Caldo killer in Europa: 16.500 morti nell’estate 2025, il 68% è colpa del riscaldamento climatico

Roma, Atene, Parigi e Bucarest in testa per mortalità. Gli esperti avvertono: servono misure urgenti per abbandonare i combustibili fossili e politiche specifiche per 'raffreddare' le città
19 Settembre 2025
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Caldo Estremo Canva

L’estate 2025 volge al termine, presentando un conto di vite umane piuttosto salato: 24.404 persone in Europa sono morte a causa del caldo (stimate). Un problema non nuovo e in parte fisiologico ma che, evidenzia un nuovo studio, è peggiorato dal riscaldamento climatico. Due terzi di questi decessi, infatti, non ci sarebbero stati se le temperature del continente non si fossero così alzate in conseguenza dei gas serra emessi dall’uomo. È la conclusione di uno studio condotto dall’Imperial Grantham Institute di Londra e dalla London School of Hygiene & Tropical Medicine: il cambiamento climatico è alla base di 16.500 morti per caldo estivo in 854 città europee (il 68%), più del triplo rispetto a un’estate “non riscaldata dalle attività umane”.

L’analisi, dal titolo ‘Summer heat deaths in 854 European cities more than tripled due to climate change (che potete trovare qui, in inglese)’, sottolinea che questa è solo “un’istantanea”, poiché le 854 città studiate rappresentano circa il 30% della popolazione europea: il numero reale di morti potrebbe essere ancora più alto.

Un’Europa sempre più calda

Gli studiosi stimano che il riscaldamento climatico abbia provocato un aumento delle temperature fino a 3,6° C in diverse aree del continente. Le temperature estive in Europa risultano oggi 1,5–2,9°C più elevate rispetto a uno scenario senza cambiamento climatico, sottolinea lo studio aggiungendo che questo dato che potrebbe anche essere sottostimato, visto che i modelli climatici tendono a sottovalutare il riscaldamento nell’area.

Nello specifico, l’estate 2025 (giugno-agosto) è stata la quarta più calda mai registrata, con valori 0,9°C sopra la media 1990-2020. Un esempio lampante sono i 46°C in Spagna e Portogallo, ma anche i Paesi nordici hanno registrato un’ondata di caldo eccezionalmente persistente a luglio, con la Lapponia finlandese che ha affrontato per la prima volta per 26 giorni consecutivi 25°C.

L’Europa meridionale è l’area più surriscaldata, con il record turco del 50,5°C (dati Copernicus), ma ad agosto l’intera regione mediterranea del continente è stata colpita da livelli di calore senza precedenti, ad esempio in Spagna e in alcune parti della Francia.

Roma tra le città più colpite

Secondo lo studio britannico, i periodi con il maggior numero di decessi in eccesso stimati a livello europeo sono stati registrati tra fine giugno e inizio luglio, e la seconda settimana di agosto. L’Italia è il Paese più colpito:

• Italia: 4.597 imputabili al cambiamento climatico (su 6.700 morti per caldo)
• Spagna: 2.841 decessi attribuiti al riscaldamento globale
• Germania: 1.477
• Francia: 1.444
• Regno Unito: 1.147
• Romania: 1.064
• Grecia: 808
• Bulgaria: 552
• Croazia: 268.

Tra le 30 capitali europee analizzate, Roma (835 morti per il caldo estremo causato dal riscaldamento terrestre, su 1280 per il caldo), Atene (630), Parigi (409), Madrid (387), Bucarest (360), Londra (315) e Berlino (140) hanno registrato la più alta mortalità in eccesso stimata per popolazione, segnalando la vulnerabilità delle città dell’Europa meridionale e sud-orientale. Tuttavia, le maggiori proporzioni di decessi attribuibili direttamente al cambiamento climatico si registrano nel Nord Europa: Stoccolma (97%), Madrid (93%) e Bratislava (85%).

Chi rischia di più

Il caldo estremo è definito dai ricercatori un ‘killer silenzioso’: molti decessi non vengono registrati come tali e i dati ufficiali possono arrivare, se arrivano, solo mesi dopo. L’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) nel 2024 ha descritto il caldo come “il pericolo climatico più grande e urgente per la salute umana“.

A rischiare di più sono i neonati, le persone con patologie croniche, in particolare le malattie cardiovascolari, e soprattutto gli anziani. Le persone di età pari o superiore a 65 anni hanno rappresentato l’85% dei decessi in eccesso, con una mortalità particolarmente alta tra gli ultra-85enni (1.957 morti per milione di abitanti).

Calcolando la traiettoria demografica europea, che va verso l’invecchiamento della popolazione, è facile prevedere che estati sempre più calde saranno anche estati sempre più mortali.

Un altro fattore di rischio è vivere in città, ambienti particolarmente vulnerabili a causa dell’effetto isola di calore creato da asfalto e cemento. Anche in questo caso, la tendenza a vivere sempre di più nei centri urbani aggraverà ulteriormente il numero di decessi. E non solo: il caldo aumenta i ricoveri e peggiora le malattie croniche, soprattutto per gli anziani e le comunità a basso reddito. È un problema anche per l’economia, perché molte attività diventano rischiose, come nell’edilizia o nei trasporti.

Cosa si può fare

La combinazione tra cambiamento climatico, urbanizzazione e invecchiamento della popolazione rischia di spingere l’Europa oltre i propri limiti di adattamento. I ricercatori sottolineano l’urgenza di agire su due fronti paralleli:

  1. mitigazione: riduzione rapida delle emissioni di gas serra, in particolare con l’abbandono dei combustibili fossili
  2. adattamento: politiche urbane per ridurre l’effetto “isola di calore” e proteggere le persone vulnerabili. Tra le misure raccomandate in questo caso:
    • espansione di spazi verdi e blu nelle città;
    • sistemi di allerta precoce contro le ondate di calore;
    • miglioramento delle abitazioni e della pianificazione urbana;
    • rafforzamento dei servizi sanitari;
    • adeguamento delle condizioni di lavoro per proteggere chi opera all’aperto.

Ma come siamo messi? Secondo lo studio, l’attuale livello di preparazione politica in Europa è solo “medio”, anche in considerazione delle molte lacune presenti nelle politiche relative agli impatti futuri del caldo estremo. Inoltre, mancano spesso approcci che integrino anche la dimensione della giustizia sociale, necessaria per proteggere le fasce più fragili della popolazione.

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