“Davanti a quella foce che viene chiamata Colonne d’Eracle c’era un’isola. Era più grande della Libia e dell’Asia messe insieme, e a coloro che procedevano da essa si offriva un passaggio a tutto il continente che stava dalla parte opposta, intorno a quello che è veramente mare. […] In tempi successivi, però, essendosi verificati terribili terremoti e diluvi, nel corso di un giorno e di una notte, tutto il complesso dei vostri guerrieri di colpo sprofondò sottoterra, e l’Isola di Atlantide, allo stesso modo sommersa dal mare, scomparve”.
Inizia così il mito dell’Isola di Atlantide, raccontato nell’opera Dialoghi di Platone nel 300 a.C. e non ancora scoperto da nessun ricercatore o studioso o avventuriero del mondo. Almeno fino a poco tempo fa. Perché alcuni scienziati, coordinati dai ricercatori Luis Somoza e Javier González del gruppo Risorse geologiche marine e ambienti estremi del Consiglio superiore per la ricerca scientifica spagnola (CSIC), ha scoperto tre nuovi vulcani sottomarini in un’area situata a nord delle Isole Canarie.
Un tempo erano isole emerse, ma sono affondate nel mare, come la leggenda di Atlantide narra. Atlantis, infatti, è il nome del progetto realizzato con il Ministero della Scienza, dell’Innovazione e dell’Università di Spagna.
Con la Sarmiento de Gamboa, una nave oceanografica di cui si avvale il team, è stato possibile effettuare la scoperta. I tre vulcani sono stati battezzati Monte de Los Atlantes e potrebbe essere la vera e antica Atlantide, senza guerrieri mitologici, ma ricca di storia della natura e della vita sottomarina del Pianeta.
Potrebbe essere la vera Atlantide?
Alcuni di questi vulcani, spiegano i ricercatori, sono situati a est di Lanzarote e potrebbero essere legati alle eruzioni del Timanfaya. Si tratta dell’episodio naturale avvenuto il primo settembre del 1730, quando il vulcano Cuervo si aprì e iniziò a vomitare lava. Lo scoppio fu l’inizio delle eruzioni che, in periodi e intensità differenti, trasformarono la realtà fisica di Lanzarote così come è oggi. Si ritiene che altri siano, invece, appartenuti alle isole dell’epoca dell’Eocene, tra i 56 e i 34 milioni di anni fa.
I ricercatori del progetto Atlantis sono specializzandi delle università Complutense di Madrid, Las Palmas de Gran Canaria, Évora e Lisbona, nonché dell’Istituto Vulcanologico delle Isole Canarie (INVOLCAN) di Tenerife, dell’Istituto Idrografico della Marina e dell’EMEPC del Portogallo e hanno iniziato la loro avventura il 27 giugno e terminata il 6 agosto.
La ricerca
Il team si avvale del sottomarino ROV 6000 Luso, con telecamere ad ultra risoluzione 5K, bracci robotici per prelevare campioni del fondale marino e sensori per gas come anidride carbonica e metano nell’acqua. Può immergersi fino a 6.000 metri. Le moderne attrezzature della nave del CSIC Sarmiento de Gamboa vengono utilizzate anche per la mappatura dettagliata dei fondali marini e delle proprietà della colonna d’acqua oceanica.
“Il suo obiettivo è rilevare segni di attività subacquea magmatica e idrotermale nell’arcipelago, che potrebbe rappresentare un rischio futuro per la popolazione – scrivono in una nota i coordinatori -. Si stanno studiando anche i processi ambientali e la formazione di minerali sottomarini in condizioni estreme, dove i microrganismi promuovono la biomineralizzazione di metalli come manganese, cobalto, fosfati o terre rare; tutti così importanti nella transizione energetica”.
Il gruppo di ricercatori si occupa di risalire alle origini dell’arcipelago, analizzando quelle che hanno definito le “mamme” e le “nonne” delle montagne sottomarine: le antenate delle Isole Canarie.
Il progetto Atlantis, inoltre, nasce per monitorare i rischi di una futura eruzione sottomarina nelle Isole Canarie, come quella di El Hierro avvenuta nel 2011-2012 o l’eruzione di delta lavici nell’area marina, come è accaduto a La Palma.