La Francia potrebbe fare marcia indietro sull’Area C per le auto, ovvero una zona a basse emissioni (Zfe, zones à faibles émissions) che prevede una “super tassa” per le vetture inquinanti in centro città. Il parlamento transalpino voterà se ridimensionare queste normative ambientali o rimuoverle del tutto. I critici sottolineano che una misura del genere non ridurrebbe le emissioni, ma le sposterebbe da un’altra parte e, nonostante il sì dei parigini nel referendum di marzo, anche i cittadini non sembrano gradire questa novità che rischia di avvantaggiare i più ricchi.
Le zone a basse emissioni in Francia
Le Zfe francesi rappresentano l’equivalente delle nostre Aree B e C milanesi. Introdotte nel 2019 attraverso la legge di orientamento alla mobilità, hanno imposto limitazioni crescenti alla circolazione dei veicoli più inquinanti nelle principali città con popolazione superiore ai 150.000 abitanti. Il meccanismo operativo poggia sul sistema Crit’Air, un bollino colorato che classifica i veicoli in sei categorie in base alle loro emissioni inquinanti.
Nelle metropoli principali – Parigi e Lione in testa, seguite da Grenoble e Montpellier – le restrizioni hanno raggiunto livelli significativamente stringenti. Dal primo gennaio 2025, nessuna auto diesel immatricolata prima del 2011 o a benzina precedente al 2006 può circolare in queste aree. Non una semplice limitazione, ma un vero e proprio sbarramento per migliaia di automobilisti che, di colpo, si sono visti svalutare il proprio mezzo di trasporto quotidiano. Spesso ad essere tagliati fuori sono i cittadini più poveri che non possono permettersi le auto nuove e meno inquinanti.
Il malcontento del Parlamento e delle piazze
Il malcontento ha trovato voce nelle aule parlamentari. A marzo 2025, una commissione speciale dell’Assemblea Nazionale ha votato per l’abolizione completa delle Zfe con 26 voti favorevoli, 11 contrari e 9 astensioni. Un risultato che ha sorpreso gli osservatori politici, non tanto per la posizione della destra – tradizionalmente critica verso queste misure – quanto per il sostegno trasversale ricevuto.
L’emendamento, proposto dai deputati de Les Républicains e sostenuto dal Rassemblement National di Marine Le Pen, ha raccolto consensi anche tra le file centriste, con alcuni membri del gruppo macronista che hanno votato contro la linea ufficiale del governo. Più significativa ancora è stata l’astensione di numerosi parlamentari di sinistra, solitamente paladini delle politiche ambientali.
L’impatto ambientale delle Zone a bassa emissione
Se sul piano politico le Zfe traballano, i dati scientifici dipingono un quadro più complesso. Secondo le ricerche condotte da AirParif, l’agenzia per il monitoraggio della qualità dell’aria nella regione parigina, queste zone hanno prodotto risultati tangibili. Nell’Île-de-France, le zone a basse emissioni hanno ridotto del 3% le emissioni di particolato fine Pm2.5 – microscopiche particelle che penetrano in profondità nei polmoni, responsabili di circa 40.000 decessi annui in Francia. Un contributo modesto ma significativo, considerando che queste restrizioni riguardano solo una porzione del parco veicoli circolante.
Più marcato l’impatto sugli ossidi di azoto, inquinanti gassosi legati principalmente ai motori diesel che provocano circa 7.000 morti ogni anno. Le emissioni di questi composti generate dal traffico stradale sono calate del 42% nella regione parigina, almeno per il 6% grazie alle Zfe. Queste sostanze non solo sono direttamente nocive, ma fungono da precursori per la formazione di ozono e particolato secondario, moltiplicando così il loro impatto sulla salute pubblica.
I costi eccessivi delle auto e la frattura sociale
La matematica delle emissioni si scontra però con quella del portafoglio. In Francia, il costo medio di un’auto nuova supera i 26.000 euro, mentre un veicolo elettrico usato raramente scende sotto i 15.000 euro. Cifre proibitive per molte famiglie francesi, specialmente nelle aree periurbane dove il trasporto pubblico rimane insufficiente.
Questa frattura emerge chiaramente nelle mappe della mobilità francese. Nelle aree suburbane di Parigi, la percentuale di veicoli non conformi alle Zfe supera il 35%, contro il 15% delle zone centrali. Non sorprende che le manifestazioni più accese contro queste misure siano partite proprio dalle cinture periferiche delle grandi città.
Il governo ha tentato di mitigare questo impatto sociale offrendo incentivi per la sostituzione dei veicoli inquinanti, ma i fondi stanziati – circa 1,2 miliardi di euro nel biennio 2023-2024 – sono stati rapidamente esauriti, lasciando migliaia di richieste inevase. Inoltre, gli incentivi coprono raramente più del 40% del costo di un veicolo nuovo, e l’investimento resta proibitivo per molte famiglie.
Il trasporto pubblico, ovvero il grande assente nel dibattito
La vera debolezza della strategia francese risiede nella mancata integrazione tra politiche di restrizione veicolare e potenziamento del trasporto pubblico. Mentre città come Londra o Stoccolma hanno accompagnato l’introduzione di zone a basse emissioni con massicci investimenti in metropolitane, autobus e piste ciclabili, la Francia ha proceduto in modo disomogeneo.
I numeri confermano questa disparità: nelle aree metropolitane francesi, la frequenza media del trasporto pubblico in periferia è tre volte inferiore rispetto alle zone centrali. La rete ciclabile, sebbene in espansione, copre principalmente le aree turistiche e residenziali di pregio, lasciando scoperte le zone industriali e commerciali dove si concentrano i posti di lavoro.
La sostenibilità deve essere anche economica
L’esperienza francese offre preziosi insegnamenti per tutte le città europee alle prese con il dilemma dell’inquinamento urbano. Le Zone a basse emissioni possono effettivamente migliorare la qualità dell’aria, ma la loro sostenibilità sociale dipende da un approccio olistico alla mobilità urbana.
Alcune città europee stanno già esplorando modelli alternativi. Vienna, ad esempio, ha introdotto un “pass mobilità” che offre ai residenti delle zone periferiche accesso illimitato al trasporto pubblico a tariffe fortemente agevolate, in cambio della limitazione volontaria dell’uso dell’auto privata. Barcellona ha creato “corridoi verdi” che collegano le periferie al centro città con linee di autobus elettrici ad alta frequenza, operativi 24 ore su 24.
L’esempio più innovativo arriva però da Helsinki, dove il concetto di “mobilità come servizio” permette ai cittadini di acquistare pacchetti mensili che includono trasporto pubblico, car sharing, bike sharing e un numero limitato di accessi in auto privata alle zone centrali, con tariffe calibrate in base al reddito familiare.
Il futuro delle Zfe francesi rimane incerto. L’emendamento per la loro abolizione deve ancora completare l’iter legislativo e il governo mantiene la possibilità di intervenire. Ma al di là del destino specifico di queste zone, la vera sfida per la Francia – e per l’Europa intera – sarà trovare il giusto equilibrio tra la necessaria tutela dell’ambiente e il rispetto dei principi di equità sociale.