Il piano neozelandese per fermare i gatti predatori: sopprimerli tutti entro il 2050

Il programma 'Predator Free 2050' mira a eradicare gatti, ratti e altre specie invasive
10 Dicembre 2025
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Gatto randagio nuova zelanda canva

Venticinque milioni di uccelli autoctoni sterminati ogni anno dai gatti randagi, un’ecatombe che si consuma nelle foreste e nelle pianure di Aotearoa, in Nuova Zelanda. Per questo, il Dipartimento per la conservazione neozelandese ha inserito i gatti ferali nel programma “Predator Free 2050”, dichiarando guerra aperta a questi predatori che la ministra Tama Potaka ha descritto come “stone cold killers”, assassini a sangue freddo. L’obiettivo è l’eradicazione totale entro il 2050 di circa 2,5 milioni di gatti randagi.

Il programma contro le specie invasive

Il progetto “Predator Free 2050”, lanciato nel 2016, punta a eradicare dal territorio neozelandese ratti, mustelidi (furetti, ermellini, donnole), opossum e ora anche i gatti ferali. Prima della scelta, una consultazione pubblica ha rivelato che i neozelandesi sono a favore di una migliore gestione dei felini selvatici. I dettagli operativi del programma di eradicazione saranno comunicati a marzo 2026, mentre il governo valuta metodi che includono esche avvelenate e altre tecniche di controllo.

La consultazione pubblica sul programma Predator Free 2050: cosa ne pensano i neozelandesi?

La consultazione sul programma Predator Free 2050 condotta dal Dipartimento per la conservazione ha ricevuto quasi 3.400 risposte. Oltre il 90% dei partecipanti ha sostenuto una migliore gestione dei gatti ferali e la loro inclusione nella lista delle specie da eradicare. “I neozelandesi sono stati chiari. Vogliono azione”, ha dichiarato il ministro Potaka commentando l’esito della consultazione. L’inclusione dei felini nella lista consentirà il coordinamento nazionale del controllo dei gatti ferali, l’accesso ai finanziamenti per i gruppi impegnati nel progetto Predator Free e il potenziamento della ricerca su strumenti e tecnologie efficaci e rispettose del benessere animale.

L’impatto devastante dei gatti randagi sulla fauna nativa

“I gatti sono predatori indiscriminati e tra le più problematiche specie invasive al mondo”, afferma Christopher Lepczyk dell’università di Auburn. Le cifre confermano questa valutazione: una revisione sistematica condotta su oltre cinquecento studi scientifici ha rilevato che i gatti predano più di 2.100 specie, tra cui un migliaio di uccelli, 463 specie di rettili e 431 di mammiferi. Le specie autoctone della Nuova Zelanda risultano particolarmente vulnerabili perché evolutesi in assenza di mammiferi predatori terrestri.

Nel Paese i gatti hanno causato l’estinzione dello scricciolo di Stephens Island e della quaglia della Nuova Zelanda mentre la popolazione del piviere dal petto rosso meridionale è crollata da trecento a circa cento esemplari.

Una minaccia globale alla biodiversità

Il discorso non riguarda solo la Nuova Zelanda. L’Unione internazionale per la conservazione della natura ha inserito i gatti nella lista delle cento specie più dannose al mondo. Circa 350 delle specie predate dai felini sono a rischio estinzione, diverse versano in una soglia critica. Il caso dei 100 pipistrelli dalla coda corta uccisi in una sola settimana nell’area di Ohakune dimostra l’urgenza di intervenire anche alla luce del fatto che la Nuova Zelanda presenta una delle più alte percentuali di specie autoctone a rischio di estinzione al mondo.

Toxoplasmosi: la minaccia dei gatti randagi per la salute umana e animale

Il rischio estinzione non è l’unico problema generato dai gatti ferali. Questi felini, infatti, diffondono la toxoplasmosi, una parassitosi che danneggia delfini e altri mammiferi marini, colpisce le persone e causa perdite economiche agli allevatori per la morte del bestiame.

La toxoplasmosi rappresenta una delle conseguenze sanitarie più insidiose della presenza di gatti ferali sul territorio neozelandese. Il parassita Toxoplasma gondii, di cui il gatto è l’unico ospite definitivo, viene eliminato attraverso le feci sotto forma di oocisti per un periodo di due-tre settimane. Queste oocisti diventano infestanti dopo uno-cinque giorni dall’emissione e possono sopravvivere nel suolo per oltre un anno, soprattutto in condizioni di clima mite e umido.

La contaminazione ambientale causata dai milioni di gatti ferali crea un rischio persistente per la salute pubblica e animale.

Le conseguenze per la salute umana sono particolarmente gravi nelle donne incinte che contraggono l’infezione per la prima volta: il parassita può attraversare la placenta causando aborto spontaneo, danni neurologici fetali, microcefalia e problemi cognitivi nel neonato. Negli individui immunodepressi, la toxoplasmosi può provocare encefalite, problemi motori e polmonari. Il parassita è in grado di attraversare la parete intestinale e raggiungere tessuti, muscoli e cervello attraverso la circolazione sanguigna.

L’impatto si estende ben oltre la specie umana. Le oocisti del parassita sono state rinvenute nelle acque marine e negli organismi che popolano i mari, compresi i delfini e altri mammiferi marini. La toxoplasmosi causa, inoltre, perdite economiche significative agli allevatori neozelandesi per la morte del bestiame.

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