Saldi invernali 2025, il consumismo è out: arriva la moda consapevole

Come suggerivano le nonne, comprare meno e comprare meglio, seguendo la tripla E dei ribassi: economia, ecologia ed etica
2 Gennaio 2025
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Saldi

Poche cose, ma di qualità. Mentre i saldi invernali 2025 sono ai blocchi di partenza, con la Valle d’Aosta che oggi 2 gennaio ha aperto i giochi seguita da tutte le altre regioni sabato 4, il classico consiglio della nonna è più che mai attuale.

Invece di essere vecchio e sorpassato, infatti, questo suggerimento ha effetto su tutto quello che ruota intorno alla sostenibilità: ambiente, questione sociale, minimalismo, finanze. Tutti temi di gran moda negli ultimi tempi, ma che puntano i riflettori sulla maggiore consapevolezza di come il consumismo impatta sul pianeta, sulle persone, sulle nostre case e non da ultimo sui nostri portafogli.

Abbigliamento e oggetti hanno tutti un impatto ambientale

La realizzazione di qualsiasi capo di vestiario o in generale qualsiasi oggetto richiede risorse – acqua, energia, materie prime -, e produce inquinamento. Allo stesso modo anche logistica e distribuzione inquinano, per non parlare dei resi on line che fanno avanti e indietro per centinaia e migliaia di km, aumentando a dismisura i rifiuti e le emissioni di CO2. E dunque il riscaldamento globale.

Tutto ha un impatto ambientale importante, anche se spesso non ci pensiamo quando facciamo click su ‘acquista’ – tanto se non ci piace o non ci sta bene possiamo “rimandarlo indietro” – o prendiamo qualcosa da uno scaffale.

Qualche numero, per rimanere nell’ambito dell’abbigliamento, che durante i saldi fa la pare del leone:

• l’industria tessile è responsabile dal 5 al 10% delle emissioni di gas serra mondiali
93 i miliardi di metri cubi all’anno di acqua consumata e inquinata per l’uso di sostanze chimiche tossiche, pesticidi e fertilizzanti
• il 35% delle microplastiche presenti negli oceani proviene dal lavaggio dei tessuti sintetici
• circa il 30% delle merci acquistate durante i saldi finisce per essere buttato o svenduto.

Tutto questo si traduce in una sola parola: spreco. E questa è una consapevolezza necessaria non sentirci in colpa o per costringerci a vivere come monaci ma per abbandonare quel consumismo sfrenato e ormai démodé che ha caratterizzato gli ultimi decenni e che trova il suo apice più deleterio nelle piattaforme – ma anche in alcuni negozi fisici – che vendono cose di scarsa o nulla qualità a prezzi che non valgono nemmeno il costo della loro produzione.

Ogni anno al secchio circa 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili

Cose che oltretutto non servono quasi mai: il fast fashion e ultra-fast fashion infatti si basano proprio sullo stimolare necessità artificiali che durano pochissimo, sostituite velocemente da desideri altrettanto inutili ed effimeri. Non a caso, le proposte di abbigliamento e accessori cambiano in modo estremamente rapido, alimentando il consumo compulsivo. E l’invenduto è tantissimo.

Un dato per tutti: ogni anno vengono buttati via circa 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, gran parte dei quali finisce a inquinare i Paesi in via di sviluppo. Moltissimi di questi capi sono fatti in tessuti sintetici non riciclabili come il poliestere, che rimarranno in giro per il Pianeta per centinaia di anni prima di degradarsi.

Se costa poco il prezzo sei tu, o lo sta pagando qualcun altro

C’è poi l’aspetto sociale: come si suol dire, se costa poco il prezzo sei tu, o lo sta pagando qualcun altro. E questo qualcun altro sono di solito l’ambiente e i lavoratori che vengono sfruttati, tra stipendi irrisori, orari disumani e condizioni insalubri e insicure (basti pensare alla tragedia di Rana Plaza, in Bangladesh, dove nel 2013 per il crollo di una fabbrica di vestiti morirono 1134 persone e oltre 2000 rimasero ferite). Spesso, inoltre, dietro un prezzo stracciato si nasconde anche la piaga del lavoro minorile.

Non solo: l’aumento della domanda in alcune filiere può portare a pratiche agricole non sostenibili che danneggiano il suolo, le risorse idriche e a volte intere comunità. Ne sono esempio la maggior richiesta di cotone o di alimenti di moda come l’avocado e la quinoa.

Casa e portafoglio sostenibili

Ma parlando di sostenibilità un occhio va buttato anche su quella ‘casalinga’, ovvero: la nostra casa sta scoppiando di abiti e oggetti inutili? Senza arrivare agli eccessi del minimalismo, stanze più libere e in ordine aiutano a vivere meglio, producono meno stress e richiedono meno tempo per le pulizie. Una considerazione da tenere a mente prima di passare alla cassa al negozio.

Infine, la sostenibilità finanziaria: spendere in oggetti e vestiti inutili è uno spreco anche per le nostre finanze, che potrebbero essere impiegate per cose ed esperienze più significative o di qualità. Molte volte ad esempio non compriamo un maglioncino più costoso perché il prezzo è troppo alto, ma non ci accorgiamo che abbiamo dilapidato un mucchio di soldi in capi e oggetti che dureranno pochissimo, come la soddisfazione che ci daranno. Inoltre, un vestito che dura ci fa risparmiare nel tempo perché non dovrà essere sostituito dopo una stagione (se va bene).

A tal proposito esiste un concetto molto interessante che è quello del ‘cost per wear’, ovvero quanto ci costa un capo ogni volta che lo indossiamo. Ad esempio, se un pantalone lo paghiamo 40 euro ma lo usiamo due volte, ogni ‘uscita’ l’avremo pagata 20 euro; se invece lo paghiamo 80 euro ma lo mettiamo 100 volte, ogni uscita sarà costata 80 centesimi. Su Instagram è nato un hashtag ad hoc: #100wears, usato per condividere abiti che si pensa di indossare almeno cento volte.

Un discorso che si può estendere a tutto ciò che compriamo. Acquistare va bene, purché ci sia consapevolezza.

La tripla E dei saldi: Economia, Ecologia, Etica

E a quanto sembra gli italiani si stanno già indirizzando in questo senso, come sottolinea il presidente nazionale di Federazione Moda Italia-Confcommercio, Giulio Felloni: “Il 2025 si prospetta come un anno caratterizzato da una moda più consapevole, inclusiva ed emozionale. E quindi ritengo che questi saldi possano essere contraddistinti da una tripla ‘E’ per: Economia, per consentire acquisti responsabili in grado di soddisfare l’interesse dei consumatori verso prodotti di qualità, di moda e di stile con prezzi molto convenienti; Ecologia, per scegliere acquisti di qualità nei negozi di prossimità evitando la sovraproduzione e l’inquinamento dovuto all’eccessiva circolazione di prodotti spediti e molto spesso restituiti; Etica, per promuovere una moda che non sia solo esteticamente accattivante, ma anche rispettosa della salute dei consumatori e delle condizioni di lavoro”.

Sembra confermarsi così una tendenza già rilevata da Federmoda in occasione dei saldi estivi 2024: i consumatori cercano autenticità, sostenibilità e un legame più forte con il territorio, rifuggendo acquisti superficiali. La sostenibilità sembra proprio essere diventata una priorità.

Un aspetto interessante a tal proposito è la rivincita dei negozi fisici: come accaduto nell’ultima settimana di Natale, anche per i prossimi saldi i punti vendita ‘reali’ appaiono in vantaggio sull’online: otto italiani su dieci (81%) sceglieranno i negozi per almeno un acquisto, contro il 54% che comprerà un prodotto online.

Consigli per saldi sostenibili

Ma ecco qualche consiglio per non ritrovarci con tanti oggetti che non ci servono e avendo contribuito inutilmente all’inquinamento:

• innanzitutto, controllare bene negli armadi e in generale in casa le cose che già si possiedono, per evitare spese inutili
avere le idee chiare prima di entrare nel negozio, in modo da non farsi prendere la mano dal demone dell’acquisto, dai suggerimenti del negoziante o da desideri estemporanei per cose che in realtà non servono
controllare le etichette per capire la qualità dell’oggetto, dell’accessorio o del capo papabile
di acquisto. Tanto più che non è automatico che se costa tanto sia di maggior valore
• approfittare dei saldi per acquistare capi in tessuti migliori, come lana, cachemire, cotone organico o seta
comprare meno e meglio puntando sulla quantità e non sulla qualità
• acquistare i classiconi intramontabili, che si mettono sempre
• scegliere marchi di moda sostenibile, che rispettino l’ambiente e le persone
• indirizzarsi su prodotti tecnologici efficienti
acquistare usato, un vero trend in ascesa: il 64% degli italiani acquista regolarmente prodotti di seconda mano, secondo una recente ricerca di Wallapop
• di fronte a un potenziale acquisto chiedersi se serva davvero e quante volte si pensa di usarlo
riparare, riusare, riciclare, rivendere ciò che non si utilizza più

Insomma, quest’anno la sfida dei saldi non è trovare l’affare perfetto, ma uscire dal negozio con qualcosa di utile e senza che l’armadio e il Pianeta implorino pietà. E senza troppi pentimenti per aver sprecato i propri soldi.

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