L’inquinamento umano è il fattore che impatta di più sul buco dell’ozono. L’ha chiarito Copernicus in una nota pubblicata oggi in occasione della Giornata internazionale per la protezione dello strato di ozono.
Dal 1994, infatti, si celebra questa giornata per riflettere sull’importanza di questa sottile barriera atmosferica, essenziale per la protezione della vita sulla Terra. Lo strato di ozono agisce come uno scudo, assorbendo gran parte dei dannosi raggi ultravioletti (UV) provenienti dal sole, che altrimenti causerebbero danni agli ecosistemi e alla salute umana. Ma il famoso buco dell’ozono causato dall’inquinamento e dal cambiamento climatico sta peggiorando? Scopriamo a che punto siamo.
L’importanza dello strato di Ozono
Questa data, oltre ad avere un significato simbolico, rappresenta una tappa fondamentale nella lotta globale contro il cambiamento climatico e la tutela ambientale. Si commemora, infatti, la firma del Protocollo di Montreal del 1987, un accordo internazionale cruciale che ha regolamentato la produzione e l’uso delle sostanze chimiche responsabili dell’impoverimento dello strato di ozono.
L’ozono, infatti, è cruciale perché assorbe fino al 99% dei raggi Uv-B del sole, proteggendo la salute umana e gli ecosistemi. Senza di esso, aumenterebbero i casi di tumori della pelle, cataratta e danni al sistema immunitario. I raggi Uv in eccesso, tra le altre cose, riducono la fotosintesi mettendo a rischio la produzione agricola e la catena alimentare marina.
Lo strato di ozono, situato tra 15 e 35 chilometri dalla superficie terrestre, è anche essenziale per regolare il clima nella stratosfera. Secondo l’Unep (United Nations Environment Programme), le misure globali come il Protocollo di Montreal hanno ridotto del 98% l’uso di sostanze dannose, permettendo il lento recupero dello strato di ozono. Grazie a questa iniziativa, si è avviato un processo di ripresa potrebbe portare a una sua completa guarigione entro i prossimi 40 anni.
Lo stato attuale del buco dell’ozono
Il Copernicus Atmosphere Monitoring Service (Cams) monitora regolarmente lo stato dell’atmosfera, compreso il fenomeno annuale del buco dell’ozono dell’ozono sul Polo Sud e ha osservato che il suo sviluppo è iniziato più tardi della media nel 2024.
“Ciò è principalmente correlato ai cambiamenti nelle temperature e nei modelli di vento nella stratosfera della regione, che portano a un inizio ritardato del processo di impoverimento dell’ozono“, ha spiegato il Cams in una nota.
Il buco dell’ozono antartico si riferisce all’impoverimento chimico dello strato di ozono stratosferico in questa parte del globo ed è un fenomeno che si verifica ogni anno durante la primavera dell’emisfero australe. In normali condizioni meteorologiche il buco inizia a formarsi da metà a fine agosto e si chiude verso la fine di novembre – ha spiegato Cams – Lo sviluppo del buco dell’ozono antartico del 2024 è iniziato più tardi della media, principalmente a causa di interruzioni nel vortice polare, in seguito a due episodi di improvviso riscaldamento stratosferico a luglio.
Laurence Rouil, direttrice del Cams presso il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (Ecmwf), ha aggiunto che “i fattori atmosferici naturali, come i vulcani o il cambiamento climatico, influenzano indirettamente la formazione del buco dell’ozono, ma nessuno ha un impatto così rilevante quanto le sostanze chimiche prodotte dall’uomo“.
Il ruolo del cambiamento climatico
Nonostante il ritardo nella formazione del buco dell’ozono nel 2024, Cams avverte che non si tratta di un segno di ripresa definitiva, ma piuttosto di una variazione naturale legata ai fattori atmosferici. Alla data del 13 settembre 2024, il buco dell’ozono copriva un’area di 18,48 milioni di chilometri quadrati, inferiore rispetto agli anni precedenti per lo stesso periodo, ma comunque significativo.
“Dai vulcani al cambiamento climatico, ci sono una miriade di fattori che svolgono un ruolo, direttamente o indirettamente, nella formazione del buco dell’ozono antartico – ha sottolineato Rouil -. Tuttavia, nessuno di essi ha un impatto pari alle sostanze antropogeniche che riducono l’ozono. Il Protocollo di Montreal e le successive modifiche hanno creato abbastanza spazio per far sì che lo strato di ozono iniziasse a guarire e possiamo aspettarci che ulteriori segnali di ripresa siano visibili nei prossimi 40 anni. Ciò dimostra come l’umanità sia in grado, attraverso la cooperazione internazionale e il processo decisionale basato sulla scienza, di trasformare il nostro impatto sull’atmosfera del pianeta”.
Le previsioni a lungo termine indicano che, se le politiche internazionali continueranno a essere rispettate, lo strato di ozono potrebbe riprendersi completamente entro i prossimi decenni.
In conclusione, la Giornata internazionale per la protezione dello strato di ozono non è solo un’opportunità per ricordare i progressi compiuti grazie a sforzi globali, ma anche un monito a non abbassare la guardia. Lo strato di ozono, sebbene in fase di recupero, resta vulnerabile, e solo con un impegno costante sarà possibile garantire la sua protezione a lungo termine, preservando così la vita sulla Terra.