Viene chiamata “plant colonization” ed è l’occupazione dei vegetali ad alta quota. Uno studio, pubblicato sul Botanical Journal of the Linnean Society, ha analizzato cronosequenze proglaciali situate nelle valli di Cogne e Rhêmes e ne ha esaminando le variazioni nella copertura e nella composizione delle specie vegetali in un arco di tempo che va dai 5 ai 165 anni dalla deglacializzazione.
Il risultato? Fiori sui ghiacciai del Parco Nazionale Gran Paradiso. E la colpa sarebbe del cambiamento climatico.
Lo studio
Condotto in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino, lo studio ha messo in evidenza come il cambiamento climatico in corso negli ultimi anni abbia portato la vegetazione ad occupare le aree lasciate libere dallo scioglimento dei ghiacciai. Un fenomeno, questo, che preoccupa ecosistemi alpini con un impatto significativo sugli stessi.
I risultati mostrano, infatti, che la copertura delle specie vegetali sui ghiacciai viaggia velocemente con un incremento superiore alla noma e che ha superato le aspettative: il fenomeno ha registrato un aumento rispettivamente fino a 21 e 45 volte più veloce rispetto ai modelli previsionali.
Le conseguenze
Una delle conseguenze maggiori di questo fenomeno è l’impatto che la deglacizzazione ha sugli ecosistemi e la biodiversità. Le specie alpine sono a rischio e la “colonizzazione delle piante” ne è un grave esempio.
A causa del riscaldamento globale, i ghiacciai alpini si stanno riducendo a vista d’occhio. Le stime nazionali riportano dati preoccupanti: entro il 2050 tutti i corpi glaciali al di sotto dei 3500 metri di quota saranno scomparsi. Un fenomeno che si sta verificando ovunque nel mondo.
Il ritirarsi delle fronti glaciali comporta anche la sparizione di importanti riserve di acqua dolce e di fondamentali servizi ecosistemici.
Cambiamento climatico: le piante del Parco occupano le aree lasciate libere dai ghiacciai a ritmi impressionanti…
Pubblicato da Parco Nazionale Gran Paradiso su Mercoledì 7 agosto 2024
“Questo studio evidenzia quanto sia urgente affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico, soprattutto in aree sensibili come il Parco Nazionale Gran Paradiso- spiegano Andrea Mainetti e Michele Lonati, rispettivamente botanico del Parco e professore dell’Università di Torino-. I risultati ottenuti non solo migliorano la nostra comprensione delle dinamiche ecologiche in risposta al riscaldamento globale, ma sottolineano anche l’importanza di un monitoraggio continuo e di lungo termine per guidare le strategie di conservazione in un’area così rilevante come il Parco Nazionale Gran Paradiso”.
Il monitoraggio proseguirà nei prossimi anni nelle stesse aree permanenti per comprendere meglio le conseguenze a lungo termine di questi rapidi cambiamenti e per fornire al territorio evidenze scientifiche solide sulle trasformazioni di questa porzione di territorio alpino.