“È un reato approvare azioni che causano danni all’ambiente”: lo pensano tre su quattro

Intervistati 18 Paesi del G20 che rappresentano circa l'85% del Pil, il 78% delle emissioni di gas serra, oltre il 75% del commercio e circa due terzi della popolazione mondiale
9 Settembre 2024
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Ambientalismo Canva

Approvare o consentire azioni che causano gravi danni alla natura e al clima è un reato. Lo sostengono quasi tre persone su quattro (il 72%) intervistate in 18 Paesi tra le maggiori potenze economiche del Pianeta. Il dato emerge dall’ultimo Global Commons Survey 2024, condotto da Ipsos UK e commissionato da Earth4All e dalla Global Commons Alliance (Gca).

La ricerca segue recenti cambiamenti legislativi epocali, tra cui in Belgio, dove l’ecocidio è stato riconosciuto come reato federale all’inizio di quest’anno. Leggi correlate sono state approvate anche in Cile e Francia e progetti di legge sull’ecocidio sono stati proposti in Brasile, Italia, Messico, Paesi Bassi, Perù e Scozia, tra gli altri. Ecco cos’è emerso dal sondaggio.

Cittadini sempre più preoccupati per l’ambiente

Il sondaggio ha coinvolto 18 Paesi del G20 esclusa la Russia e ha rivelato una profonda preoccupazione tra i cittadini delle maggiori economie mondiali sullo stato attuale e sul futuro del nostro pianeta.

I Paesi coinvolti sono: Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Messico, Arabia Saudita, Sudafrica, Corea del Sud, Turchia, Regno Unito, Stati Uniti; più quattro paesi al di fuori del G20 (Austria, Danimarca, Kenya e Svezia).

Tra gli intervistati, il 59% è “molto” o “estremamente preoccupato” per lo stato attuale della natura. Un dato in leggero aumento rispetto al Global Commons Survey del 2021. Inoltre, il 69% concorda sul fatto che la Terra si stia avvicinando a punti di svolta legati ai cambiamenti climatici causati delle attività umane.

Disparità di genere nella preoccupazione ambientale

L’indagine ha evidenziato differenze di genere nella preoccupazione ambientale. Da quanto è emerso, sono le donne coloro le quali tendono a mostrare livelli di preoccupazione più elevati per lo stato della natura oggi e per le generazioni future rispetto agli uomini; il 62% delle donne è estremamente o molto preoccupato per lo stato della natura oggi, rispetto al 56% degli uomini, e il 74% delle donne ritiene che un’azione importante per affrontare i problemi ambientali debba essere intrapresa immediatamente entro il prossimo decennio, rispetto al 68% degli uomini.

Solo il 25% delle donne ritiene che molte affermazioni sui rischi ambientali siano esagerate, mentre lo pensa il 33% degli uomini. Le donne sono anche meno propense a credere che la tecnologia possa risolvere i problemi ambientali senza che gli individui debbano apportare grandi cambiamenti allo stile di vita (il 35% rispetto al 44% degli uomini).

Differenze regionali

L’indagine ha rilevato che le persone nelle economie emergenti come India (87%), Cina (79%), Indonesia (79%), Kenya (73%) e Turchia (69%) si sentono più esposte personalmente al cambiamento climatico rispetto a quelle in Europa e negli Stati Uniti.

Coloro che si percepiscono come “altamente esposti” ai rischi ambientali e climatici mostrano anche i più alti livelli di preoccupazione e urgenza per quanto riguarda l’azione per il clima. Questo gruppo è più propenso a collegare la salute umana e quella planetaria e a vedere benefici nell’affrontare le questioni ambientali.

I dati pubblicati a giugno dallo stesso sondaggio hanno evidenziato che il 71% ritiene che entro questo decennio siano necessari interventi urgenti per affrontare i rischi ambientali e ridurre le emissioni di carbonio.

Cinque gruppi di persone

Per la prima volta, il sondaggio Ipsos ha segmentato gli intervistati in base agli atteggiamenti verso la gestione del pianeta. Sono stati identificati cinque segmenti di pubblico distinti:

  • Gli attivisti e sostenitori ambientali (Planetary Stewards) è il gruppo formato da coloro che sono mossi da un forte senso di urgenza e responsabilità nei confronti dell’ambiente. Questo gruppo sostiene il cambiamento politico e economico per affrontare le sfide ambientali. Sono caratterizzati da alti livelli di preoccupazione e attivismo, con il 97% che afferma la necessità di un’azione immediata per affrontare il cambiamento climatico. Inoltre, i Planetary Stewards credono nella stretta connessione tra la salute umana e quella planetaria e tendono a mostrare un forte sostegno alle misure legali per proteggere l’ambiente.
  • Gli “ottimisti preoccupati” (Concerned Optimists) fondono un’elevata preoccupazione ambientale con l’ottimismo sul futuro. In genere supportano un’azione ambientale immediata e sono fiduciosi che affrontare il cambiamento climatico possa portare benefici estesi alle persone nel loro paese, ma mostrano ottimismo sul futuro.
  • I più progressisti (Steady Progressives) sono pragmatici e moderati nel loro approccio, cercano soluzioni equilibrate ai problemi ambientali. Tendono a riconoscere la necessità di un’azione urgente ma preferiscono riforme graduali all’interno dei sistemi esistenti.
  • Gli scettici (Climate Sceptics) respingono le preoccupazioni sul clima e sull’ambiente, tendono a opporsi alle politiche che affrontano il cambiamento climatico. Sono più propensi della media del G20 a dare priorità alla libertà individuale e all’intervento limitato del governo, e meno propensi a pensare che sia necessaria un’azione ambientale immediata o che la Terra sia vicina a punti di svolta ambientali a causa delle attività umane.
  • I “disimpegnati” (The Unengaged) mostrano una mancanza di interesse e impegno nei confronti delle questioni ambientali e politiche. Sono solitamente indifferenti alle preoccupazioni ambientali e meno propensi della media del G20 a supportare cambiamenti significativi nei sistemi politici ed economici.

Tra gli intervistati al sondaggio, i primi tre gruppi costituiscono la maggioranza (61%). Ciò segna un punto di svolta sociale, in cui più persone si preoccupano e vogliono agire per proteggere il pianeta rispetto a coloro che non lo fanno. I Planetary Stewards costituiscono i raggruppamenti più grandi in Turchia (28%), Francia (27%, il gruppo più grande insieme agli Steady Progressives), Brasile (26%) e Messico (26%, il gruppo più grande insieme agli Steady Progressives). Gli Unengaged costituiscono i gruppi più grandi in Germania, Italia, Giappone e Arabia Saudita. In tutti i Paesi, solo il 13% delle persone rientra nel gruppo Climate Sceptic, secondo i risultati del sondaggio.

Il commento dei ricercatori

“La maggioranza (72%) sostiene la criminalizzazione di azioni che consentono gravi danni al clima e ci ha sorpreso – ha affermato Owen Gaffney, co-responsabile dell’iniziativa Earth4All -: La maggior parte delle persone desidera proteggere i beni comuni globali; il 71% ritiene che il mondo debba agire immediatamente. Il nostro sondaggio dimostra che le persone nelle maggiori economie mondiali sono profondamente consapevoli dell’urgente necessità di salvaguardare il nostro pianeta per le generazioni future”.

Dello stesso parere anche Jane Madgwick, Direttore esecutivo di Gca, secondo la quale “le persone ovunque sono molto preoccupate per lo stato del nostro pianeta. La consapevolezza che siamo vicini a punti di svolta è alta, così come la preoccupazione che le priorità politiche siano altrove. Tutto si riduce a ciò che possiamo fare collettivamente per salvaguardare e ripristinare i beni comuni globali che sostengono tutta la vita sulla Terra e ci proteggono dagli impatti più gravi del cambiamento climatico. Ciò richiederà una leadership coraggiosa e uno sforzo veramente globale, collegando le azioni tra le nazioni e dal basso verso l’alto”.

“Stiamo assistendo a significativi cambiamenti di politica a favore della legislazione sull’ecocidio a livello nazionale, regionale e internazionale – ha aggiunto Jojo Mehta, co-fondatore e Ceo di Stop Ecocide International -. In particolare, all’inizio di quest’anno, l’Unione Europea ha incluso “reati qualificati” nella sua Direttiva sui reati ambientali recentemente rivista che può comprendere “condotte paragonabili all’ecocidio”. Ciò significa che gli stati membri dell’UE hanno ora due anni per recepire queste norme nella legislazione nazionale, un momento enorme sentito in tutto il mondo”.

“Sappiamo – ha aggiunto – che questo progresso a livello di politica è stato notevolmente guidato dalla richiesta diffusa della società civile. Il nuovo Global Commons Survey rende ovvio che esiste già una solida base di sostegno pubblico per questa legge. Le persone capiscono chiaramente che le forme più gravi di distruzione ambientale danneggiano tutti noi e che esiste un reale potenziale deterrente nel creare una responsabilità penale personale per i principali decisori. La prevenzione dei danni è sempre la politica migliore, che è esattamente ciò di cui si occupa la legge sull’ecocidio”.

I Paesi del G20 rappresentano circa l’85% del Pil, il 78% delle emissioni di gas serra, oltre il 75% del commercio e circa due terzi della popolazione mondiale.

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