“Lucido sì o lucido no” potrebbe fare la differenza. Con una circolare, i ministeri dell’Interno e della Salute hanno modificato l’interpretazione delle norme sulla guida sotto effetto di sostanze stupefacenti, smentendo la rigida impostazione del nuovo Codice della strada. Il documento reintroduce la necessità di dimostrare che la sostanza abbia ancora effetti sull’organismo al momento della guida, ribaltando il principio introdotto dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini che prevedeva sanzioni automatiche per chiunque risultasse positivo a un test. Ne è seguito un dibattito molto acceso e, forse, inutile.
Cosa prevedeva la riforma del Codice della strada
La riforma del Codice della strada, entrata in vigore a dicembre 2024, aveva eliminato un requisito fondamentale della precedente normativa: lo stato di alterazione psico-fisica. L’articolo 187, nella nuova formulazione, puniva chiunque guidasse “dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope”, stabilendo un nesso cronologico anziché causale tra l’assunzione e la guida. In pratica, bastava risultare positivi a un test, anche giorni dopo l’assunzione, per essere incriminati e vedersi sospendere la patente.
Una stretta ispirata a logiche di tolleranza zero che aveva suscitato immediate critiche da parte di associazioni antiproibizioniste, giuristi e tribunali secondo cui si utilizzava il Codice della strada per raggiungere fini esterni ed estranei alla norma stessa.
Il dietrofront della circolare ministeriale
L’11 aprile 2025 i ministeri dell’Interno e della Salute hanno inviato una circolare alle prefetture e alle forze dell’ordine che stravolge di fatto l’applicazione della norma. Il documento stabilisce che per configurare il reato di guida sotto effetto di stupefacenti “occorre provare che la sostanza stupefacente o psicotropa sia stata assunta in un periodo di tempo prossimo alla guida del veicolo, tale da far presumere che la sostanza produca ancora i suoi effetti nell’organismo durante la guida”.
La circolare ripristina quindi la necessità di dimostrare un legame tra l’assunzione e l’effettiva alterazione, recuperando il requisito dello stato di alterazione psico-fisica soppresso solo pochi mesi prima.
Come cambia l’applicazione della legge
La circolare non si limita a modificare il principio ispiratore della norma, ma detta anche precise indicazioni operative per le forze dell’ordine. Per accertare la guida sotto effetto di stupefacenti, gli agenti devono ora seguire una procedura articolata:
- Sottoporre il conducente a un test salivare preliminare in caso di sospetto;
- In caso di positività, prelevare due campioni di saliva da conservare a 4 gradi (evitando il congelamento);
- Inviare i campioni ai laboratori di tossicologia forense per analisi di conferma.
Il documento, inoltre, esclude esplicitamente i test delle urine, che “non sarebbero indicativi di una intossicazione in atto” poiché possono contenere tracce di sostanze anche molti giorni dopo l’assunzione. Solo le analisi su sangue o saliva sono considerate idonee per verificare la “correlazione temporale” tra assunzione della sostanza e lucidità alla guida.
Il conflitto tra circolare e legge
C’è un problema di fondo che complica ulteriormente la questione: una circolare ministeriale non ha lo stesso valore giuridico di una legge. Mentre la legge ha forza normativa, la circolare può solo fornire indicazioni su come applicare la legge, ma non può modificarla sostanzialmente. In pratica, in caso di conflitto tra legge e circolare prevale sempre la legge.
Ma, secondo una nota pubblicata dal ministero dei Trasporti, non esisterebbe alcun conflitto tra il nuovo Codice della Strada e la circolare dell’11 aprile. Secondo il Mit, la direttiva è “in piena coerenza con le nuove regole che puntano a punire chi si mette alla guida dopo aver assunto droghe e superando il concetto (soggettivo e non dimostrabile) di stato di alterazione”.
Intanto, già lo scorso 17 gennaio, la Corte di cassazione ha stabilito che un semplice test preliminare non è sufficiente per avviare un’azione penale: occorre accertare il nesso tra l’assunzione della sostanza e la guida, così da escludere casi di assunzione pregressa ormai priva di effetti.
Cosa cambia per chi assume farmaci
In assenza di una lista ufficiale di farmaci vietati, molte sostanze prescritte per patologie anche comuni possono risultare nei test antidroga, esponendo chi guida a sanzioni severe anche quando l’assunzione è legittima e sotto controllo medico. La circolare ministeriale chiarisce anche questo punto: le persone sotto terapie farmacologiche non devono temere sanzioni automatiche. Il conducente deve infatti mettere a verbale “i farmaci eventualmente dichiarati o riportati nella certificazione medica eventualmente esibita”, informazioni che contribuiranno “a una completa valutazione e interpretazione degli accertamenti tossicologici”.
Quali terapie possono dare positività ai test
- Oppioidi e analgesici a base di morfina: utilizzati per il trattamento del dolore cronico o oncologico (morfina, metadone, fentanile, ossicodone). Questi farmaci possono alterare i riflessi e la capacità di concentrazione, ma soprattutto sono rilevabili nei test come sostanze stupefacenti;
- Cannabis terapeutica: prescritta per alcune patologie croniche (dolore neuropatico, sclerosi multipla, nausea da chemioterapia). Il principio attivo (Thc) può essere rilevato nei test antidroga anche giorni dopo l’assunzione, indipendentemente dalla presenza di effetti psicotropi;
- Benzodiazepine: ansiolitici e ipnotici largamente prescritti per ansia e insonnia (diazepam, alprazolam, lorazepam). Possono causare sonnolenza e riduzione della vigilanza, e risultare nei test come sostanze psicotrope;
- Barbiturici: usati come antiepilettici o sedativi, sono meno comuni ma ancora prescritti in alcune terapie. Hanno effetti depressivi sul sistema nervoso centrale e sono rilevabili nei test;
- Antidepressivi triciclici e antipsicotici: farmaci per depressione maggiore e disturbi psichiatrici (amitriptilina, quetiapina). Alcuni possono dare falsi positivi per altre sostanze, come le anfetamine;
- Antiepilettici: prescritti per l’epilessia, possono avere effetti sedativi e risultare nei test, anche se non sempre sono classificati come stupefacenti;
- Antistaminici di prima generazione: usati per allergie e cinetosi, possono causare sonnolenza e, in rari casi, falsi positivi nei test antidroga;
- Altri farmaci: anche medicinali da banco come l’ibuprofene (antidolorifico) o la pseudoefedrina (decongestionante) possono, in alcuni casi, produrre falsi positivi per cannabis o anfetamine.
La strada è ancora incerta
In tutta questa confusione, una cosa è certa: non bisogna mai mettersi alla guida dopo aver bevuto alcol, assunto sostanze, e in qualsiasi altra situazione che alteri, seppur lievemente, la capacità di guidare. In caso di dubbio sul proprio stato mentale o psicofisico (per esempio quando si è pervasi dal sonno), la scelta moralmente doverosa resta quella di non guidare.
Sotto il profilo legale, l’incertezza rimane elevata: come si risolve il conflitto tra circolare e legge? Gli automobilisti italiani rischiano ancora di perdere la patente per una canna fumata due giorni prima? Sarà probabilmente la Corte costituzionale a dover dirimere la questione. Fino ad allora, le forze dell’ordine dovranno applicare le indicazioni della circolare, che di fatto rende più garantista l’applicazione dell’articolo 187 del Codice della Strada.
Bertolt Brecht, nella sua celebre opera “Vita di Galileo”, scriveva che “La verità è figlia del tempo, non dell’autorità”. E in questo caso, sarà il tempo a dirci quale interpretazione prevarrà tra la rigida lettera della legge e la sua applicazione pratica suggerita dalla circolare.