolta di dati utili alle amministrazioni.

Per la sicurezza, la scala Cai resta il riferimento imprescindibile. I sentieri T (turistici) richiedono un impegno fisico limitato e sono adatti ai principianti; i percorsi E (escursionistici) implicano già maggiore allenamento e consapevolezza del terreno; gli itinerari EE (per escursionisti esperti) includono tratti esposti o instabili; le vie EEA (per esperti con attrezzatura) necessitano di casco, imbragatura e kit certificato. Sapere in quale categoria rientra ogni tappa permette di programmare in modo realistico lunghezze giornaliere, tempi di percorrenza, peso dello zaino e dotazioni indispensabili.

Un ulteriore elemento da considerare è la qualità dei servizi lungo il percorso. I requisiti definiti nel catalogo dei cammini religiosi, che anticipano in parte gli standard che la cabina di regia dovrà formalizzare, prevedono la presenza di un soggetto gestore identificabile, un sito aggiornato, informazioni verificate su ospitalità, punti di rifornimento, tratti isolati o con criticità, oltre alla georeferenziazione completa. Per i turisti questo rappresenta un cambio culturale: la scelta del cammino non dovrà più basarsi su informazioni frammentarie, ma potrà poggiare su dati verificati e aggiornati, riducendo imprevisti e aumentando la sicurezza complessiva dell’esperienza.

L’espansione del turismo lento e la necessità di criteri comuni

Negli ultimi anni il turismo lento ha registrato un’espansione evidente. Nel 2024 le credenziali distribuite dai principali cammini italiani hanno superato quota centomila e gli attestati finali hanno mostrato incrementi consistenti. Itinerari storici come la Francigena attirano camminatori da decine di Paesi, mentre percorsi di lunga percorrenza come il Sentiero Italia Cai stanno diventando riferimento per un pubblico esperto. Parallelamente, regioni e comuni hanno investito in numerosi percorsi locali, talvolta con caratteristiche e standard molto diversi tra loro.

Il disegno di legge interviene esattamente su questa eterogeneità. L’obiettivo non è omologare, ma creare un set di criteri minimi per chi ambisce al riconoscimento nazionale. La selezione non sarà neutra: alcuni itinerari avranno la struttura necessaria per rientrare nella banca dati; altri dovranno adeguarsi o restare fuori dal perimetro istituzionale. Il risultato, se attuato con rigore, potrebbe stabilire un sistema di qualità che incida sia sulla percezione dei camminatori sia sulle politiche di sviluppo locale.

La promozione prevista dall’articolo 7, che mobiliterà campagne dedicate ai cammini riconosciuti, renderà il marchio “cammino d’Italia” uno strumento competitivo. I territori dovranno dimostrare di essere in grado di garantire manutenzione, segnaletica, accessibilità, servizio informativo e coordinamento con la struttura nazionale. In questo contesto, la relazione annuale che il Ministro del Turismo dovrà trasmettere alle Camere diventerà un momento di verifica pubblica: quali cammini sono stati inseriti, quali esclusi, quali interventi sono in ritardo, quali aree hanno beneficiato della promozione nazionale.

Per chi cammina, il quadro complessivo promette benefici tangibili: maggiore affidabilità delle informazioni, percorsi meglio mantenuti, standard omogenei di segnaletica, strumenti digitali aggiornati, servizi più prevedibili. Per le amministrazioni, il passaggio è più impegnativo: la qualità non sarà più solo uno slogan locale, ma un requisito da documentare e mantenere nel tempo, sotto la supervisione di una governance nazionale chiamata a verificare, selezionare e programmare.

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