Cosa vuol dire essere italiani e come ci guardano dall’esterno? A questa domanda ha risposto la ricerca Be-Italy di Ipsos che ha raccolto le opinioni dei cittadini di 22 Paesi stranieri. Con oltre 10mila interviste online e 50 colloqui individuali con Opinion Leader, si è cercato anche nella rete inglese, francese e spagnola che sentiment ci sia sul nostro Paese. Dalla carenza di interesse nei confronti della sostenibilità fino all’importanza del Made in Italy: ecco cos’è emerso.
Conoscenza e giudizio sull’Italia
La classifica dei Paesi più conosciuti al mondo rimane invariata rispetto al 2020 e vede l’Italia in terza posizione (46% «molto+abbastanza») dopo Usa (55%) e Uk (52%) e prima di Spagna (45%) e Francia (44%). La notorietà dell’Italia è più diffusa fra i ceti elevati.
Il canale più utilizzato per informarsi sui Paesi stranieri è Internet, in particolare siti web e social network (gli influencer risultano una fonte di informazione). Segue, ad una certa distanza, la Tv, particolarmente presente come canale informativo per la popolazione dei Paesi Europei.
Il giudizio complessivo sull’Italia è in diminuzione rispetto al passato soprattutto in confronto al 2020, anno della pandemia, quando il Paese aveva comunque dimostrato una notevole capacità di resilienza. Analogo andamento del giudizio si riscontra presso la popolazione italiana, che rimane comunque più positivo rispetto a quanto rilevato nel 2016.
Quanto si è parlato dell’Italia all’estero?
Il volume dei contenuti che menzionano l’Italia è calato del 25% rispetto al 2020 (i post pubblicati furono circa 127 milioni), anno in cui lo scoppio della pandemia da Covid aveva messo il Paese sotto i riflettori del mondo. Il picco di post in un giorno lo si è registrato il 25 settembre del 2022, giorno in cui il partito di Giorgia Meloni ha vinto le elezioni politiche. Si riprende a parlare intensamente di Italia verso la metà di settembre 2023, quando il numero di migranti che arriva via mare raggiunge le 101.731.717 persone.
L’immagine dell’Italia
L’immagine complessiva che emerge parla di un Paese ricco di cultura e di «benessere»; vario; accogliente dal punto di vista umano. Ma con:
- mancanza di visione futura.
- scarso coinvolgimento delle nuove generazioni e che quindi lasciano il Paese.
- incapacità di offrire opportunità di crescita.
- scarsa dinamicità, modernità, capacità di innovare tecnologicamente: non c’è fermento.
- scarso sostegno pubblico alle imprese ancora più accentuato rispetto al passato.
- troppa «gerontocrazia» e gerarchia.
- scarsa meritocrazia e troppo clientelismo.
“Non ci sono stati investimenti su scuola e università, sulla ricerca, non ci sono state riforme che hanno consentito alle persone di creare imprese all’interno al Paese, gli investimenti sono difficili, è difficile barcamenarsi in un sistema molto complesso di permessi, di burocrazia, tempi lunghi, tasse piuttosto alte, se uno vuole fare innovazione deve andare altrove”, riporta l’Ipos circa le opinioni degli intervistati.
L’attrattività degli investimenti
Gli Usa guidano la classifica quando si parla di attrattività degli investimenti, seguiti da Canada, Svezia e Germania. L’Italia è al nono posto al pari di Spagna. Tra i paesi più attenzionati all’estero, l’Italia ha un posizionamento migliore, ma Usa e Canada con la Francia guidano la classifica. L’eccellenza italiana è rappresentata soprattutto dal settore enologico – in particolare dalla produzione di vino. L’enologia si sta mangiando il food. Seguono turismo e moda.
L’attrattività turistica dell’Italia posiziona il Paese come meta più desiderata per una vacanza premio. Anche chi l’ha già visita più volte rimane interessato e attratto dal Paese. Cosa attrae dell’Italia? La varietà della sua offerta artistica e culturale, così come la paesaggistica e l’enogastronomia.
Il Made in Italy
L’origine italiana nelle scelte di acquisto è un valore che ha registrato sempre più importanza nel tempo risultando oggi particolarmente apprezzata soprattutto dai ceti elevati e dai mercati maturi. Non esiste una definizione univoca di prodotto italiano. è però importante controllare che l’origine del prodotto sia realmente nazionale, soprattutto per il vino e per i vestiti. La verifica avviene tramite l’etichetta, poi si considera il marchio del prodotto e l’azienda produttiva.
Tuttavia, rimane rilevante e in crescita il numero di coloro che hanno acquistato spesso o qualche volta un prodotto falso credendo fosse italiano.
In generale, il Made in Italy continua ad essere un modello a cui aspirare per molte realtà produttive anche all’estero, è ancora molto forte e probabilmente lo diventerà ancora di più in futuro. All’interno di questo contesto l’italian sounding e la contraffazione sono un segno di quanto il Made in Italy sia un brand ambito a livello globale. Ne deriva che l’effettiva origine italiana del prodotto è molto importante per il consumatore.
Il 48% degli intervistati ritiene molto importante l’origine italiana nelle scelte di acquisto. Lo stesso controlla l’effettiva origine del prodotto e il 37% ha avuto esperienza spesso o qualche volta di acquisti di prodotti falsi: “I turisti vogliono comprare prodotti originali italiani, prodotti la cui produzione è davvero localizzata in Italia”, si legge nel report.
La sostenibilità in Italia
Gli opinion leader ritengono che il tema della sostenibilità in Italia non sia considerato prioritario o centrale. Più nel dettaglio: il livello generale di coinvolgimento sul tema è considerato medio – forse in linea con quello di alcuni Paesi europei – ma certamente meno rilevante di quanto emerge per i Paesi del Nord Europa e per gli Stati Uniti. Le istituzioni italiane, quando ne parlano, adottano un approccio piuttosto ideologico. Anche da parte delle aziende in Italia non esiste una vera cultura della sostenibilità, ma è vista solo come un dovere di adempimento ad obblighi normativi o di mercato e non come un approccio strategico di lungo termine che ne crei una vera.
“La sostenibilità non è un tema presente in Italia, a parte forse tra i giovani e anche in questo caso non tutti. In generale si parla di sostenibilità solo in modo ideologico e questo crea delle resistenze, quasi un fastidio. Da un lato, quindi, c’è una sottovalutazione del tema in Italia e dall’altro un certo fastidio per come viene comunicato e affrontato – continua il report riportando alcune dichiarazioni degli intervistati -. In Italia non esiste una vera cultura della sostenibilità a causa anche delle scarse dimensioni delle aziende. Quelle italiane sono troppo piccole e di fatto non si sta facendo molto di concreto nel Paese”.
L’Italia e rinnovabili: un gap da colmare
L’Italia risulta meno menzionata in relazione alle fonti rinnovabili rispetto a Germania e Francia. Una tendenza, questa, che sembra confermare la presenza di un gap da colmare in termini di comunicazione. Contenuti in lingua inglese che menzionano la parola “renewable/s” citano la Germania in 13mila, la Francia in 7mila e l’Italia solo in 4.500.
Usa, Giappone, Germania e Cina sono le nazioni più innovative, seguite a distanza dal Regno Unito. L’Italia si posiziona a metà della classifica: per 1 intervistato su 5 rientra tra i primi 5 Paesi più innovativi.