In Italia 4.800 miliardi di risparmi, ma un terzo delle famiglie è vulnerabile agli imprevisti

Il patrimonio finanziario italiano resta tra i più alti d’Europa, ma la capacità di risparmiare cala al minimo dal 2018, come mostra l’indagine Acri-Ipsos diffusa per la Giornata Mondiale del Risparmio
31 Ottobre 2025
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Salvadanaio Cerotto
Salvadanaio con cerotto

L’Italia resta tra i Paesi più ricchi d’Europa in termini di risparmio privato, ma anche uno dei meno dinamici. Le famiglie italiane detengono circa 4.800 miliardi di euro di ricchezza finanziaria, un patrimonio che continua a crescere in valore assoluto ma che resta sostanzialmente fermo, secondo l’indagine Acri-Ipsos “Gli italiani e il risparmio”, diffusa in occasione della 101ª Giornata Mondiale del Risparmio che ricorre oggi 31 ottobre. La liquidità è alta, la propensione all’investimento bassa.

La quota di famiglie che riesce ad accantonare qualcosa scende al 41%, contro il 46% del 2024, toccando il minimo dal 2018. Allo stesso tempo, cresce la prudenza verso ogni forma di impiego del capitale: depositi e conti correnti restano le destinazioni principali, mentre si riduce la quota destinata a strumenti finanziari o progetti di lungo periodo.

Il fenomeno ha conseguenze dirette sull’economia reale. La propensione a spendere si riduce: calano le spese per beni non essenziali, ma anche quelle per salute, cultura e tempo libero. Si rafforza un atteggiamento difensivo che accompagna un sentimento diffuso di cautela. In un contesto in cui i prezzi restano alti e la crescita debole, la liquidità diventa sinonimo di sicurezza. Il risparmio, da leva di sviluppo, torna a essere rifugio.

Un clima che si fa più incerto

Il 2025 conferma il rallentamento del clima di fiducia già osservato lo scorso anno. Dopo un biennio di timido ottimismo, la percezione degli italiani sull’andamento economico torna a peggiorare. Il 57% delle famiglie segnala un peggioramento del proprio tenore di vita o dichiara di vivere difficoltà economiche, contro un 43% che riferisce stabilità o miglioramento.

Il mercato del lavoro continua a mostrare segnali positivi, ma non sufficienti a rassicurare. La disoccupazione scende, ma il 29% delle famiglie riporta difficoltà lavorative in uno dei componenti, un aumento netto rispetto al 21% del 2024. Il miglioramento di alcuni indicatori macro non si traduce in benessere percepito. L’insicurezza economica resta elevata, alimentata dal rallentamento dei consumi e da un’inflazione che, pur in calo, continua a pesare sui bilanci domestici.

Sul piano delle aspettative, il Paese si divide quasi in tre parti uguali: 38% ottimisti, 39% neutrali, 16% pessimisti. Quando però la scala si allarga all’intera economia nazionale, prevale la sfiducia: 53% di pessimisti sull’Italia, contro appena il 19% di ottimisti. La percezione migliora leggermente se si guarda al proprio territorio — qui i pessimisti scendono al 28% — ma la dinamica resta la stessa: fiducia locale, scetticismo nazionale.

L’Europa sotto osservazione

La perdita di fiducia tocca anche il rapporto con l’Unione Europea. L’indagine Acri-Ipsos evidenzia un peggioramento sensibile: il 62% degli italiani non ha fiducia nelle prospettive dell’Ue, in aumento di sette punti rispetto al 2024. Solo il 44% ritiene che Bruxelles stia procedendo nella giusta direzione, mentre il 42% è di opinione opposta.

Le generazioni più giovani restano le più favorevoli all’integrazione europea, ma anche qui la fiducia si attenua. Tra gli over 45, nel Sud e tra chi ha un livello di istruzione medio-basso, le posizioni critiche crescono. L’euro, per anni percepito come elemento di stabilità, oggi fatica a mantenere la stessa funzione: l’aumento dei tassi e il rallentamento economico hanno reso più evidenti i limiti del sistema.

Il saldo tra ottimisti e pessimisti sull’economia europea scende a –24 punti, contro i –16 del 2024; per l’economia mondiale si attesta a –15. È un peggioramento che riflette non solo incertezza economica, ma anche una percezione di distanza: l’Europa appare come un contesto di regole più che di opportunità. Rimane comunque ampiamente maggioritaria — 56% — l’opinione che un’uscita dall’Ue sarebbe un errore, ma la convinzione si è fatta meno convinta, più razionale che identitaria.

Nel complesso, il rapporto con l’Europa non si spezza ma si raffredda. Gli italiani continuano a riconoscerne i vantaggi strutturali — la libertà di movimento, il mercato unico, la tutela dei valori democratici — ma faticano a percepirne i benefici economici diretti. È una fiducia sospesa, più formale che vissuta.

Il risparmio come rete di sicurezza

In assenza di certezze esterne, il risparmio continua a rappresentare il principale strumento di protezione per le famiglie. Il 77% degli italiani lo considera un valore fondamentale e il 60% ne riconosce il ruolo per l’economia nazionale. Ma la sua funzione è cambiata: da leva di investimento a rete di sicurezza.

Il risparmio è ritenuto utile per fronteggiare eventi imprevisti (57%), per difendersi da una crisi economica (54%) e per garantire stabilità nella vecchiaia (49%). È una forma di previdenza informale, capace di supplire in parte alle carenze del welfare pubblico. Sul piano collettivo, gli italiani riconoscono al risparmio un ruolo importante per la stabilità del sistema: il 67% lo considera un elemento che attenua l’impatto delle crisi globali, il 63% ritiene che riduca la dipendenza da capitali esteri e il 56% che rafforzi la solidità del sistema bancario.

Tuttavia, la capacità di risparmio effettiva resta fragile. Tre italiani su quattro potrebbero affrontare una spesa imprevista di mille euro, ma solo il 36% riuscirebbe a sostenere un esborso di diecimila senza conseguenze. È il segno di una sicurezza solo apparente. Aumenta la richiesta di condizioni più favorevoli: il 32% auspica una fiscalità più amica del risparmio, il 27% invoca maggiore cultura finanziaria e strumenti semplici e trasparenti.

Il quadro finale restituisce un Paese che continua a risparmiare, ma per timore più che per fiducia. Il risparmio resta un collante sociale, ma non riesce a diventare motore economico.

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