Niente caccia alle balene in Islanda, almeno per quest’anno. Di ufficiale non c’è nulla, ma le uniche due compagnie autorizzate stanno metaforicamente tirando i remi in barca. Certo, non per motivazioni legate all’ambiente o all’etica, quanto piuttosto alla sostenibilità economica di questa industria. Ma il risultato, in ogni caso, è che per i prossimi mesi le balene potranno stare tranquille.
Infatti, la Halldór Sigurðsson, l’unica nave per la caccia alle balenottere minori operativa in Islanda, è stata messa in vendita, e il suo proprietario quest’anno non ha richiesto la licenza di caccia necessaria per poter operare.
Mentre la Hvalur HF, la più grande compagnia islandese di pesca alle balenottere, con un permesso di 200 esemplari, ha anch’essa annullato i suoi piani per questa estate. I motivi li ha chiariti ai giornalisti il suo amministratore delegato, Kristján Loftsson: “Data l’attuale situazione economica, Hvalur HF non vede altra opzione che rimanere attraccata e aspettare giorni migliori. La situazione sarà rivalutata l’anno prossimo“. “L’andamento dei prezzi dei prodotti nel nostro mercato principale, il Giappone, è stato sfavorevole di recente e sta peggiorando”, ha continuato Loftsson, constatando che “il prezzo dei nostri prodotti è ora così basso che non è giustificabile cacciare”.
Quanto alla seconda più grande compagnia baleniera del Paese, la IP-Utgerd, non opera più dal 2020, sempre per il calo dei profitti.
È il secondo anno consecutivo che la caccia alle balene viene annullata. Nel 2024 il permesso venne rilasciato, simbolicamente, il giorno prima della scadenza dei termini, cosa che non consentì alla Hvalur HF di procedere con la pianificazione. Ma se le balene tirano un sospiro di sollievo, e gli ambientalisti esultano per quella che sembra una svolta storica, va detto che il governo islandese non ha ufficialmente vietato la pratica. Anzi, lo scorso dicembre ha dato il via libera fino al 2029, per un massimo di 209 balenottere comuni e 217 balenottere minori all’anno.
In quali Paesi la caccia alla balena è legale
Come riferisce World Population Review, sono tre i Paesi al mondo dove la caccia alle balene per scopi commerciali, e dunque di lucro, è legale e praticata: Islanda, Norvegia, Giappone.
La Norvegia, in particolare, dal 1993 caccia più della quota consentita dall’IWC, la Commissione internazionale per la caccia alle balene (International Whaling Commission) creata nel 1946 per favorire uno sviluppo coordinato e regolato del settore. Il Giappone, dal canto suo, il 1° luglio 2019 ha ripreso ufficialmente la caccia commerciale nelle proprie acque territoriali.
Tuttavia, la pratica della caccia alla balena è particolarmente controversa e divide le opinioni pubbliche anche nei Paesi per i quali è una tradizione antica, legata alla cultura e alle più basilari forme di sostentamento. Oggi però le cose sono cambiate: in Islanda meno del 2% dei locali mangia la carne, quota che sale a oltre il 35% dei visitatori.
In alcuni Stati la carne delle balene effettivamente è ancora fondamentale per sopravvivere, e la caccia – non commerciale – è autorizzata. Un esempio è l’Alaska, dove le leggi federali (il Paese fa parte degli Usa) vietano l’uccisione delle balene grigie, ma consentono ai nativi di pescare altre specie. Anche nelle Isole Fær Øer la caccia è legale, essendo finalizzata esclusivamente alla sussistenza.
La conservazione rende più della caccia
Al di là di motivazioni etiche, la caccia alle balene porta con sé diversi problemi. Il primo è il declino delle popolazioni: lo sfruttamento intensivo nel XX secolo ha quasi portato alcune specie all’estinzione, con conseguenze sull’intero ecosistema marino. Si è ridotto infatti il ‘carbon sink’ naturale offerto dalle carcasse e si sono interrotti importanti cicli biologici legati a nutrienti, ciclo del carbonio e supporto alla biodiversità. Basti pensare che, anche dopo che l’IWC ha vietato la pratica nel 1986, sono state cacciate commercialmente 40mila balene.
Non mancano poi gli aspetti etici: la caccia a questi mammiferi è lenta, dolorosa e spesso brutale. E per le organizzazioni ambientaliste “non è necessaria né sostenibile”.
Ma almeno la carne sarà buona? Dipende: può concentrare mercurio, PCB e altri contaminanti tossici, con annessi rischi per bambini e donne incinte e in generale per chiunque la mangi.
La caccia alla balena, infine, porta conflitti socioeconomici e culturali, legati alle diverse visioni di una pratica così divisiva ma radicata nelle tradizioni. L’ostilità di gran parte dell’opinione pubblicala, infatti, è in crescita, mentre i dati rendono ormai evidente che la conservazione paga ben più della semplice caccia: basti pensare alla diffusione dei lucrosi tour di whale watching.