Un robot simile a un’ape potrebbe un giorno impollinare le piante su Marte

Pesa pochi grammi, può sbattere le ali fino a 400 volte al secondo e ha già raggiunto una velocità di due metri al secondo
2 Settembre 2025
3 minuti di lettura
Pianeta Marte Satellite

Nel cuore della ricerca scientifica più avanzata, si sta delineando uno scenario che fino a pochi anni fa sarebbe sembrato pura fantascienza: coltivare piante su Marte grazie all’aiuto di robot volanti ispirati agli insetti impollinatori. Un team del Massachusetts Institute of Technology (Mit) ha sviluppato microrobot capaci di replicare il volo delle api, con l’obiettivo di rendere possibile l’agricoltura in ambienti extraterrestri. In un mondo dove l’esplorazione spaziale si intreccia sempre più con le sfide della sostenibilità, anche il gesto più semplice – come il volo di un’ape – può diventare rivoluzionario.

Simile ad un’ape o ad un bombo, il robottino pesa pochi grammi, può sbattere le ali fino a 400 volte al secondo e ha già raggiunto una velocità di due metri al secondo.

Un robot per impollinare Marte

A raccontare questo possibile scenario è Kevin Chen, professore associato del Mit e ricercatore al Soft and Micro Robotics Lab, un laboratorio in cui gli studiosi dell’Istituto lavorano – tra le altre cose – a scenari in cui insetti robot saranno in grado di impollinare luoghi nei quali quelli normali non potrebbero lavorare: come sul pianeta Marte, per esempio. Come spiega Chen alla Cnn, “se si volesse coltivare qualcosa su Marte, probabilmente non sarebbe una buona idea portarsi con sé insetti naturali. È molto difficile per le api sopravvivere in quell’ambiente”.

“Stiamo solo cercando di imitare queste incredibili manovre che i bombi riescono a compiere”, ha poi afferma Yi-Hsuan Nemo Hsiao, uno studente di dottorato al quarto anno che sta lavorando agli algoritmi dei robot per consentirgli il successo di quelle manovre.

Ma gli studiosi del Mit non sono i soli. In tutto il mondo, diversi ricercatori stanno mettendo a punto dei robot che siano in grado di lavorare in contesti difficili e che abbiano sembianze di esseri viventi. Alla Yale University, ad esempio, i ricercatori hanno sviluppato un robot ispirato al geco in grado di amputare i propri arti: una capacità che potrebbe rivelarsi utile nelle missioni di ricerca e soccorso tra le macerie, come spiegano i ricercatori. Alla Chung-Ang University della Corea del Sud, invece, hanno presentato un robot morbido che può piegarsi e strisciare come un bruco.

Questi progetti sono legati all’avanzare della biorobotica, una branca della robotica che si avvale di robot costruiti con l’apporto di tessuti organici o utilizzato per l’esplorazione di organismi viventi. Dalle blatte equipaggiate di zaini e pronte ad andare in guerra come microspie fino a progetti europei come ‘Ares’, coordinato dall’italiana Scuola Sant’Anna, un robot nanotecnologico che si trasforma in una sala operatoria dentro il corpo umano: questi microrobot hanno raggiunto livelli di perfezione molto elevati.

E nel caso di quelli creati al Mit per l’impollinazione, lo scopo è raggiungere Marte.

Viaggiare su Marte: quali rischi?

Raggiungere Marte sembra sempre più un obiettivo realizzabile. Fino ad oggi, diverse agenzie spaziali tra cui Nasa (Stati Uniti), Isro (India), Esa (Europa) e Roscosmos (Russia) hanno raggiunto Marte con sonde, orbiter e rover che hanno operato e/o continuano ad operare sul pianeta. Ma anche il nostro Paese punta a raggiungere Marte con l’accordo firmato lo scorso mese fra Agenzia spaziale italiana, Asi, e SpaceX, la compagnia spaziale di Elon Musk, nota per il sistema Starlink di trasmissione di internet dallo spazio alla Terra. Sulle prime missioni marziane del razzo Starship, previste nel prossimo futuro, saranno montati infatti anche degli esperimenti italiani: al momento si parla di una stazione di monitoraggio meteorologico, di un sensore di radiazioni e di un esperimento sulla crescita delle piante.

Così, se per un umano andare su Marte potrebbe sembrare impresa alquanto ardua, data la durata necessaria di andata e ritorno di circa due anni, per un piccolo robot dalle sembianze di un’ape, non sarebbe così complesso.

A differenza loro, i nostri corpi non sono realizzati per lo Spazio. Lo dimostrano diversi studi sugli effetti della permanenza in ambienti a gravità quasi assente, come la Stazione Spaziale Internazionale (Iss), sulla salute degli equipaggi. Oltre cento istituti e gruppi di ricerca di diversi paesi del mondo hanno lavorato insieme alla pubblicazione dello Space Omics and Medical Atlas (Soma, 2024), una raccolta di dati medici e biologici sugli effetti che un volo spaziale ha sul corpo umano.

I più conosciuti tra quelli determinati dalle diverse condizioni di gravità sono la perdita di massa muscolare e la riduzione della densità delle ossa, ma anche l’eventuale impatto di radiazioni ad alta energia provenienti da fonti esterne al sistema solare.

Scenari futuri

Tornando alle nostre api-robot, al momento volano utilizzando morbidi muscoli artificiali che si allungano e si contraggono per sbattere le ali, sviluppati dal dottorando Suhan Kim. Il team del Mit sta anche lavorando a un robot simile a una cavalletta, in grado di saltare fino a 20 centimetri e affrontare terreni che vanno dall’erba al ghiaccio.

Il problema? Attualmente le dimensioni ridotte non consentono l’impianto di batterie interne e autonome per alimentarli. I piccoli robot “vivono” tramite un cavo: “È molto difficile installare una piccola fonte di energia a bordo di robot così piccoli “, ha spiegato il ricercatore Chen. E secondo le sue stime, la possibilità di impiegare un robot completamente autonomo potrebbe avverarsi tra 20-30 anni, al massimo.

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