Gli svizzeri dicono ‘no’ alla biodiversità: “Troppi limiti per agricoltura e infrastrutture”

Domenica in Svizzera i cittadini hanno votato per referendum se aumentare le zone protette e investire più soldi per tutelare di più la natura
23 Settembre 2024
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montagne Svizzera

No all’aumento delle zone protette e no a investire più soldi per tutelare la biodiversità. I costi sarebbero troppo alti e lo sviluppo del Paese frenato. Sembrano aver seguito il parere del Consiglio federale e del Parlamento i cittadini svizzeri che domenica hanno votato su due quesiti referendari, dedicati uno proprio alla preservazione della natura e l’altro alle pensioni.

Esprimersi per referendum è del tutto normale in Svizzera, avviene mediamente quattro volte l’anno e sui temi più disparati (ad esempio in passato si è votato per decidere se gettare le aragoste vive in pentola, e forse a Basilea si voterà per stabilire se ospitare o meno Eurovision 2025).

Ebbene, in questa occasione il 63% degli svizzeri ha respinto la proposta sostenuta da diverse organizzazioni impegnate nella protezione dell’ambiente, tra cui Pro Natura, BirdLife e Patrimonio svizzero. Solo il 37% si è detto a favore, mentre ha votato il 45% degli aventi diritto, in media con l’affluenza ai referendum. Uniche eccezioni Basilea Città e il Cantone di Ginevra, che hanno votato a favore del testo proposto.

Cosa chiedeva il referendum

A cosa esattamente gli svizzeri hanno detto no? L’iniziativa per la biodiversità chiedeva sostanzialmente di investire più soldi e di aumentare le superfici ‘verdi’ per tutelare meglio la biodiversità e la natura, anche al di fuori delle aree già protette, nonché una migliore difesa del paesaggio e del patrimonio edilizio, in particolare contro la loro progressiva perdita a causa del sovrasfruttamento del territorio.

La situazione della biodiversità in Svizzera

La tutela della biodiversità non è una questione che riguardi solo la Svizzera: ovunque nel Mondo gli ecosistemi sono sotto pressione e quindi gli organismi viventi – piante e animali -, ma anche paesaggi e siti caratteristici, si stanno perdendo, di fatto spariscono.

Ma per rimanere nella Confederazione elvetica, secondo un’analisi dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico la Svizzera si colloca tra i primi quattro Paesi con il più alto tasso di specie minacciate in tutte le otto categorie di fauna selvatica considerate.

In Svizzera, sottolineano i promotori del referendum, un terzo di tutte le specie animali e vegetali analizzate e circa la metà degli habitat sono minacciati. Eppure, spiegano, la biodiversità è fondamentale per la vita: fornisce acqua pulita, riduce l’erosione, promuove la salute, garantisce terreni fertili e consente una parte importante della produzione alimentare attraverso l’impollinazione.

Non solo, ma paludi e boschi immagazzinano CO2, mentre alberi e corsi d’acqua rinfrescano l’atmosfera. La protezione del clima, la tutela della natura e il potenziamento delle energie rinnovabili sono sfide che devono essere affrontate insieme, affermano le associazioni ambientaliste.

Attualmente, secondo i dati 2023 dell’Ufficio federale dell’ambiente (Ufam), il 13,4% del territorio è dedicato alla conservazione della biodiversità, un dato ben lontano dal 30% minimo di aree protette – tra terra e mare – da raggiungere entro il 2030 come stabilito alla COP15 di Montréal nel 2022.

Cosa sta facendo la Svizzera per tutelare la biodiversità

Su questo campo la Svizzera, va detto, non sta con le mani in mano: investe ogni anno circa 600 milioni di franchi per proteggere le specie minacciate nonché i paesaggi e i siti caratteristici pregiati. Si tratta di fondi che vanno soprattutto agli agricoltori, per consentire loro di promuovere e tutelare attivamente la biodiversità, sotto forma di pascoli, prati fioriti, siepi, ecc.

Inoltre, nel 2012 il Paese ha adottato la ‘Strategia Biodiversità Svizzera’, seguita nel 2017 da un piano d’azione. Giudicato insufficiente, la Confederazione sta lavorando a un secondo piano, ma proprio la lentezza con cui si sta procedendo è uno dei motivi alla base dell’iniziativa referendaria.

Che però si è infranta contro il ‘no’ dell’elettorato, soprattutto di quello rurale che era il più contrario al referendum. Come hanno esposto Consiglio federale e Parlamento per invitare a votare ‘no’, la proposta sulla biodiversità avrebbe introdotto forti limiti sia all’agricoltura, sia all’edilizia, sia alla creazione di infrastrutture come, ad esempio, una nuova tratta ferroviaria o nuove linee elettriche, frenando così lo sviluppo del Paese.

Non a caso l’Svp, partito politico svizzero conservatore e populista di destra, ha fatto sapere di sperare che ora “i moralisti ambientalisti lascino finalmente che le famiglie contadine svizzere svolgano in pace il loro prezioso lavoro”.

I Verdi, invece, vedono il risultato come “un’occasione mancata per preservare il patrimonio naturale”.

Maggiori costi per 400 milioni di franchi

E mentre per i promotori dell’iniziativa non ci sono contrasti con gli interessi dell’agricoltura, del turismo e dell’approvvigionamento energetico, perché “protezione e fruizione vanno di pari passo”, dal canto loro Confederazione e Cantoni avevano ipotizzato costi supplementari per oltre 400 milioni di franchi all’anno se la proposta sulla biodiversità fosse passata. Fondi che, avevano sottolineato, sarebbero stati tolti ad altri settori, vista la situazione ‘tesa’ delle casse statali.

Per i sostenitori del ‘no’ dunque l’iniziativa per la biodiversità era troppo costosa e si era spinta troppo in là, e i cittadini svizzeri hanno concordato.

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