Cos’è e cosa prevede il congedo climatico, in Spagna permessi retribuiti contro il maltempo

Dopo la disastrosa alluvione che ha colpito Valencia provocando almeno 224 morti, il governo spagnolo introduce una tutela per i lavoratori in caso di eventi estremi
5 Dicembre 2024
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Valencia Inondazione Ipa Ftg
(David Cruz Sanz IPA/Fotogramma)

Cambia il clima, cambiano le esigenze, si ricorre ai ripari come si può. Dopo la disastrosa alluvione che a fine ottobre ha colpito Valencia provocando almeno 224 morti e il conseguente lancio di fango e insulti contro il re in visita nelle aree colpite dalla tragedia, il governo spagnolo introduce il congedo climatico: fino a quattro giorni retribuiti di assenza dal lavoro in caso di eventi meteo estremi, in modo da evitare i rischi collegati agli spostamenti.

La nuova misura, decisa dal governo del socialista Pedro Sanchez, è entrata in Gazzetta il 29 novembre, e dovrà essere ratificata dal Parlamento entro 30 giorni. Inoltre, entro il 2025, il Ministero intende adottare un regolamento più articolato per tutelare i lavoratori rispetto alla crisi climatica.

Il provvedimento non è una prima assoluta: già nel 2021 il Canada ha adottato una misura analoga, e lo stesso Statuto dei lavoratori spagnolo già prevede la possibilità di astenersi dal lavoro in caso di emergenze straordinarie. Ma ora il governo riconosce esplicitamente e dà ‘dignità’ propria agli allarmi legati al clima: “Di fronte al negazionismo climatico da destra, il governo spagnolo è impegnato in politiche verdi“, ha sottolineato la ministra del Lavoro Yolanda Díaz in un’intervista al canale Rtve.

Come funziona il congedo climatico spagnolo

Nel dettaglio, dunque, in caso di un evento meteo estremo, se il lavoratore non può raggiungere la sede lavorativa in modo sicuro e se non ha possibilità di lavorare da remoto, “deve astenersi dal recarsi al lavoro”, ha specificato Díaz, in modo da “non correre rischi”.

In pratica il congedo climatico scatterà in caso di diramazione di un’allerta meteo da parte delle autorità preposte, e se non sarà possibile muoversi in sicurezza per raggiungere la propria sede di lavoro. In tal caso, il dipendente avrà diritto a un permesso retribuito che può durare fino a quattro giorni. Passati questi, se le condizioni meteo rimangono critiche, l’azienda può ridurre l’orario o allungare il congedo sobbarcandosene i costi, come già previsto per le altre emergenze.

Ci sono però dei ‘ma’: innanzitutto spetta alle aziende accordare il congedo climatico, perciò in caso di diniego il lavoratore dovrà spostarsi. Tuttavia, se il rischio è grave e imminente, le imprese sono tenute ad avvisare al più presto il personale e sospendere le attività fino al cessato pericolo.

In secondo luogo, a meno non sia impossibile lavorare da casa per mancanza di servizi essenziali come l’elettricità o la connessione internet, o per la natura stessa dell’impiego che richiede la presenza fisica, il dipendente in prima battuta sarà tenuto a lavorare da remoto.

Il provvedimento del governo non finisce qui: richiede anche alle imprese di mettere a punto piani di prevenzione specifici per gli eventi meteo estremi, al pari degli altri piani aziendali sulla sicurezza sul lavoro. Le aziende hanno dodici mesi per realizzare protocolli specifici, in base alle loro caratteristiche e al loro ramo di attività. “Ogni settore ha rischi diversi”, ha sottolineato Díaz all’emittente Tve. “I pericoli per un operaio edile non sono gli stessi di quelli per un bibliotecario”.

Siamo nell’Antropocene, e l’Europa è nell’occhio del ciclone

L’introduzione del congedo climatico è un po’ un segno dei nostri tempi. Secondo gli esperti viviamo nell’Antropocene, ovvero in quell’era, come la definisce il premio Nobel olandese Paul Crutzen che ha coniato il termine, in cui gli esseri umani hanno un impatto enorme su tutto l’ecosistema terrestre. E non è una novità: già nel 1873 il geologo italiano Antonio Stoppani diceva che l’uomo ha “una nuova forza tellurica con potenza e universalità comparabile con le grandi forze del pianeta”.

Le conseguenze, solo per citarne alcune, sono il riscaldamento degli oceani, l’erosione del suolo, la scomparsa di diverse specie animali, l’invasione dei rifiuti e delle microplastiche, l’inquinamento, gli eventi meteo estremi. Persino le rocce portano i segni di calcestruzzo acciaio, plastica.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti, con disagi, disastri, perdite di vite umane e di denaro: nel 2023 l’Europa è stata colpita da 398 eventi catastrofici, con costi stimati intorno ai 77 miliardi di euro, mentre in Italia il numero di eventi meteorologici estremi è aumentato del 22% rispetto al 2022, portando a miliardi di danni e alla morte di 31 persone.

Il congedo climatico introdotto in Spagna sembra perciò un primo passo per adeguarsi a un mondo sempre più dominato dal riscaldamento globale. Basti pensare, per rimanere nel Paese iberico, che due settimane dopo le inondazioni a Valencia piogge torrenziali hanno colpito l’area di Malaga, con 3mila persone evacuate.

Ma ovviamente il provvedimento non tocca minimamente – né è questo il suo intento – le cause alla base dei sempre più frequenti eventi estremi che colpiscono l’Europa. Cause che non riguardano solo le emissioni di CO2, ma anche la gestione del suolo e del territorio, la cementificazione selvaggia e la protezione degli ambienti naturali. In sostanza, la gestione delle calamità naturali e le misure di prevenzione che dovrebbero essere messe in atto.

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