La balena più rara al mondo si è spiaggiata sulle coste della Nuova Zelanda. La notizia ha fatto il giro del mondo e le immagini del cetaceo, se prima hanno incuriosito i passanti, hanno poi preoccupato gli esperti. Sembrerebbe essere una balena dai denti a spatola, esemplare rarissimo finora mai visto vivo.
I resti dell’animale saranno conservati in celle frigorifere per sottoporre ad analisi la carcassa: ma perché il ritrovamento potrebbe non essere un buon segnale?
A spiegare la rarità del mammifero è stato il funzionario del Dipartimento di Conservazione della Nuova Zelanda, Gabe Davies, che ha dichiarato che questo tipo di balena è una tra le più grandi al mondo e tra le meno conosciute. Ci sarebbero, infatti, solo sei campioni documentati in tutto il mondo. Poiché l’esemplare neozelandese era morto da poco, potrà essere studiato.
La storia di questo esemplare è stata descritta per la prima volta nel 1874 quando, sulle isole Chatham neozelandesi furono trovati dei resti di una mascella inferiore e due denti. Altre parti di scheletro, nel corso degli anni, furono rintracciate anche in Cile. E proprio da questi ritrovamenti fu individuata la novità della specie. È tra il 2010 e il 2018 che altri resti di altri due esemplari furono rinvenuti al largo dell’Isola del Nord della Nuova Zelanda.
Non è quindi la prima volta che i resti di questa specie raggiungano le coste, ma che l’esemplare sia arrivato oggi potrebbe essere il segnale di qualcosa di più allarmante.
C’entra anche il cambiamento climatico?
Il surriscaldamento di mari e oceani ha messo a dura prova nel corso degli ultimi anni una moltitudine di specie marine. Una delle prime conseguenze è l’impatto significativo sulle specie marine, in particolare quelle rare, come appunto la balena con dente a spatola.
Il riscaldamento degli oceani, come prima cosa, va a destabilizzare gli ecosistemi di lunga data. Pesci d’acqua calda si sposteranno a nord verso le acque artiche un tempo gelide, come i pesci di d’acqua fredda non riusciranno a rintracciare un punto che sia simile al loro naturale habitat.
La migrazione delle specie animali altera anche il mercato ittico, con possibili impatti sulla sicurezza alimentare globale. Così come, l’aumento delle emissioni di gas a effetto serra nell’atmosfera, soprattutto di anidride carbonica, ha intrappolato sempre più energia solare nell’atmosfera. Questo viene immagazzinato negli oceani incidendo sugli organismi che costruiscono gusci e scheletri calcarei, come molluschi e crostacei.
Un nuovo record
È il 2022 l’anno durante il quale si è registrata la temperatura più alta degli oceani, per il settimo anno consecutivo. Il contenuto di calore degli oceani, nei primi 2 mila metri di profondità, è in continuo aumento. Inoltre, il Mediterraneo è il bacino che si conferma essere quello che si scalda più velocemente.
Secondo l’ultimo report del Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC) delle Nazioni Unite, il cambiamento climatico sta provocando impatti maggiori del previsto, come l’acidificazione delle acque. Non è quindi da escludere che il ritrovamento della specie rara in Nuova Zelanda, per quanto “proficuo” per la scoperta scientifica, rappresenta il segnale di qualcosa che continua a peggiorare nel corso del tempo facendo venire a galla anche specie di cetacei così rare.
Il Dipartimento per la Conservazione ha organizzato la rimozione della balena dalla spiaggia e sta lavorando a stretto contatto con Te Runanga o Otakou, una tribù indigena della regione, per decidere come gestire correttamente i resti della balena. Questa specie, infatti, oltre ad essere molto rara è sacra nella cultura Maori. I campioni di pelle possono essere ottenuti solo se il popolo Maori concede il permesso. Una traccia di questi campioni è all’Università di Auckland, dove i ricercatori potrebbero impiegare settimane o mesi per analizzare il DNA della carcassa e confermare la specie della balena.
Dato che le coste della Nuova Zelanda sono tra le più colpite dal numero di mammiferi marini spiaggiati (si stima siano stati più di 300 solo nel 2022), il Paese ha messo a punto un piano di salvaguardia della costa che coinvolge membri della comunità cittadina, il Dipartimento per la Conservazione e la popolazione locale Maori, ma che poco può fare contro il riscaldamento delle acque marine.