Non c’è più (solo) la moneta di una volta: tra fiducia, algoritmi e nuove forme di valore

Dal baratto all'oro, dalle banconote ai bitcoin: la moneta cambia volto con le necessità della società. Finanza decentralizzata e banca tradizionale possono - e devono - convivere?
25 Ottobre 2025
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Criptovalute

Non c’è più (solo) la moneta di una volta. Oggi il denaro assume molte espressioni diverse rispetto a quelle che siamo abituati a conoscere: spiccioli e banconote, ma anche le criptovalute, come spiega Andrea Ferrero, esperto di finanza decentralizzata e autore di ‘De-centralized Banking’. Ferrero, in occasione del Festival della Scienza ‘Cauthamente’, che si è tenuto a Cortona dal 15 al 18 ottobre, ha dialogato con Roberto Calzini, direttore generale della Banca Popolare di Cortona, su cosa succederà in futuro, e se vecchio e nuovo – finanza decentralizzata e moneta tradizionale – possano convivere. La risposta dei due esperti è che sì, la coesistenza è possibile e anche desiderabile.

Un nuovo sistema di fiducia

Ferrero, 28 anni, ha raccontato intanto da dove nasca la spinta verso l’innovazione: “Come nuova generazione, percepivamo una crescente disillusione verso il sistema monetario e finanziario tradizionale”. Ecco dunque che nei nuovi strumenti – le criptovalute – i giovani hanno visto “la possibilità di liberare le persone da una sorta di oppressione monetaria che, dal Novecento in poi, ha eroso il potere d’acquisto delle principali valute: dollaro, euro e altre”. L’obiettivo dunque era unire tecnologia e finanza “per innovare i servizi finanziari”. Ferrero infatti preferisce parlare di digital asset piuttosto che di crypto asset, “termine che può suonare oscuro o inaccessibile”.

Dall’economia del dono a Bitcoin: la moneta come strumento sociale

Alla base di tutto c’è dunque la moneta, o meglio ancora la fiducia che ci porta ad attribuire un dato valore a spiccioli o banconote. “La moneta è uno strumento di relazione sociale”, ha affermato Ferrero. Serve per interagire e costruire fiducia tra le persone, e nel tempo ha assunto molte forme: dal baratto all’oro, dalle banconote agli asset digitali.

Ferrero lo ha spiegato: dall’economia del dono – in cui i beni venivano scambiati secondo bisogni reciproci – si è passati al baratto, presto sostituito dall’oro, “raro e divisibile, adatto a rappresentare valore”. Con il tempo nacquero le note di banco, ovvero “note di carta che garantivano l’esistenza dell’oro” senza doverselo portare dietro: più comode per gli scambi internazionali. Per poi arrivare nel 1971 alla fine degli accordi di Bretton Woods, “quando gli Stati Uniti dichiararono che il dollaro non sarebbe più stato garantito dall’oro”.

Da quel momento il denaro è diventato “fiat”, cioè basato sulla fiducia. “Una banconota vale perché crediamo nel sistema che la emette. Ma se quella fiducia dovesse venire meno, il sistema economico collasserebbe”, ha continuato Ferrero.

2008: nasce Bitcoin, la ‘moneta della matematica’

Venendo più vicino ai giorni nostri, nel 2008, “durante la crisi finanziaria, nasce Bitcoin, ideato dallo pseudonimo Satoshi Nakamoto”, dietro cui si nasconde una persona o forse un gruppo. L’intento era “creare un sistema monetario che non si basasse sulla fiducia negli esseri umani, fallibili per definizione, ma su qualcosa di incorruttibile: la matematica”, ha affermato Ferrero.

“Bitcoin è un protocollo con una politica monetaria scritta nel codice matematico”, ha spiegato ancora. “Modificare le informazioni contenute nella blockchain è quasi impossibile. Chi lo usa per conservare valore o effettuare pagamenti si affida non a persone, ma a un sistema matematico“.

Stable coin, token e valute digitali: il futuro della moneta?

E dai Bitcoin si è poi passati a una molteplicità di nuovi strumenti, come ha ricordato Calzini. Tra questi, le stablecoin, criptovalute che puntano a mantenere un valore stabile perché garantite da attività sottostanti. I token, invece, possono rappresentare qualsiasi cosa reale: un quadro, un immobile, un bene frazionato in parti digitali negoziabili: ogni token rappresenta una parte del valore di quel bene, che potrà crescere o diminuire nel tempo“, ha spiegato Ferrero.

Le valute digitali sono invece monete ufficiali emesse dalle banche centrali, come l’euro digitale previsto per il 2029, ma “gestite su blockchain, e circolano al di fuori dei canali tradizionali come bancomat o bonifici”.

Negli Stati Uniti la situazione è ancora diversa: il presidente Donald Trump ha vietato alla Fed, la Banca centrale americana, di emettere dollaro digitale, che, ha sottolineato Ferrero, “sarà affidato ai privati: le grandi tech company come Meta, X (ex Twitter), Telegram, Amazon”. Il tycoon ha già annunciato di voler rendere gli Usa “la capitale mondiale delle criptovalute“.

Educazione finanziaria e relazione umana

Insomma, la moneta, ha evidenziato l’esperto, “è frutto del suo tempo: cambia con le necessità della società”. Ma quindi il mondo ‘vecchio’ e quello ‘nuovo’ possono – o devono – convivere? Per Ferrero è l’educazione a unirli: “Le istituzioni – centralizzate o decentralizzate – devono fornire prima strumenti intellettuali, poi quelli pratici. Solo così ognuno potrà scegliere consapevolmente cosa è giusto per sé”.

Calzini dal canto suo ha sottolineato un altro aspetto: “La tecnologia semplifica la circolazione della moneta, ma riduce il contatto umano. L’economia resta fatta di persone, culture e relazioni”. Perciò, ha continuato, “in un mondo che va verso la digitalizzazione totale chi lavora nella finanza deve diventare un ‘ibridatore’, e unire criptovalute, token, algoritmi e umanità per creare nuove forme di relazione economica”.

“Che si tratti di conchiglie, banconote o crypto asset, il principio non cambia: la moneta vive solo grazie alla fiducia e alla capacità di comunicare bisogni reciproci“, e per questo, ha concluso Calzini, “tecnologia e umanità devono continuare a camminare insieme”.

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