Eruzione Etna, cosa è successo e quanto possiamo prevedere questi eventi

Perché anche l’Ai potrebbe non bastare
3 Giugno 2025
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Eruzione Etna
Eruzione sull'Etna

L’Etna si è risvegliato nella mattinata del 2 giugno 2025 con una delle eruzioni più spettacolari degli ultimi anni, generando una colonna eruttiva alta diversi chilometri e costringendo centinaia di turisti a una fuga precipitosa dalle pendici del vulcano. Il crollo parziale del cratere di Sud-Est ha innescato un flusso piroclastico che, seppur contenuto nella Valle del Leone, ha riportato alla ribalta la potenza di quello che è il vulcano attivo più alto d’Europa.

La cronaca di un risveglio esplosivo

L’attività vulcanica è iniziata nelle prime ore del mattino con tremori rilevati dall’Ingv (Istituto nazionale geofisica e vulcanologia) intorno alle 4:30, evolvendosi rapidamente in esplosioni stromboliane (eruzioni molto violente alternate a lunghi periodi di quiete) entro le 7:00. Il fenomeno più drammatico si è verificato quando una porzione del fianco settentrionale del cratere di Sud-Est è collassata, generando un flusso piroclastico – una nube incandescente di gas, cenere e frammenti rocciosi che si muove a velocità elevatissime.

La gigantesca colonna di fumo nero ha raggiunto un’altezza di oltre 5.000 metri, creando uno spettacolo tanto affascinante quanto terrificante. Le telecamere di sorveglianza hanno immortalato scene di panico tra gli escursionisti presenti sulle pendici del vulcano, costretti a fuggire mentre fontane di lava si innalzavano per centinaia di metri dal cratere.

L’impatto sulla popolazione e sui trasporti

Nonostante l’intensità dell’eruzione, le conseguenze immediate per i centri abitati sono state limitate. Il materiale vulcanico non ha superato l’orlo della Valle del Leone, una depressione naturale che spesso contiene i flussi piroclastici dell’Etna. Alcune aree come Piano Vetore hanno ricevuto una leggera ricaduta di cenere vulcanica.

L’aeroporto di Catania ha alzato il livello di allerta rossa per l’aviazione, anche se il traffico aereo è rimasto regolare nelle prime ore dell’eruzione. La Protezione Civile ha raccomandato agli escursionisti di mantenere una distanza di almeno 500 metri dalle zone di flusso lavico, anche se alcuni visitatori hanno ignorato le indicazioni di sicurezza.

Il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, ha seguito l’evolversi della situazione attraverso la Protezione civile regionale. Il capo della Protezione civile regionale, Salvo Cocina, ha raccomandato “la massima precauzione agli escursionisti” e di “evitare l’area sommitale del vulcano fino a nuovo aggiornamento”.

È possibile prevedere le eruzioni?

Con l’eruzione dell’Etna torna l’annosa domanda: è possibile prevedere le eruzioni vulcaniche? La risposta è complessa, nonostante gli straordinari progressi della tecnologia. Proprio la tecnologia deve molto all’Etna, che rappresenta un caso di eccellenza mondiale nel monitoraggio vulcanico. Il sistema strumentale presente sul vulcano siciliano è tra i più avanzati al mondo e consente normalmente di prevedere con buon anticipo l’inizio di un’eruzione. L’Ingv – Osservatorio Etneo impiega telecamere termiche, sensori sismici, monitoraggio del tremore vulcanico e analisi dei gas per fornire un quadro completo dell’attività vulcanica.

Questa rete di sorveglianza permette di individuare i cosiddetti fenomeni precursori: sciami sismici, eventi sismici a lungo periodo, tremore vulcanico, deformazioni del suolo e variazioni nei gas emessi. Nel caso dell’eruzione del 2 giugno, i tremori vulcanici sono stati rilevati diverse ore prima dell’esplosione principale, consentendo un monitoraggio costante dell’evolversi della situazione.

L’attuale situazione e le prospettive

La ricerca scientifica sta compiendo passi da gigante nella previsione delle eruzioni. Un esempio emblematico arriva dall’Università dell’Illinois, che ha sviluppato un modello capace di prevedere eruzioni vulcaniche con mesi di anticipo. Nel 2018, i ricercatori guidati da Patricia Gregg hanno previsto correttamente l’eruzione del vulcano Sierra Negra in Ecuador, anticipando l’evento di circa cinque mesi.

Questo approccio innovativo combina la potenza di calcolo dei supercomputer con modelli matematici sofisticati, analizzando la pressurizzazione delle camere magmatiche e i processi di degassamento. Per l’Etna, studi recenti hanno dimostrato che il processo eruttivo complessivo può durare circa due anni, dall’inizio dell’input magmatico profondo alla manifestazione eruttiva in superficie. Il progresso dell’intelligenza artificiale proietta in avanti la capacità predittive del settore, così come avviene nel campo della salute e in molti altri. Negli ultimi giorni, l’Ai avrebbe persino previsto quando ci sarà il prossimo blackout in Europa dopo quello di Spagna e Portogallo dello scorso mese. Ma con i vulcani è diverso.

I limiti della prevedibilità

Prevedere l’attività vulcanica può essere complesso perché i vulcani non seguono un andamento regolare. Anche con i sistemi di monitoraggio più avanzati, non è possibile prevedere a lungo termine quando ci sarà la prossima eruzione.

L’Osservatorio Vesuviano chiarisce che, sebbene sia possibile rilevare con ampio anticipo l’insorgenza di fenomeni precursori, “tutte le previsioni che vengono fatte, vengono fatte su quello che è già avvenuto”. La variabilità comportamentale dei vulcani rende ogni previsione probabilistica piuttosto che deterministica, ovvero basata su una certa relazione causa-effetto.

Eruzione Etna, quanto durerà?

L’eruzione del 2 giugno si inserisce in un ciclo di attività che, secondo gli esperti, potrebbe durare settimane se non mesi. L’Etna presenta alcuni vantaggi rispetto ad altri vulcani: la distanza dai centri abitati, una morfologia favorevole con la Valle del Bove che convoglia molti flussi verso est, e una prevedibilità relativa dovuta alla sua attività quasi continua.

Questa caratteristica rende l’Etna un laboratorio naturale ideale per testare nuovi modelli di previsione.

Eppure, l’eruzione del 2 giugno ha colto di sorpresa molti osservatori. I tremori rilevati alle 4:30 del mattino hanno preceduto di sole tre ore l’esplosione principale – un margine temporale che, seppur sufficiente per attivare i protocolli di sicurezza, dimostra come anche il vulcano più monitorato al mondo possa riservare sorprese.

Il crollo parziale del cratere di Sud-Est non era stato previsto dai modelli predittivi, nonostante la sofisticata rete di sensori. Questo evento sottolinea un paradosso della vulcanologia moderna: più conosciamo i vulcani, più scopriamo quanto ancora ci sfugga della loro natura profonda.

Per questo l’eruzione dell’Etna è un promemoria umile per l’umanità e la scienza. In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale promette di decifrare ogni mistero della natura, l’Etna ci ricorda che la Terra sa essere imprevedibile. Di fronte a rischi di natura fisiologica e vulcanologica, è fondamentale non dare nulla per definitivo e tenere a mente la massima di Socrate: “So di non sapere”.

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