Il 27 agosto 2025 entra ufficialmente nel calendario internazionale la World Lake Day, la prima giornata mondiale dedicata ai laghi, sancita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione A/RES/79/142: una ricorrenza che arriva mentre gli specchi d’acqua dolce del pianeta sono al centro di una crisi ambientale e climatica senza precedenti. In Italia, come altrove, i laghi non sono solo paesaggi da cartolina o mete per il turismo estivo, ma sistemi naturali che garantiscono acqua potabile, agricoltura, pesca, microclima, assorbimento di carbonio e stabilizzazione delle temperature. In poche parole, la nostra sopravvivenza quotidiana.
Eppure, questi ecosistemi si stanno deteriorando a una velocità impressionante. Oggi nel mondo si contano oltre 117 milioni di laghi, pari al 4% delle superfici terrestri, ma gli scienziati avvertono che la loro capacità di fornire servizi ecosistemici potrebbe calare del 20% entro il 2050. Inoltre, le pressioni umane, tra scarichi non depurati, urbanizzazione, uso intensivo di fertilizzanti e rifiuti riversati in acqua, stanno spingendo molti bacini oltre la soglia di resilienza. La biodiversità di acqua dolce ha già registrato un crollo dell’85% negli ultimi cinquant’anni, e in alcuni casi interi ecosistemi sono stati compromessi irreversibilmente.
Il mandato della giornata mondiale è, quindi, quello di aumentare la consapevolezza collettiva e sollecitare politiche pubbliche, investimenti e controlli più stringenti. “Occorre agire subito – sottolineano le Nazioni Unite – per proteggere i laghi oggi e garantire un domani sostenibile”. Ma i numeri dicono che siamo già in ritardo.
Laghi italiani oltre i limiti di legge
Intanto in Italia, i dati raccolti nell’estate 2025 da Legambiente, attraverso le campagne Goletta Verde e Goletta dei Laghi, non lasciano spazio a interpretazioni: su 388 punti analizzati in acque costiere e interne, il 34% è risultato oltre i limiti di legge. Nel dettaglio, il 35% dei campioni prelevati lungo le coste italiane e il 30% di quelli raccolti nei laghi hanno superato i parametri consentiti. In sostanza, quasi un punto su tre è inquinato o fortemente inquinato. Qui i dati 2024.
Le criticità emergono soprattutto nelle foci dei fiumi, nei canali e nei corsi d’acqua che si immettono direttamente in mare o nei laghi. Qui il 54% dei campionamenti ha rivelato valori fuori norma: 101 casi su 188 totali. Va meglio, ma non troppo, nelle aree più lontane dagli scarichi, dove il 15% dei punti analizzati è comunque risultato inquinato.
Il quadro è ancora più preoccupante se si guardano i soli laghi: su 125 campioni raccolti in 44 bacini distribuiti in 11 regioni, 38 hanno evidenziato concentrazioni oltre i limiti di legge. Nove sono stati classificati come “inquinati”, ventinove come “fortemente inquinati”. Un dato che mostra come anche i bacini apparentemente più “protetti” non sfuggano alla pressione degli scarichi urbani e delle infrastrutture turistiche.

A pesare non è solo l’inquinamento microbiologico: la crisi climatica amplifica i problemi. Le rilevazioni satellitari di Copernicus, rielaborate da Legambiente, hanno registrato nel Mediterraneo temperature superficiali medie di 25,4 °C tra giugno e luglio, le più alte dal 2016, superiori ai picchi del 2022 e del 2024. Questo aumento di mezzo grado, rispetto alla media storica di 24,5 °C, è sufficiente per alterare la composizione delle comunità biologiche, favorendo specie invasive e mettendo in difficoltà quelle autoctone.
“È urgente approvare un piano nazionale per la tutela delle acque costiere e interne – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente –. Servono investimenti per ammodernare i sistemi di depurazione, più controlli da parte delle Regioni e un migliore coordinamento tra Comuni, Arpa e ministeri competenti”.
L’anomalia delle foci e il nodo della depurazione
I numeri messi in fila da Legambiente evidenziano come i punti più critici, le foci dei fiumi, spesso non vengono campionati dalle autorità competenti. Nel 2025, il 71% delle foci monitorate da Goletta Verde (85 su 119) non era incluso nei controlli ufficiali, nonostante proprio lì il 58% dei campioni sia risultato inquinato o fortemente inquinato. Un vuoto di monitoraggio che rende invisibili ai sistemi di sorveglianza intere porzioni di territorio.
“È un’anomalia – ha spiegato Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – spesso giustificata con l’argomento che le foci non siano aree balneabili e dunque non rientrino nei parametri ufficiali. Ma questo approccio trascura il fatto che proprio lì si concentra la maggior parte dell’inquinamento non trattato”.
Il nodo strutturale è la depurazione insufficiente. In Italia, nonostante i progressi degli ultimi anni, restano numerosi i comuni non adeguatamente serviti da impianti di trattamento delle acque reflue. I fondi destinati a nuovi depuratori o all’ammodernamento di quelli esistenti spesso arrivano in ritardo o vengono assorbiti da lungaggini burocratiche. Il risultato è che fiumi e laghi continuano a ricevere scarichi non trattati, innescando una spirale di degrado che va oltre la qualità della balneazione: si tratta di un fattore che alimenta eutrofizzazione, proliferazione di alghe, emissioni di metano e perdita di habitat.
Proiezioni al 2050
Il bilancio che emerge dalle campagne italiane si inserisce in un quadro internazionale altrettanto critico. Le pressioni che gravano sui laghi sono globali: l’aumento delle temperature accelera l’evaporazione delle acque, riducendo i livelli idrici; la diminuzione della copertura glaciale e nevosa riduce i flussi di alimentazione; l’inquinamento da fertilizzanti, pesticidi e microplastiche compromette la biodiversità.
Secondo gli scenari delineati da diversi centri di ricerca, entro il 2050, senza un cambio di rotta, l’inquinamento dei laghi potrebbe raddoppiare e le emissioni di metano aumentare sensibilmente, innescando un circolo vizioso che amplifica la crisi climatica. L’impatto non sarà solo ambientale, ma anche economico. Turismo, pesca e approvvigionamenti idrici sono settori che dipendono in maniera diretta dalla salute dei laghi: un loro collasso significherebbe perdita di posti di lavoro, desertificazione sociale e nuove tensioni sulle risorse idriche.
L’Italia, con i suoi oltre 1500 laghi naturali e artificiali, si trova al centro di questa sfida. Non si tratta solo di rispettare le direttive europee in materia di acque, ma di affrontare una questione strutturale: investimenti in innovazione per la depurazione, piani di adattamento climatico, campagne di educazione ambientale capaci di incidere sui comportamenti collettivi.