Dal 1° gennaio 2026 il bollo auto non sarà più quello di sempre. Chi immatricolerà un nuovo veicolo a partire da quella data dovrà versare l’intero importo in un’unica soluzione annuale, legata al mese dell’immatricolazione. La possibilità di pagare a rate – mensile, semestrale o annuale – salta del tutto. Una modifica strutturale, contenuta nel 17° decreto attuativo della riforma fiscale approvata dal Consiglio dei ministri, che punta formalmente alla semplificazione del rapporto tra cittadini e amministrazione finanziaria, ma che sul piano pratico rappresenta anche un’ulteriore stretta sul fronte della gestione tributaria individuale.
Il principio che guida la tassa resta invariato: il bollo è un’imposta di possesso, non legata all’uso del mezzo, e viene calcolato in base alla potenza (kW) e alla classe ambientale del veicolo. Quel che cambia è il meccanismo di pagamento: per le auto immatricolate dal 2026, il bollo dovrà essere versato in un’unica soluzione ogni anno, entro l’ultimo giorno del mese successivo all’immatricolazione. Quella scadenza diventerà il riferimento permanente anche per gli anni successivi. Nessun calendario fisso, nessuna deroga. L’obiettivo dichiarato è razionalizzare i flussi e superare l’attuale frammentazione tra Regioni che in passato avevano previsto sistemi di pagamento frazionati.
Il nuovo regime si applicherà solo ai veicoli nuovi. Per quelli già immatricolati alla data del 31 dicembre 2025, le modalità restano invariate, salvo interventi specifici da parte delle Regioni, che mantengono la competenza esclusiva sul tributo. Ogni Regione potrà infatti continuare a stabilire le proprie aliquote, prevedere esenzioni (ad esempio per veicoli ecologici, GPL o metano) e introdurre eventuali agevolazioni. Resta però l’obbligo per le amministrazioni regionali di adeguare i propri sistemi informativi, uniformando le scadenze e garantendo una comunicazione puntuale ai contribuenti, per evitare disallineamenti o errori nei versamenti.
Fermo amministrativo, si paga comunque
Un secondo snodo della riforma riguarda una modifica di rilievo per i veicoli sottoposti a fermo amministrativo. A partire dal 2026, anche in presenza di un provvedimento di blocco per gravi violazioni del Codice della Strada, il bollo dovrà comunque essere pagato. Salta dunque il principio sancito da una sentenza della Corte costituzionale del 2017, che aveva riconosciuto l’esenzione per i veicoli non più idonei alla circolazione a causa di un fermo amministrativo.
Il nuovo assetto normativo uniforma la disciplina fiscale di tutti i veicoli registrati al Pra, a prescindere dalla loro effettiva circolazione. Il bollo torna così ad assumere la sua natura originaria: un’imposta patrimoniale sul possesso, e non un corrispettivo per l’utilizzo della strada. Se un’auto è sottoposta a fermo, ma continua a risultare intestata al contribuente, il pagamento resta dovuto integralmente. Nessuna distinzione tra fermo fiscale, giudiziario o amministrativo. Né sono previste sospensioni o rinvii, nemmeno in presenza di contenziosi pendenti o di opposizioni in corso.
Per i contribuenti coinvolti in procedure di riscossione coattiva, la novità può avere un impatto significativo. Oltre al fermo stesso, infatti, si aggiunge l’obbligo di corrispondere comunque la tassa, con l’ulteriore rischio di sanzioni in caso di mancato pagamento. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione avrà titolo per iscrivere a ruolo anche i bolli non versati su veicoli già sottoposti a fermo, con aggravio degli interessi e delle spese di notifica. Il nuovo criterio riduce la discrezionalità interpretativa e chiude definitivamente la parentesi aperta dalla giurisprudenza costituzionale del 2017, riportando la disciplina sotto un profilo strettamente amministrativo.
Superbollo confermato
Non cambia invece nulla sul fronte del superbollo, l’addizionale statale prevista per le auto più potenti, che continuerà ad applicarsi senza modifiche a partire dal 2026. L’imposta – introdotta nel 2011 e rimasta nel tempo oggetto di critiche trasversali – si applica ai veicoli con potenza superiore a 185 kW, con un importo progressivo calcolato per ogni kilowatt eccedente. Nessuna rimodulazione, nessun alleggerimento: lo schema in vigore oggi sarà semplicemente confermato.
Negli ultimi anni erano circolate varie proposte di abolizione o revisione, motivate dalla scarsa efficacia in termini di gettito e dall’effetto distorsivo sul mercato delle auto di alta gamma. In realtà, i dati disponibili mostrano un impatto marginale in termini fiscali e una crescita delle immatricolazioni di veicoli di grossa cilindrata con targa estera, specialmente in contesti frontalieri. Ma l’attuale riforma ha scelto di non intervenire. Il superbollo resta così una tassa aggiuntiva stabile, in contrasto con l’intento dichiarato di razionalizzazione e semplificazione fiscale.
Con il nuovo bollo in unica soluzione, la pressione tributaria complessiva su chi acquista veicoli di fascia alta rischia quindi di aumentare, soprattutto in assenza di strumenti di rateizzazione. Il pagamento in un’unica tranche annuale, sommato al superbollo, può rappresentare un aggravio notevole per privati e società. Resta da vedere se nei prossimi mesi, in fase di attuazione pratica del decreto, emergeranno aperture su forme di compensazione, credito d’imposta o meccanismi di deducibilità per le imprese. Al momento, però, l’impostazione è netta: nessuna deroga, nessun cambiamento, nessuna abolizione.