Corruzione, l’Italia al 52° posto in retromarcia per la prima volta dal 2012

L’Italia perde due punti nell’Indice di Percezione della Corruzione e rallenta sulle riforme chiave
11 Febbraio 2025
3 minuti di lettura
Corruzione Canva

L’Italia arretra nella classifica globale sulla percezione della corruzione. L’ultimo Indice di Percezione della Corruzione (CPI) di Transparency International fotografa un Paese che perde posizioni, segnando un passo indietro rispetto ai progressi faticosamente conquistati negli ultimi anni. Non un disastro, ma un segnale preoccupante: dopo oltre un decennio di progressi, il punteggio dell’Italia registra una flessione (per la prima volta dal 2012), con un calo di due punti rispetto all’anno precedente, fermandosi a 54, e posizionandosi al 52° posto nella classifica globale e al 19° in Europa.

Corruzione Variazioni Italia Fi

Il declino non è isolato: anche economie consolidate come Francia e Germania segnano un calo, mentre nazioni tradizionalmente considerate modelli di trasparenza, come Norvegia e Svezia, ottengono i punteggi più bassi della loro storia. Il CPI misura la percezione della corruzione nel settore pubblico in 180 Paesi, basandosi su dati provenienti da 13 fonti diverse.

A rendere ancora più preoccupante la situazione è il fatto che il CPI 2024 evidenzia una stagnazione nella lotta alla corruzione in tutta Europa. Questo immobilismo ha conseguenze dirette sulla capacità di affrontare le sfide globali più pressanti, tra cui la crisi climatica, la tutela dello Stato di diritto e l’efficienza dei servizi pubblici. La corruzione non è solo un problema etico o amministrativo, ma mina la competitività economica, compromette la fiducia nelle istituzioni e rallenta il progresso sociale.

I punti deboli del sistema anticorruzione italiano

Negli ultimi tredici anni, il sistema nazionale ha fatto passi avanti significativi nella prevenzione della corruzione. Tra le riforme più incisive spiccano la Legge Anticorruzione 190/2012 e la Legge 179/2017 per la tutela dei whistleblower (la tutela di coloro che segnalano reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito del rapporto di lavoro), culminate nella recente trasposizione della Direttiva europea sul whistleblowing con il D.Lgs. 24/2023. Un ruolo centrale lo ha giocato anche l’Autorità Nazionale Anticorruzione, che ha rafforzato la disciplina sugli appalti e creato un database pubblico per garantire maggiore trasparenza. Tuttavia, queste misure non sono bastate a evitare il calo registrato dal CPI 2024.

Cosa frena l’Italia? Innanzitutto, l’assenza di una regolamentazione chiara sul conflitto di interessi tra pubblico e privato. Poi, la mancata disciplina del lobbying, che resta un’area grigia in cui la trasparenza è un miraggio. Infine, il rinvio dell’attuazione del registro dei titolari effettivi, strumento chiave per contrastare il riciclaggio di denaro e rendere più efficace la lotta alla corruzione. Inoltre, il mancato sostegno alla Direttiva Anticorruzione dell’Ue da parte dell’Italia rappresenta un ulteriore segnale di debolezza nel panorama della lotta alla corruzione. In sostanza, il sistema ha imboccato la giusta strada, ma senza completare il viaggio.

L’Europa rallenta e la corruzione minaccia la transizione ecologica

L’Italia non è sola nel suo rallentamento: il CPI 2024 fotografa un’Europa Occidentale in affanno. Francia e Germania registrano punteggi in calo, e persino paesi considerati storicamente virtuosi come Norvegia e Svezia toccano i loro minimi storici. Questo stallo mette a rischio non solo la credibilità istituzionale, ma anche l’efficacia delle politiche climatiche e sociali. Transparency International evidenzia come la corruzione stia minando le azioni per il clima, ostacolando il finanziamento di progetti sostenibili e permettendo a gruppi di interesse privati di influenzare decisioni fondamentali per la transizione ecologica.

Per contrastare questo fenomeno, la Commissione Europea ha proposto nel 2023 una Direttiva Anticorruzione volta ad armonizzare le normative degli Stati membri e rafforzare gli strumenti investigativi e sanzionatori a livello comunitario. L’obiettivo è quello di rendere obbligatoria l’incriminazione per i reati previsti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC). L’Italia, però, non ha ancora espresso pieno sostegno a questa iniziativa. Secondo Michele Calleri, Presidente di Transparency International Italia, “prevenzione, regolamentazione e cooperazione sono le chiavi per un’Italia e un’Europa più trasparenti”.

Il quadro globale: chi vince e chi perde nella lotta alla corruzione

A livello globale, il CPI 2024 traccia un quadro poco incoraggiante: più di due terzi dei Paesi analizzati (oltre 120 su 180) ottengono ancora un punteggio inferiore a 50, segno che la corruzione rimane un problema diffuso e radicato. Al vertice della classifica, per il settimo anno consecutivo, si conferma la Danimarca con 90 punti, seguita dalla Finlandia (88) e da Singapore (83) Sul versante opposto, i paesi più fragili e colpiti da conflitti continuano a occupare le ultime posizioni: Sud Sudan (11), Somalia (12), Siria (13) e Venezuela (14) registrano livelli di corruzione endemici che soffocano ogni tentativo di ripresa economica e politica. L’Italia si colloca in una zona intermedia, ma con un trend che ora rischia di invertirsi. Da tenere sott’occhio anche le economie emergenti: la scarsa trasparenza e la mancanza di controlli adeguati rallentano lo sviluppo e aumentano il rischio di crisi finanziarie e politiche.

Infine, il CPI 2024 ha posto un accento particolare sul legame tra corruzione e crisi climatica. La corruzione ostacola gli sforzi per la sostenibilità ambientale, favorendo la gestione opaca dei fondi destinati alla transizione ecologica e alimentando pratiche poco trasparenti nelle concessioni di progetti energetici. In un’epoca in cui la lotta ai cambiamenti climatici richiede investimenti massicci e decisioni rapide, la corruzione diventa un ostacolo pericoloso.

Tendenze | Altri articoli