Nella notte tra sabato 26 ottobre e domenica 27 ottobre, in Italia, come in gran parte dell’Europa, avverrà il consueto passaggio dall’ora legale all’ora solare. Alle 3:00 del mattino le lancette dell’orologio saranno spostate indietro di 60 minuti, segnando le 2:00 e guadagnando, così, un’ora di sonno. Questa pratica, introdotta in molti Paesi durante il XX secolo, ha come obiettivo primario l’ottimizzazione dell’uso della luce naturale, riducendo la necessità di illuminazione artificiale e promuovendo così il risparmio energetico. Tuttavia, negli ultimi anni si è sollevato un acceso dibattito sugli effetti reali e sulla possibilità di abbandonare questa pratica. L’impatto del cambio d’ora varia da Paese a Paese e si estende a diverse sfere, come quella sociale, sanitaria e persino economica.
Storia e origini dell’ora legale in Europa
L’ora legale fu introdotta per la prima volta durante la Prima Guerra Mondiale per ridurre il consumo energetico sfruttando meglio la luce naturale. Dopo la guerra, la pratica venne abbandonata, per poi essere ripresa durante la Seconda Guerra Mondiale e diventare una prassi comune in molti Paesi negli anni successivi.
In Italia, l’ora legale venne definitivamente reintrodotta nel 1966, in un contesto di crisi energetica che rese necessaria una maggiore attenzione al risparmio energetico, anche se la sua durata variava di anno in anno. Poi, nel 1980 un accordo europeo che coinvolse vari paesi della Comunità economica europea stabilì una data comune per il cambio d’ora primaverile e autunnale, al fine di coordinare le operazioni e facilitare il commercio e i trasporti internazionali.
L’impatto del cambio dell’ora sul risparmio energetico
Il risparmio energetico è sempre stato uno degli obiettivi principali del cambio d’ora. L’idea di fondo è che, sfruttando maggiormente le ore di luce diurne, si riduca la necessità di illuminazione artificiale, permettendo un risparmio sui costi energetici. Tuttavia, negli ultimi anni, la reale entità di questo risparmio è stata messa in discussione. In Italia, ad esempio, secondo i dati di Terna, il gestore della rete elettrica nazionale, nei sette mesi di ora legale il sistema elettrico italiano ha beneficiato di minori consumi di energia per 340 milioni di kWh, pari al valore di fabbisogno medio annuo di circa 130 mila famiglie, un quantitativo che equivale a oltre 75 milioni di euro.
A livello europeo, gli impatti variano notevolmente a seconda della latitudine e delle condizioni climatiche. Nei Paesi dell’Europa settentrionale, come Svezia, Finlandia e Norvegia, la variazione della durata del giorno è molto più marcata tra estate e inverno, e ciò riduce i benefici dell’ora legale. Durante i mesi estivi, la luce del giorno è comunque abbondante anche senza lo spostamento delle lancette, mentre nei mesi invernali il sole sorge tardi e tramonta presto, indipendentemente dall’ora adottata. Di conseguenza, il cambio d’ora ha un impatto energetico minimo.
In Europa meridionale, invece, il cambio d’ora permette di prolungare le ore di luce nelle ore serali, riducendo la necessità di illuminazione artificiale durante i mesi estivi. In Spagna, Portogallo e Italia, per esempio, l’adozione dell’ora legale ha un impatto più rilevante rispetto ai Paesi nordici, anche se la crescente diffusione di tecnologie di illuminazione a basso consumo, come i LED, ha ridotto notevolmente il risparmio energetico complessivo.
Gli effetti del cambio d’ora
Dal punto di vista sociale, il passaggio dall’ora legale all’ora solare comporta una serie di implicazioni che vanno oltre il semplice risparmio energetico. Il cambio dell’ora influenza le abitudini quotidiane, soprattutto nei primi giorni successivi all’adattamento. Le persone devono abituarsi a una diversa distribuzione della luce naturale durante la giornata, con le giornate che sembrano accorciarsi bruscamente. Questo fenomeno può avere effetti psicologici significativi, specialmente su chi soffre di disturbi dell’umore o di depressione stagionale.
La riduzione delle ore di luce solare, infatti, può influire negativamente sull’umore, portando a sintomi quali tristezza, irritabilità e letargia. Alcuni studi hanno dimostrato che il passaggio all’ora solare è associato a un aumento dei casi di depressione stagionale, poiché le persone sono più esposte all’oscurità durante le ore serali, il che può ridurre la produzione di serotonina e melatonina, sostanze chimiche cerebrali che regolano il sonno e l’umore.
Pro e contro
Il fenomeno dell’affaticamento da cambio dell’ora è particolarmente evidente nei soggetti vulnerabili, come gli anziani, i bambini e coloro che hanno una routine di sonno già compromessa. Anche se il passaggio all’ora solare permette di “guadagnare” un’ora di sonno, il cambiamento dei ritmi circadiani, soprattutto per chi lavora con orari fissi, può comportare difficoltà nell’adattamento e influire negativamente sulla qualità del sonno. Luigi Ferini Strambi, professore ordinario di neurologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e direttore del Centro di medicina del sonno dell’ospedale San Raffaele, esprime la sua opinione sul tema: “Mantenere l’ora legale tutto l’anno sarebbe una scelta positiva, non solo per evitare i disagi legati al cambiamento dell’ora, ma anche per i benefici per l’organismo”. Secondo Ferini Strambi, un regime di ora legale permanente permetterebbe di sfruttare al meglio le ore di luce durante l’inverno, incoraggiando le persone a praticare di più attività fisiche e a partecipare a eventi sociali. “Luce e movimento sono essenziali per il nostro benessere psicofisico”, sottolinea.
Il professor Ferini Strambi non è solo nella sua richiesta. Anche la Sima (Società italiana di medicina ambientale) e altri esperti medici supportano l’idea di abolire il cambio d’ora. Il passaggio all’ora solare viene visto come un “giorno di assoluta negatività”, specialmente per i bambini, che perdono un’ora di luce. Questo concetto è ribadito dal pediatra Italo Farnetani, il quale avverte che il passaggio all’ora solare può avere effetti psicologici pesanti sui giovani, aggravati dall’esperienza del lockdown legato alla pandemia di Covid-19. “Rischiamo di riprodurre un’ora di ‘lockdown’ al giorno”, afferma Farnetani, evidenziando come la diminuzione della luce solare possa intensificare sentimenti di isolamento e ansia tra bambini e adolescenti, già segnati dall’esperienza di quarantena.
Il dibattito sul futuro dell’ora legale
Il dibattito sull’opportunità di mantenere il cambio d’ora ha assunto una rilevanza crescente negli ultimi anni, culminando nella proposta del 2018 della Commissione Europea di abolire questa pratica e lasciare ai singoli Stati membri la scelta tra l’adozione permanente dell’ora solare o dell’ora legale. Tale proposta ha portato a un confronto acceso tra le diverse esigenze dei Paesi dell’Unione. I Paesi nordici, come Finlandia e Svezia, hanno espresso una preferenza per l’ora solare stabile, dato che l’oscillazione stagionale della luce naturale è già molto pronunciata. Di contro, i Paesi dell’Europa meridionale, tra cui Spagna, Italia e Portogallo, sostengono l’ora legale permanente, per sfruttare al meglio le ore di luce pomeridiane e favorire il turismo, un settore fondamentale per l’economia locale. Per questi Paesi, l’ora legale tutto l’anno garantirebbe giornate più luminose anche durante i mesi invernali, incentivando le attività sociali all’aperto, che rappresentano un’importante componente del benessere psicologico e della vita culturale di queste società.
Tuttavia, la proposta di eliminare il cambio semestrale dell’ora è stata oggetto di numerose discussioni e finora non ha portato a una decisione definitiva. La disomogeneità delle scelte orarie tra i Paesi membri creerebbe un nuovo problema per i settori del trasporto, del commercio e delle comunicazioni, che necessitano di orari sincronizzati per garantire l’efficienza delle operazioni transfrontaliere. Inoltre, mantenere un’unica ora tutto l’anno potrebbe accentuare le differenze orarie tra i Paesi e le regioni europee, con il rischio di una frammentazione della coerenza oraria interna all’Unione.
Il Parlamento Europeo, pur adottando nel marzo 2019 una posizione favorevole all’abolizione del cambio d’ora a partire dal 2021, non è riuscito a ottenere il consenso del Consiglio, dove è richiesta una maggioranza qualificata. La mancanza di accordo tra i vari Paesi ha rinviato la decisione e, di conseguenza, l’attuale sistema di cambio d’ora stagionale è rimasto in vigore. La questione si rivela dunque più complessa del previsto.