Il Telegraph le ha inserite tra le dieci attrazioni europee “da evitare” nel 2026. Parliamo del Balcone di Giulietta a Verona e del giro in gondola a Venezia. Troppo affollate, troppo care, troppo lontane dall’autenticità che molti viaggiatori dicono di cercare. Per il critico del quotidiano britannico sono “così deprimenti e sopravvalutate da meritare di essere rase al suolo, eppure verso le quali i turisti inspiegabilmente accorrono in massa”. Un paradosso? Non proprio. È il turismo contemporaneo, bellezza.
A spiegarlo a Prometeo 360 Adnkronos è Alfonso Amendola, professore di Sociologia dei processi culturali dell’Università di Salerno, secondo il quale “queste mete funzionano perché sono simulacri, direbbe Jean Baudrillard. Sono riti laici di massa”. E non importa se rovinano la sostenibilità del patrimonio culturale di una città o se causano overtourism e gentrificazione, ciò che “trionfa” è “il simbolo, la narrazione condivisa, la visibilità”.
Il mito è più forte della realtà
In questo scenario, che il Balcone di Giulietta non sia un sito storico, ma un’invenzione novecentesca (perché le case dei Capuleti non si trovavano neppure lì), poco importa. E che la gondola veneziana sia stata in un tempo lontano un reale mezzo di trasporto quotidiano, oggi lo spazio ce l’ha il simbolismo costruito a uso e consumo dei visitatori.
In altre parole, entrambe le attrazioni funzionano perché vendono immaginario. “Queste mete non hanno più bisogno di storia, contesto o verità. Basta l’immagine. Il Balcone di Giulietta non è Shakespeare, la gondola non è un mezzo di trasporto. Sono icone che non rimandano a nulla, se non al proprio riflesso”, ci spiega il professore. Così Verona diventa la città dell’amore tragico e Venezia la città del romanticismo sospeso sull’acqua. È la forza del mito a guidare il viaggio, non la sua autenticità.
La logica della “Fomo”
C’è poi un altro elemento: la pressione sociale generata dalla cosiddetta “Fomo”, cioè la “Fear of Missing Out (la paura di perdersi qualcosa)”. Complice la diffusione dei social media, oggi un’esperienza assume una carica valoriale maggiore solo se è “instagrammabile”. Il termine, che deriva appunto dal social network Instagram, è un neologismo moderno che indica la qualità di un luogo, oggetto, persona o esperienza, basata su un’estetica attraente. Se fotogenico al punto tale da essere degno di essere pubblicato e condiviso su Instagram, allora va vissuto almeno una volta nella vita.
Il balcone e la gondola, quindi, diventano icone globali, presenti in film, libri, guide turistiche e, appunto, social network. Amendola descrive il fenomeno come “il mercato dell’immaginario”, un misto di “romanticismo, bellezza, arte universale in salsa pop e formato standard”. “Il turista non visita un luogo. Consuma una formula. Un’idea già pronta, già legittimata, già desiderabile”, sottolinea Amendola. In questo modo, secondo il professore, il turista “acquista una dichiarazione d’esistenza: ‘Ci sono stato’. Fine. Il consumo non serve a conoscere, ma a posizionarsi. Nell’era dei social, il viaggio è una prova di conformità. Conta meno ciò che vivi di ciò che puoi mostrare”.
Il romanticismo come prodotto turistico
E alla loro estetica accattivante e al mito che le due esperienze turistiche conservano, entrambe le attrazioni hanno il “pregio” di saper vendere una promessa: vivere, anche solo per pochi minuti, un frammento di romanticismo universale. Che sia reale o costruito importa poco. Il turismo, soprattutto quello urbano, è sempre più un consumo di emozioni, non di luoghi.
Gli psicologi lo hanno definito effetto gregge: se tutti fanno una cosa, la facciamo anche noi. Il risultato? Un flusso continuo verso attrazioni che, razionalmente, molti giudicano “deprimenti”, come le ha definite il critico del Telegraph, perché non conservano più un romanticismo reale, ma costruito ad hoc.
“È l’‘autenticità messa in scena’ di Dean MacCannell (noto architetto paesaggista) – ci racconta Amendola -: il turista sa che è tutto costruito, ma lo accetta perché è funzionale, rassicurante, condivisibile. L’autenticità è un effetto. Controllato, ripetibile, uguale per tutti. La “McDonaldizzazione” di George Ritzer applicata alle emozioni”.
Il marketing dell’immaginario
Verona e Venezia, inoltre, hanno saputo trasformare due simboli in veri e propri marchi globali. Il balcone di Giulietta è diventato un set fotografico permanente, a cielo aperto, oggi al costo di 12 euro e con un numero contingentato che si aggira sulle 50 unità ogni 15 minuti. La gondola è un’icona che vale più della sua funzione. È un logo della città: a dimostrazione che il turismo non è solo movimento, ma costruzione culturale che vende.
Sopravvalutati? Forse, sì. Ma efficaci. Così, anche se il giudizio del Telegraph ha acceso il dibattito, difficilmente cambierà le cose. Perché il balcone continuerà a riempirsi di bigliettini d’amore e selfie e le gondole continueranno a scivolare lente tra i canali, cariche di coppie che cercano un momento da ricordare: “È il turismo nell’epoca dell’immaginario, dove non conta ciò che è vero, ma ciò che funziona”, conclude Amendola.