Dalla preistoria al prêt-à-porter: arriva la borsa in pelle di T-Rex creata in laboratorio

Tre aziende vogliono ricreare la pelle del feroce dinosauro per realizzare un materiale nuovo, cruelty-free e biodegradabile, che potrà essere usato come alternativa sostenibile (e di lusso)
13 Maggio 2025
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T-Rex

Da feroce predatore del Cretaceo a borsetta di lusso: potrebbe essere questa l’incredibile parabola del Tyrannosaurus Rex. Il suo Dna, o più precisamente una sequenza sintetica ispirata a un frammento fossile, sta per essere utilizzato per produrre pelle destinata a borse, scarpe, accessori di alta gamma e, in prospettiva, anche ai rivestimenti per auto.

La novità è stata annunciata a fine aprile attraverso un comunicato congiunto firmato dall’agenzia di comunicazione VML, da The Organoid Company (azienda attiva nel campo dell’ingegneria genomica) e dal Lab-Grown Leather Ltd (operante nel settore della biotecnologia sostenibile). Le tre realtà hanno avviato una partnership con un obiettivo preciso: realizzare entro il 2025 la prima borsa in “pelle di T-Rex” coltivata in laboratorio. Un’operazione che mira non solo a stupire, ma anche ad “aprire la strada a un futuro più sostenibile ed etico per l’industria dei materiali di lusso”.

Come si ricrea la pelle di un T-Rex

Ma come si ricrea la pelle di un animale estinto ormai da 66 milioni di anni?

All’origine dell’ambizioso progetto c’è un fossile di T-Rex, molto ben conservato, rinvenuto nel 1988 in Montana (Usa), contenente un frammento di collagene. Proprio da questo frammento partiranno i ricercatori per ricreare una sequenza completa e sintetica di Dna di T-Rex.

Secondo quanto riportato nel comunicato, “utilizzando il collagene fossilizzato di T-Rex come modello, il processo produttivo prevede l’ingegnerizzazione di cellule con Dna sintetico” che verranno poi integrate in cellule di pelle coltivate in laboratorio. In questo modo, le cellule creeranno la propria struttura naturale, “dando vita a un materiale strutturalmente identico alla pelle tradizionale”. Il risultato, spiegano le tre aziende, sarà una pelle cruelty-free, biodegradabile, potenzialmente indistinguibile da quella tradizionale, e che potrà essere usata come alternativa sostenibile (di lusso).

Il materiale del futuro?

Thomas Mitchell, ceo di The Organoid Company, ha definito il progetto “un esempio straordinario di come possiamo sfruttare l’ingegneria genetica e proteica all’avanguardia per creare materiali completamente nuovi. Ricostruendo e ottimizzando antiche sequenze proteiche, possiamo progettare la pelle di T-Rex, un biomateriale ispirato alla biologia preistorica, e clonarlo in una linea cellulare progettata su misura”.

Secondo i progettisti, infatti, il prodotto che si otterrà sarà altamente performante e in grado di fornire la stessa durabilità, riparabilità e tattilità della pelle di qualità attualmente utilizzata.

Bas Korsten, Global chief creative officer di VML, ha sottolineato anche l’aspetto simbolico dell’iniziativa: “Con la pelle T-Rex sfruttiamo la biologia del passato per creare i materiali di lusso del futuro”.

In sostanza, il team sostiene che questa nuova pelle, priva di componenti animali e realizzata senza processi di concia tossici, potrebbe abbattere notevolmente l’impatto ambientale dell’industria del cuoio, eliminando al contempo la sofferenza animale e le emissioni legate agli allevamenti.

Cos’è la bioingegneria genomica

La bioingegneria genomica applicata alla de-estinzione è un campo scientifico in crescita, che esplora il recupero o la “replicazione” di tratti genetici di specie scomparse. Le tecnologie utilizzate includono:

clonazione: utilizzo di nuclei cellulari di specie estinte per creare embrioni da impiantare in madri surrogate
editing genetico (CRISPR-Cas9): modifica del Dna di specie viventi per introdurre tratti genetici di specie estinte
back-breeding: incrocio selettivo di specie attuali per ricreare caratteristiche fenotipiche di specie estinte.

Queste nuove tecnologie, tuttavia, portano con sé complesse implicazioni tecniche, etiche e ambientali. La stessa VML nel 2023 si è occupata del progetto ‘Mammoth Meatball’, che voleva ricreare una polpetta di mammut lanoso partendo da un Dna ricostruito e ‘coltivando’ la carne in laboratorio. La polpetta in effetti venne creata, ma nessuno osò mangiarla per paura che l’antica proteina fosse tossica.

Le critiche: marketing travestito da innovazione?

Nonostante il fascino mediatico della ‘pelle preistorica’, non mancano le critiche. Per molti scienziati ed esperti di bioetica, il progetto è più una strategia di marketing che veicola informazioni scientifiche inesatte, oltretutto finalizzata alla produzione di oggetti di lusso più che a un reale progresso per la ricerca. Si teme insomma che si stia banalizzando la scienza, trasformando l’estinzione in un fenomeno estetico, spettacolarizzato e consumabile.

Ci sono poi obiezioni più ‘tecniche’, legate al fatto che l’utilizzo di fossili frammentari rende l’intero processo scientificamente complesso e incerto e che la pelle di T-Rex non sarebbe realmente derivata dal dinosauro, ma una simulazione basata su una proteina ricostruita. Non da ultimi, i produttori di pellame ‘classico’ mettono in dubbio la reale qualità del nuovo materiale.

Le sfide della pelle ‘tradizionale’

D’altra parte, l’industria della pelle ha davanti a sé diverse sfide:

sofferenza animale: sebbene la pelle sia spesso un sottoprodotto dell’industria della carne, la domanda di pellami può incentivare allevamenti specifici, spesso con spazi ristretti e pratiche che sollevano preoccupazioni riguardo al benessere degli animali. Inoltre, milioni di esemplari ogni anno vengono uccisi per fornire pellame
impatti ambientali: il processo di concia, soprattutto quello al cromo, impiega sostanze chimiche tossiche che possono contaminare suolo e risorse idriche. Inoltre, la produzione di pelle richiede ingenti quantità di acqua ed energia, anche fino a 17mila litri per produrre un metro quadrato. Gli allevamenti inoltre contribuiscono sia alla deforestazione, in particolare in regioni come l’Amazzonia, sia al cambiamento climatico, attraverso le emissioni di metano, un potente gas serra.
• Infine, ci sono le questioni etiche: in molti si chiedono che diritto abbia l’uomo di appropriarsi e decidere del corpo di esseri che hanno emozioni e intelligenza per fini estetici o funzionali, dunque per scopi non essenziali.

Mentre il dibattito prosegue, in attesa di scoprire se davvero il prossimo inverno sfoggeremo una borsa in pelle di T-Rex, questa sfida biotecnologica propone una riflessione in più: che l’innovazione più audace sia quella che guarda al passato per riscrivere il futuro.

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