L’emisfero settentrionale della Terra aveva meno ghiaccio di oggi e il livello del mare era circa 10 metri più alto. Questo è quanto è emerso da uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications a cui ha partecipato Elisabetta Starnini dell’Università di Pisa.
La condizione climatica risale a 400mila anni fa, un periodo chiamato MIS 11c, ed era il periodo in cui il nostro pianeta era più caldo di oggi. La causa di questa fase sarebbe da rintracciare nel riscaldamento dei mari. Ecco perché.
Il caldo della preistoria
Lo studio è stato condotto sul prelievo tramite carotaggio di un sedimento lungo due metri prelevato dalla Grotta della Bàsura in Liguria e analizzato utilizzando la tecnica di datazione uranio-torio ad alta precisione.
La grotta è situata in una posizione utile per fornire informazioni sui cambiamenti climatici subtropicali/di latitudine media perché il Mar Mediterraneo occidentale è sensibile all’Oceano Atlantico settentrionale e ai cambiamenti climatici, dato che i venti occidentali dominanti trasportano in modo efficiente calore e umidità verso il bacino.
Il reperto ha consentito di ricostruire la storia ambientale dell’Europa meridionale da 480mila a 360mila anni fa e di risolvere un enigma paleoclimatico noto come “paradosso MIS 11c” che per lungo tempo ha impegnato studiose e studiosi. Il caldo della Terra 400mila anni fa non sarebbe infatti giustificato dai livelli di radiazioni solari e di gas serra.
Il progetto rientra in una ricerca guidata dal Dipartimento di Geoscienze dell’Università Nazionale di Taiwan che ha coinvolto 20 enti di ricerca tra Europa, Asia e Stati Uniti. Elisabetta Starnini è docente di Preistoria e Protostoria del dipartimento di Civiltà e forme del Sapere dell’Università di Pisa e da anni lavora alla Grotta della Bàsura.
La ricerca
La Grotta di Bàsura è situata nel Golfo di Genova, a 200 metri sopra il livello del mare. La regione ha un clima mediterraneo con inverni miti e umidi ed estati calde e secche. I ricercatori hanno studiato isotopi stabili di carbonio e ossigeno e i rapporti stronzio/calcio in una formazione calcarea specifica all’interno della grotta.
I dati mostrano che periodi di siccità corrispondono a valori alti di certi isotopi, mentre i periodi umidi mostrano valori più bassi. Questo studio conferma che la grotta è stata sensibile ai cambiamenti climatici, mostrando una forte correlazione con dati climatici di altre regioni e contribuendo a comprendere meglio i cambiamenti climatici globali del passato, per interpretare quelli del presente.
“Oggi come allora – ha spiegato la dottoressa Starnini – la radiazione solare non era particolarmente forte, ma il nostro studio dimostra come il riscaldamento prolungato degli oceani da solo possa causare un collasso della piattaforma glaciale e un innalzamento del livello del mare senza richiedere temperature atmosferiche estremamente elevate o concentrazioni di gas serra”.
“Il clima passato è quindi di massima importanza per comprendere il futuro del nostro pianeta e il ruolo che i cambiamenti climatici estremi possono aver giocato nell’evoluzione umana – ha concluso Starnini -. Basti pensare che dopo la fine del MIS 11 l’Europa inizia ad essere popolata da una nuova specie: l’uomo di Neanderthal”.