Il 22 novembre 2025, la nota ambientalista Greta Thunberg è arrivata a Venezia insieme a decine di attivisti di Extinction Rebellion per una manifestazione non autorizzata. Dal Ponte di Rialto della cittadina veneta, il gruppo di ambientalisti ha versato nelle acque del Canal Grande della fluoresceina, un colorante non inquinante che ha trasformato l’acqua del canale in un acceso verde.
L’azione, parte di una campagna nazionale contro l’“ecocidio”, voleva attirare l’attenzione sulla crisi climatica e sulla fragilità degli ecosistemi urbani. lo stesso giorno anche a Milano, un blitz di Extinction Rebellion ha tinto i Navigli e Darsena di verde acceso in segno di protesta.
Le forze dell’ordine hanno fermato gli attivisti e contestato loro l’uso del colorante. A Greta Thunberg e agli altri partecipanti è stato imposto, appunto, un daspo urbano di 48 ore, che ne vietava l’ingresso a Venezia per due giorni. Inoltre, è stata comminata una multa di 150 euro. Le istituzioni locali hanno definito il gesto come “irrispettoso” nei confronti della città, sottolineando la necessità di tutelare un patrimonio unico al mondo.

Il significato della protesta
Gli attivisti hanno difeso la loro azione come un atto simbolico e pacifico. Lo slogan scelto, “Stop Ecocide”, richiama la richiesta di riconoscere la distruzione degli ecosistemi come un crimine internazionale. Venezia, città minacciata dall’innalzamento del livello del mare, è stata scelta come teatro per lanciare il messaggio ambientale.
Ma la protesta ha diviso l’opinione pubblica. Alcuni cittadini hanno criticato il gesto, ritenendolo un danno all’immagine della città e un disturbo inutile. Altri, invece, hanno riconosciuto la forza simbolica dell’azione, pur non condividendone i metodi. Le istituzioni hanno ribadito che la tutela dell’ambiente deve avvenire nel rispetto delle regole e della sicurezza.
Il reato di Ecocidio
La richiesta di fermare l’Ecocidio trova eco negli ultimi anni nella legislazione europea, la quale, il 27 febbraio 2024, ha approvato una direttiva sul “Ripristino della Natura” segnando un momento decisivo nel diritto penale riguardante la protezione ambientale. La direttiva ha introdotto il “crimine di ecocidio” e obbliga gli Stati membri ad adeguare la propria legislazione nell’arco di due anni, ma non tutte le decisioni contenute nella direttiva costituiscono degli obblighi per gli Stati membri.
Il termine “Ecocidio” risale al 1970, quando il biologo Arthur Galston, in occasione della Conferenza Congressuale sulla Guerra e sulla Responsabilità Nazionale in riferimento alle devastazioni causate dall’Agente Orange sul territorio vietnamita e cambogiano, lo usò per spiegare i danni apportati. Dopo 10 anni, la Commissione di Diritto Internazionale adottava un Progetto di Articoli sulla Responsabilità degli Stati definendo l’ecocidio come “il crimine internazionale che può derivare, da una grave violazione di un obbligo internazionale di importanza essenziale per la salvaguardia e la conservazione dell’ambiente umano”.
Grazie all’impegno “dal basso” svolto dalla Stop Ecocide Foundation, nel giugno del 2021, arriva una proposta di emendamento allo Statuto di Roma affinché includesse l’ecocidio redatto da un Panel Indipendente di Esperti: “Ai fini del presente Statuto, per “ecocidio” si intendono atti illeciti o sconsiderati commessi con la consapevolezza che esiste una sostanziale probabilità di danni gravi, diffusi o a lungo termine, all’ambientale causato da tali atti”.
Cosa prevede la direttiva europea
La direttiva europea obbliga gli Stati membri ad “assicurare che le condotte illecite, che siano esse intenzionali o frutto di seria negligenza, costituiscano un reato”. L’art. 2, nello specifico, stabilisce le azioni che rientrano in tale categoria, come lo scarico o emissione di sostanze che causino, o è probabile che causino, un danno sostanziale all’aria, suolo, acque o ecosistemi, così come il posizionamento sul mercato di prodotti il cui consumo eccessivo possa risultare in emissioni, ma anche la costruzione o smantellamento di installazioni che possa danneggiare l’ambiente e qualsiasi attività che possa causare il deterioramento di un habitat protetto o di particolari specie animali.
Le sanzioni per le persone fisiche, stabilite dall’art. 5, prevedono che per i crimini di ecocidio, gli Stati membri devono assicurare un tempo di detenzione che varia in base alla gravità dell’offesa da un minimo di tre anni ad un massimo indefinito, ma comunque non inferiore a dieci anni. Sono previste anche sanzioni non penali quali il ripristino delle condizioni ambientali, qualora il danno sia reversibile, o di natura pecuniaria in misura proporzionale al danno.
Ad oggi, la Francia è stata la prima ad approvare una legge sull’ecocidio nel 2021, mentre il Belgio ha modificato il proprio Codice penale nel 2022 per includerlo.