Serve una legge contro il dissesto idrogeologico, e serve adesso. Fabrizio Curcio, commissario straordinario per la ricostruzione post alluvione in Emilia-Romagna, Toscana e Marche, ha scelto parole dirette nel corso della sua audizione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta. La richiesta riguarda l’adozione di un provvedimento normativo organico, non più rinviabile, che consenta di affrontare in modo sistemico i fenomeni di erosione, smottamento e allagamento in Italia, superando la gestione frammentata e spesso affidata a interventi d’urgenza.
A supporto della sua posizione, Curcio ha richiamato il rapporto Ispra 2021, che documenta una condizione di fragilità estesa: il 94% dei comuni italiani è soggetto a rischio idraulico, franoso o di erosione costiera. Circa 6,8 milioni di persone vivono in aree potenzialmente esposte ad alluvioni. Un quadro che impone, secondo Curcio, un ripensamento delle priorità: non si tratta più solo di ricostruire, ma di prevenire in modo efficace.
Il commissario ha evidenziato come le regioni più coinvolte – Emilia-Romagna, Toscana e Marche – siano territori in cui la vulnerabilità è pressoché totale. Il 100% dei comuni presenta aree classificate con livelli di pericolosità medio-alta per frane e alluvioni. A preoccupare sono soprattutto i valori più alti di pericolosità (classi 3 e 4), che in Emilia-Romagna e Valle d’Aosta interessano oltre il 60% del territorio regionale. In Toscana la quota è del 30%, mentre le Marche e altre regioni come Abruzzo, Liguria e Friuli Venezia Giulia rientrano in una fascia compresa tra il 10% e il 20%.
Curcio ha quindi rimarcato come la logica della risposta puntuale agli eventi calamitosi non sia più adeguata. “Dobbiamo affrontare questo tema con una legge quadro”, ha ribadito, aprendo così il tema più ampio della governance e della programmazione pluriennale in materia di sicurezza del territorio.
Una strategia nazionale sul dissesto idrogeologico
La gestione del rischio idrogeologico in Italia si presenta come un percorso a ostacoli, spesso segnato da interventi frammentari e dettati dall’urgenza. A restituire un’immagine chiara della situazione è lo stesso Curcio, che durante l’audizione in Commissione ha illustrato il bilancio degli ultimi dodici anni: dal 2013 a gennaio 2025, sono state emanate 173 dichiarazioni di stato di emergenza, per un totale di circa 4 miliardi di euro stanziati nelle prime delibere. Solo in Emilia-Romagna, Toscana e Marche – le tre regioni colpite più duramente dalle alluvioni del 2023 – si contano complessivamente 53 stati di emergenza: 26 per l’Emilia-Romagna, 18 per la Toscana, 9 per le Marche.
Una frequenza che racconta, più di ogni commento, la pressione continua esercitata dagli eventi meteorologici estremi sui territori italiani. E, allo stesso tempo, mette in discussione l’efficacia di un modello centrato sulla risposta post-evento. Gli stanziamenti d’urgenza sono serviti, finora, a tamponare le prime fasi critiche: ripristino delle infrastrutture, messa in sicurezza immediata, sostegno temporaneo a cittadini e imprese. Ma secondo Curcio, senza una programmazione più ampia, si rischia di restare impantanati in un ciclo senza fine.
Il decreto-legge n. 61 del 2023, poi convertito in legge, ha previsto una dotazione complessiva di 4,7 miliardi di euro. Una cifra importante, che tuttavia include una pluralità di interventi, dal ripristino della viabilità al sostegno al tessuto economico. Di questi fondi, circa 2,7 miliardi sono stati destinati alla ricostruzione delle infrastrutture pubbliche, con oltre 7.000 progetti avviati nei territori colpiti. Attualmente, secondo quanto comunicato dal commissario, il 35% degli interventi è stato completato, il 30% è in corso, mentre il restante 35% è ancora in fase di progettazione.
Alla componente tecnica si affianca poi quella politica e istituzionale. Il decreto approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 30 aprile proroga lo stato di emergenza e rafforza la struttura commissariale fino a maggio 2026. Viene inoltre introdotta la figura dei sub-commissari regionali – i presidenti delle Regioni – con poteri diretti su coordinamento e gestione degli interventi. Una scelta che punta a migliorare il raccordo tra centro e territori, ma che rende ancora più evidente l’urgenza di un sistema normativo solido e coordinato.
Curcio ha anche sottolineato l’importanza di una valutazione del rischio aggiornata e dettagliata, per stabilire con maggiore precisione le priorità d’intervento. “C’è ancora da chiudere la parte dell’urgenza – ha detto – ma soprattutto serve capire su quali territori convenga investire subito”. Una strategia basata su dati precisi e su criteri chiari potrebbe fare la differenza tra un intervento efficace e un nuovo stato di emergenza da dichiarare l’anno successivo.
Il doppio binario del nuovo commissario
Nominato lo scorso gennaio, Fabrizio Curcio ha assunto l’incarico di commissario straordinario per la ricostruzione con l’obiettivo dichiarato di coniugare la gestione dell’emergenza con una visione di lungo periodo. Una sfida non semplice, soprattutto in territori come Emilia-Romagna, Toscana e Marche, dove le ferite lasciate dalle alluvioni del 2023 sono ancora ben visibili. In questo contesto, Curcio ha ribadito la volontà di agire su due fronti: garantire il ritorno alla normalità per le comunità colpite e, contemporaneamente, rafforzare gli strumenti di prevenzione del rischio idrogeologico.
“Ogni sforzo sarà dedicato al rilancio delle aree colpite”, ha affermato in uno dei suoi primi interventi pubblici. E i primi mesi di attività hanno visto l’avvio di oltre 7.000 cantieri, distribuiti tra ripristino delle infrastrutture pubbliche, difesa idraulica e messa in sicurezza della rete viaria. Dei 4,7 miliardi complessivamente stanziati, circa 2,7 sono già stati allocati su interventi materiali: ponti, strade, argini, ospedali, scuole. Un piano vasto, che abbraccia anche la componente sociale: 34,2 milioni di euro sono destinati alla ricostruzione delle strutture sanitarie, mentre 30,5 milioni finanziano l’edilizia residenziale pubblica.
Parallelamente, Curcio ha promosso la definizione di un “Piano speciale stralcio” per il dissesto idrogeologico, con una dotazione iniziale di 90 milioni. Il piano affronta il dissesto dei versanti e si concentra in particolare sulle oltre 80.000 frane censite nei territori colpiti, molte delle quali ancora attive e localizzate in prossimità di centri abitati. Il tema della mappatura puntuale del rischio è, infatti, centrale per impostare qualunque politica di mitigazione. E il commissario ha già avviato interlocuzioni con il Ministero dell’Ambiente per il rafforzamento del monitoraggio territoriale.
Un altro elemento chiave è rappresentato dalla ricostruzione privata, che riguarda famiglie e imprese. Il Governo ha stanziato circa 1,9 miliardi di euro, di cui 1,2 gestiti direttamente dalla struttura commissariale. Ad oggi, sono state approvate 2.400 pratiche, con un’erogazione di circa 100 milioni di euro. A questi si aggiungono i contributi immediati già distribuiti a 24.000 famiglie (CIS) e i contributi per l’autonoma sistemazione. Tuttavia, come ha ricordato anche il presidente della Regione Emilia-Romagna, Michele de Pascale, resta da completare una ricognizione reale dei fabbisogni. Le richieste ammontano a poco più di 300 milioni, ma manca ancora una stima complessiva dei danni. E le procedure, soprattutto per le famiglie con richieste sotto i 30mila euro, restano spesso complesse.
Il decreto approvato ad aprile introduce strumenti per velocizzare le pratiche, estendendo le competenze ai presidenti di Regione in qualità di sub-commissari. L’obiettivo è accorciare i tempi della ricostruzione pubblica e semplificare l’accesso agli indennizzi per i cittadini. Resta però da verificare, nei prossimi mesi, se le modifiche normative produrranno un impatto tangibile nella gestione quotidiana degli interventi. La struttura commissariale, intanto, è al lavoro per riorganizzare il supporto tecnico-scientifico e per approvare, entro luglio, un Piano di comunicazione alla popolazione sulla cultura del rischio. Un tassello spesso trascurato, ma essenziale per rafforzare la consapevolezza collettiva.