La regione con più densità di auto in Europa? È la Valle d’Aosta: 2.295 ogni 1.000 abitanti

La Valle d’Aosta batte tutti con 2.295 auto ogni 1.000 abitanti
22 Maggio 2025
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Auto

In un’Unione Europea che fa i conti con la transizione ecologica e i nuovi modelli di mobilità, la piccola Valle d’Aosta si è presa la scena con un dato che spicca su tutti: 2.295 autovetture ogni 1.000 abitanti. Più di due auto per persona in media, in una regione che non arriva a 125mila abitanti. A dirlo sono i dati 2023 pubblicati da Eurostat, nell’ultimo rapporto sulle statistiche regionali dei trasporti, che fotografa la motorizzazione nei 27 Stati membri e nei Paesi Efta fino al dettaglio regionale Nuts 2.

Il tasso medio europeo, per avere un termine di paragone, si attesta su 0,55 auto per abitante. Questo rende il dato valdostano non solo anomalo, ma il più alto dell’intero continente. La Valle d’Aosta batte nettamente anche la seconda classificata, la Provincia autonoma di Trento, con “appena” 1.521 auto ogni 1.000 abitanti. Una differenza che fa pensare, perché evidenzia uno scarto non solo quantitativo ma anche qualitativo: qui l’automobile è ancora al centro dell’organizzazione quotidiana, sociale ed economica.

Ci sono cause ben precise dietro a questo picco. La prima è di natura fiscale: grazie allo statuto speciale e all’autonomia tributaria, la regione applica regimi agevolati per l’immatricolazione e il possesso dei veicoli. Un incentivo evidente sia per i residenti che per aziende e soggetti che, pur non operando stabilmente in Valle, registrano qui le proprie auto. In altre parole, non tutte le vetture immatricolate vi circolano realmente.

La seconda spiegazione è strutturale. La conformazione alpina, i piccoli centri diffusi sul territorio e l’accessibilità limitata del trasporto pubblico costringono molti residenti ad affidarsi all’auto privata per qualsiasi spostamento. Qui l’automobile è strumento, non optional. E spesso ce n’è più di una per famiglia: una per lavorare, una per salire in quota, una per la città più vicina. Un modello quasi opposto a quello metropolitano. Quello valdostano, però, è anche un caso che solleva interrogativi: in che modo si coniuga una così forte dipendenza dall’auto privata con gli obiettivi climatici e ambientali europei? Per ora, il report di Eurostat suggerisce che la risposta non sia ancora arrivata. Anzi, i dati sembrano indicare un solco crescente tra le regioni che accelerano la transizione ecologica e quelle che restano ancorate al vecchio paradigma su quattro ruote.

Un’Europa a più velocità

Se la Valle d’Aosta rappresenta il vertice della motorizzazione europea, all’estremo opposto della classifica si colloca Mayotte, territorio francese d’oltremare (arcipelago dell’Oceano Indiano tra il Madagascar e la costa del Mozambico, ndr), con appena 83 auto ogni 1.000 abitanti. Un abisso di oltre 2.200 veicoli di differenza per ogni 1.000 persone. Ma anche in questo caso, la fotografia scattata da Eurostat non è solo un confronto tra chi ha più auto e chi ne ha meno: è una mappa socioeconomica d’Europa, disegnata sull’asfalto.

Le regioni con i tassi più bassi di motorizzazione si concentrano prevalentemente nel Sud-Est del continente. Quattro su dieci sono in Grecia, tra cui il Peloponneso con 206 vetture per 1.000 abitanti. Seguono Romania, Francia (Guyana francese compresa), Germania e Austria. E se sorprende trovare città come Berlino e Vienna tra le ultime della classifica (rispettivamente con 340 e 364 auto per 1.000 abitanti), la spiegazione va cercata nella forte capillarità del trasporto pubblico urbano e in politiche locali che scoraggiano l’uso del mezzo privato.

La motorizzazione, insomma, è ancora oggi un indicatore economico: più un’area è ricca, più è probabile che le famiglie possiedano un’auto. Ma non solo. Anche fattori normativi e culturali incidono. Come per la Valle d’Aosta, anche altre regioni con elevata motorizzazione beneficiano di vantaggi fiscali, come accade in alcune aree della Finlandia e della Repubblica Ceca. Allo stesso tempo, però, nelle grandi città europee – Parigi, Amsterdam, Barcellona – è sempre più forte la pressione sociale e normativa per limitare la presenza di auto nei centri.

Dal confronto storico tra il 2003 e il 2023 emerge inoltre un altro dato rilevante: nei Paesi dell’Europa orientale la crescita del numero di auto è stata molto più rapida rispetto all’Occidente. La Romania guida questa corsa, con una crescita media annua del +5,6%. In confronto, l’Italia è cresciuta solo dello 0,8% all’anno. Ciò conferma che, per molte economie emergenti dell’Est, l’auto è ancora un simbolo di sviluppo, benessere e mobilità conquistata.

Una visione, questa, che rischia però di scontrarsi con gli obiettivi del Green Deal europeo e con le sfide dell’urbanizzazione. Con l’aumento dei costi energetici e i limiti infrastrutturali, il futuro della mobilità non potrà prescindere da un riequilibrio tra veicolo privato e trasporto collettivo.

Elettrico al rallentatore

Mentre alcuni territori europei faticano ancora a contenere il numero di auto in circolazione, altri stanno lavorando per modificare la natura stessa del loro parco veicoli. La mobilità elettrica avanza, ma a velocità diseguali. Secondo i dati Eurostat, nel 2023 la regione di Flevoland nei Paesi Bassi ha raggiunto il 17,1% di auto elettriche sul totale del parco circolante. Seguono Stoccolma (10,7%), Hovedstaden in Danimarca e Utrecht, entrambe oltre l’8%.

La geografia della transizione verde è chiara: Nord Europa in testa, Sud ed Est in netto ritardo. Tra le dieci regioni con la minore presenza di auto elettriche, sei sono in Grecia, due in Polonia e due in Spagna. In queste aree, le quote sono prossime allo zero. L’Italia, ancora una volta, è assente dalle posizioni di vertice: nessuna delle sue regioni figura tra quelle più avanzate nella diffusione di veicoli elettrici.

Le ragioni sono molteplici. Dove l’auto elettrica prende piede, ci sono incentivi pubblici solidi, infrastrutture di ricarica capillari, offerte commerciali competitive e una rete stradale compatibile. Al contrario, dove mancano questi elementi, l’auto elettrica resta un lusso per pochi o una scelta impraticabile. La disparità infrastrutturale diventa quindi un ostacolo strutturale alla sostenibilità.

Eppure, in alcune regioni italiane – inclusa la stessa Valle d’Aosta – si registra un’attenzione crescente per i veicoli ibridi e per l’ammodernamento della rete stradale in chiave green. Ma il salto tecnologico richiede tempo, risorse e soprattutto coerenza nelle politiche pubbliche. Senza un piano nazionale di lungo periodo, è difficile che l’Italia possa colmare il gap con i leader europei.

Tra cargo e autobus

Se gran parte dell’attenzione mediatica si concentra sull’auto privata – tra benzina, elettrico e bonus – una parte fondamentale del sistema di mobilità europeo resta spesso ai margini del dibattito: quella rappresentata dai veicoli commerciali e dal trasporto pubblico su gomma. Eppure, sono proprio questi mezzi a sostenere la logistica delle merci e a garantire, nelle aree meno densamente popolate, il diritto alla mobilità.

Nel 2023, i dati Eurostat mettono in evidenza un quadro frammentato e tutt’altro che omogeneo. Le regioni polacche dominano nella classifica della densità di veicoli commerciali, con percentuali tra il 17,8% e il 21% del totale dei veicoli. Ma è ancora una volta la Valle d’Aosta a spiccare in modo sorprendente: la regione italiana detiene il primato europeo anche in questa categoria, con un 21,1% che riflette la sua funzione di cerniera logistica tra Italia, Francia e Svizzera, e l’alta incidenza di attività economiche che richiedono veicoli da lavoro.

Questa presenza massiccia di furgoni e camion, però, solleva interrogativi sulla sostenibilità a lungo termine: infrastrutture sufficienti? Emissioni controllate? Strategie di rinnovamento del parco mezzi? Domande ancora aperte in molte aree del continente.

Sul fronte opposto, quello del trasporto pubblico stradale, si osservano tendenze altrettanto significative. L’Europa orientale – Romania in testa – mostra uno stock proporzionalmente più alto di autobus e filobus, specie nelle aree urbane e periurbane. Segno di un modello di mobilità meno dipendente dal privato, favorito da una pianificazione più centralizzata e da vincoli economici che rendono l’auto privata meno accessibile.

Il contrasto con l’Europa occidentale – dove in molte città l’autobus è ormai un mezzo residuale, soppiantato da tram, metro o mobilità dolce – racconta un’Europa a due velocità anche nel trasporto collettivo. Una mobilità che riflette le strutture economiche e le priorità politiche locali, e che difficilmente potrà essere governata da una sola ricetta europea.

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