Ghiacciai in ritirata, la crisi climatica sta trasformando le Alpi

Le Alpi sono sempre più vulnerabili, con perdite di massa glaciale e impatti devastanti sugli ecosistemi. Cosa ci riserva il futuro?
17 Dicembre 2024
3 minuti di lettura
Alpi Montagne
Alpi italiane

L’anno che sta volgendo al termine si chiude con un bilancio preoccupante per i ghiacciai delle Alpi, simboli di una montagna sempre più fragile di fronte alla crisi climatica. Nonostante le nevicate tardive della primavera, i ghiacciai alpini registrano perdite di massa senza precedenti, e le previsioni per il 2025 non promettono miglioramenti. Il ghiacciaio dell’Adamello, il più grande d’Italia, è uno degli esempi più evidenti di questo processo di arretramento: nel 2024, la fusione ha provocato una riduzione di spessore di ben 3 metri, con effetti visibili fino a 3100 metri di quota. Le Alpi, un tempo simbolo di forza e stabilità, stanno lentamente scomparendo, mettendo in crisi non solo l’ambiente montano, ma anche la biodiversità che vi abita.

Altri ghiacciai, come quelli del Careser e delle Vedrette Lunga e di Ries, non se la passano meglio. La perdita di spessore raggiunge i 190 centimetri in media, con impatti visibili non solo sul paesaggio, ma anche sull’approvvigionamento di acqua e sull’equilibrio ecologico di interi ecosistemi. Questo è il quadro desolante che emerge dal quinto rapporto della Carovana dei Ghiacciai, presentato da Legambiente. In occasione della Giornata Internazionale della Montagna, l’associazione ambientalista ha ribadito la necessità di un’azione urgente per affrontare i danni provocati dalla crisi climatica, non solo per salvaguardare i ghiacciai, ma anche per proteggere gli ecosistemi che dipendono da essi.

Ecosistemi e biodiversità in pericolo

Ma cosa comporta la fusione dei ghiacciai per l’ambiente alpino? I ghiacciai non sono solo massicce masse di ghiaccio: sono fondamentali per la regolazione idrica, per la conservazione di habitat naturali e per la biodiversità. La loro rapida fusione sta già alterando in modo irreversibile gli ecosistemi di montagna, contribuendo alla scomparsa di specie vegetali e animali uniche. Tra le piante più vulnerabili troviamo l’Artemisia genipi, che cresce esclusivamente negli ambienti proglaciali delle Alpi Occidentali, e altre specie rare come la Saxifraga oppositifolia e il ranuncolo dei ghiacciai. Queste piante specializzate sono sempre più a rischio, poiché la perdita del loro habitat li costringe a confrontarsi con un ambiente in rapido cambiamento.

Le conseguenze sulla fauna sono altrettanto gravi. Animali come il camoscio, la lepre bianca, l’ermellino e la pernice bianca sono particolarmente vulnerabili, poiché la loro sopravvivenza dipende dalla disponibilità di cibo e dalla capacità di adattarsi ai cambiamenti stagionali. In particolare, la pernice bianca sta subendo una drastica perdita di habitat, che potrebbe arrivare fino al 59% nei prossimi decenni, a causa dell’innalzamento delle temperature. Inoltre, la mancata sincronizzazione tra la stagione della neve e il ciclo biologico di questi animali rende la loro vita ancora più difficile, poiché devono affrontare una maggiore visibilità e una riduzione delle possibilità di trovare cibo o sfuggire ai predatori.

Quale destino per le Alpi?

Nel 2024, la crisi climatica ha avuto un impatto devastante sull’intero arco alpino, con ben 146 eventi meteo estremi registrati da gennaio a dicembre. Le regioni più colpite sono state la Lombardia, il Veneto e il Piemonte, dove il caldo record e il fenomeno del zero termico in quota hanno cancellato i benefici derivanti dalle nevicate tardive. A peggiorare la situazione, la presenza di polveri sahariane che hanno accelerato la fusione dei ghiacciai durante la primavera. Questi eventi meteo estremi hanno agito come un accelerante dei cambiamenti climatici, aumentando la frequenza e l’intensità dei fenomeni distruttivi. La fusione dei ghiacciai, combinata con l’erosione del permafrost, ha comportato anche fenomeni geologici allarmanti. Nel 2024, ad esempio, è stata registrata una frana d’alta montagna sul ghiacciaio Tschierva, nel massiccio del Piz Bernina, in Svizzera, con l’abbattimento di milioni di metri cubi di roccia e ghiaccio. In Piemonte, il ghiacciaio Ciardoney ha perso oltre 1000 millimetri di acqua equivalente, segno che la riserva d’acqua ghiacciata sta svanendo rapidamente.

Le previsioni scientifiche non sono rassicuranti. Se le attuali tendenze di riscaldamento globale dovessero continuare, le aree di vegetazione alpina dovranno spostarsi di circa 600 metri verso l’alto nei prossimi 100 anni. Questo fenomeno, osservato da ricercatori e studiosi, segna una trasformazione radicale degli ecosistemi di montagna, che vedranno la comparsa di nuovi habitat, ma anche la scomparsa di quelli che oggi conosciamo. Le Alpi, che un tempo ospitavano ghiacciai maestosi, si troveranno a fare i conti con una flora e fauna radicalmente diverse, con effetti collaterali che si estenderanno anche alle valli e alle aree a bassa quota.

Secondo Legambiente, la situazione è ormai urgente. Le proposte avanzate dall’associazione, comprese in un pacchetto di 12 iniziative, mirano a promuovere politiche di adattamento sia a livello nazionale che regionale, con particolare attenzione alle aree montane. La protezione dei ghiacciai e degli ecosistemi alpini non può più essere rinviata. È necessaria una road map europea che metta al centro la salvaguardia delle montagne, dei ghiacciai e della biodiversità. L’anno 2025, proclamato anno internazionale dei ghiacciai, rappresenta una data simbolica e un’opportunità per attuare piani di protezione adeguati e tempestivi.

Al centro di questa risposta c’è la necessità di unire le forze tra comunità locali, ricercatori e istituzioni. Il protocollo d’intesa firmato da Legambiente con il Comitato Glaciologico Italiano è un passo fondamentale in questa direzione, volto a garantire una gestione sostenibile e una protezione efficace delle aree montane più vulnerabili. Un’attenzione particolare deve essere rivolta anche agli ecosistemi emergenti nelle aree proglaciali, dove nuove forme di vita stanno prendendo piede, ma che necessitano di essere studiate e protette con la stessa cura riservata agli ambienti più tradizionali.

Territorio | Altri articoli