La folla salta, le luci abbagliano, la musica travolge. Ma ogni spettacolo ha un costo invisibile, pagato in tonnellate di Co₂. Mentre i fan vivono un’esperienza unica, l’ambiente subisce le conseguenze di trasporti inquinanti, strutture temporanee e consumi energetici esorbitanti. Dietro le quinte di festival e concerti si nasconde una realtà poco raccontata: l’impronta ambientale della musica dal vivo è tutt’altro che trascurabile.
Un solo concerto può emettere fino a 42 tonnellate di Co₂, quanto una piccola fabbrica in una settimana. Un festival di tre giorni arriva anche a 500 tonnellate, pari a 5 kg per spettatore al giorno. A certificarlo è ClimateSeed, startup specializzata nella misurazione e compensazione delle emissioni. E anche se qualcosa si muove – tra artisti attenti e festival più consapevoli – il settore ha ancora molta strada da fare.
Dove si concentra l’impatto climatico degli eventi live
Non è tanto il palco in sé a pesare sull’ambiente, quanto tutto ciò che ci gravita intorno. Quando si calcola la carbon footprint di un concerto o festival, la componente più rilevante sono i trasporti. Secondo ClimateSeed, il trasporto del pubblico e delle attrezzature rappresenta spesso oltre il 70% delle emissioni complessive. Per un evento medio, si parla di 12,8 kg di Co₂ per partecipante, equivalenti a circa 26 kWh di energia. Se migliaia di persone arrivano in auto – e magari da centinaia di chilometri di distanza – il bilancio si complica rapidamente.
A questi si aggiungono i mezzi pesanti per montare e smontare palchi, torri audio, sistemi di illuminazione, generatori e maxi-schermi. Le infrastrutture temporanee, costruite appositamente per eventi di pochi giorni, richiedono materiali e risorse che spesso non vengono riutilizzati. La scena, seppur effimera, ha un impatto duraturo.
Anche la componente energetica incide in modo significativo. Luci, impianti audio, proiezioni, schermi Led e climatizzazione consumano quantità elevate di elettricità, talvolta prodotta con generatori a gasolio nei contesti meno infrastrutturati. Non è raro che i festival operino in aree isolate, non servite dalla rete elettrica nazionale, con conseguente ricorso a soluzioni di alimentazione off-grid altamente inquinanti.
Infine, ci sono le emissioni legate all’ospitalità. In festival di più giorni, i pernottamenti in alberghi, campeggi o alloggi temporanei generano una quota rilevante di Co₂, tra consumi energetici, servizi igienici e ristorazione. Il pubblico diventa così una fonte collaterale ma tutt’altro che trascurabile di impatto ambientale.
Misurare le emissioni è il primo passo
“Il settore degli eventi musicali sta iniziando a compiere passi concreti verso la sostenibilità, e alcuni esempi, anche in Italia, mostrano che una transizione è possibile – spiega Edoardo Bertin, Head of Business Development & Growth di ClimateSeed – Tuttavia, siamo solo all’inizio: la maggior parte degli eventi non misura ancora le proprie emissioni o non dispone di una strategia strutturata per ridurle. È fondamentale lavorare in modo sistemico e trasparente, mettendo la misurazione dell’impatto al centro delle decisioni organizzative”.
Misurare l’impronta ecologica di un evento non è semplice: servono dati dettagliati su trasporti, forniture, consumi energetici, materiali usati e gestione dei rifiuti. Ma senza questa base, qualsiasi iniziativa “green” rischia di essere inefficace o, peggio, solo facciata. Eppure, sono ancora pochissimi gli eventi che si dotano di strumenti concreti per la quantificazione delle emissioni. In Italia, ad oggi, solo alcuni festival hanno ottenuto una certificazione ufficiale della carbon footprint.
Il risultato è che, mentre cresce l’attenzione mediatica sul greenwashing, molte manifestazioni restano in una zona grigia, adottando misure di sostenibilità parziali o non verificate. La raccolta differenziata nei backstage o la distribuzione di bicchieri compostabili sono interventi necessari, ma lontani dall’essere sufficienti. Nel frattempo, i biglietti continuano ad andare sold out e le tournée mondiali macinano date e voli intercontinentali.
Artisti e festival pionieri della sostenibilità musicale
Non tutto, però, si muove a rilento. Alcuni artisti internazionali stanno trasformando i loro tour in laboratori di sostenibilità. I Coldplay, con il loro “Music of the Spheres Tour”, hanno fatto certificare le emissioni dal Massachusetts Institute of Technology, adottando un sistema avanzato di misurazione, riduzione e compensazione. Le emissioni generate sono state concretamente monitorate in tempo reale e i dati resi pubblici.
Anche Radiohead, Massive Attack e Billie Eilish hanno intrapreso percorsi simili, integrando nelle loro produzioni criteri ambientali precisi, come la riduzione del numero di camion, l’utilizzo di materiali riciclabili, e il supporto a progetti di riforestazione.
Sul fronte italiano, si sono distinti i Pinguini Tattici Nucleari, che durante i tour hanno promosso la raccolta differenziata e l’utilizzo di trasporti pubblici per raggiungere i concerti, fornendo incentivi ai fan. Il concerto di Elisa allo stadio San Siro ha visto l’adozione di un palco alimentato con biofuel Hvo, un’alternativa a minore impatto rispetto al diesel.

Tra le manifestazioni italiane, alcuni festival hanno scelto di affrontare in modo strutturato il problema delle emissioni. È il caso del Suoni Controvento, in Umbria, il primo a ottenere una certificazione ufficiale di carbon footprint. Il festival si distingue per l’utilizzo di strutture leggere e temporanee, la compensazione delle emissioni con crediti di carbonio verificati, e una pianificazione logistica mirata a ridurre i trasporti non necessari.
Anche lo Sherwood Festival di Padova ha imboccato da anni la via della sostenibilità, riuscendo a tagliare del 50% le proprie emissioni dal 2018. Il festival ha investito in pratiche ambientali concrete, come l’adozione di alberi per compensare parte della Co₂ prodotta, la promozione della mobilità ciclabile e l’ottimizzazione della logistica interna.
Il Firenze Rocks, uno dei più grandi eventi musicali estivi del paese, ha dichiarato l’obiettivo di dimezzare consumi ed emissioni. Per incentivare l’uso del treno, ha attivato una partnership con Trenitalia, offrendo ai partecipanti sconti fino al 75% sul prezzo del biglietto ferroviario.
Un’iniziativa significativa arriva anche dall’Arena di Verona, che in occasione dell’Opera Festival 2025 ha scelto di alimentare l’intera stagione con energia elettrica certificata da fonti rinnovabili, con un risparmio stimato di 800 tonnellate di CO₂ rispetto alle emissioni prodotte da un impianto tradizionale delle stesse dimensioni.
Tutti esempi che mostrano che una transizione è tecnicamente possibile, anche se economicamente e logisticamente complessa.