Cambiamento climatico, così fa schizzare i prezzi al dettaglio di frutta e verdura: lo studio

La ricerca evidenzia come con questi aumenti si aggravano le disuguaglianze sociali e l‘instabilità economica
24 Luglio 2025
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Il caldo aumenta, i prezzi del cibo pure. Il dossier pubblicato su Environmental Research Letters 2025 rivela che l’aumento dei prezzi alimentari è diventato “il secondo impatto del cambiamento climatico più frequentemente citato a livello globale, subito dopo il caldo estremo stesso”. I cittadini sono sempre più consapevoli dei cambiamenti climatici e l’allerta sale quando le conseguenze toccano il portafoglio.

Contestualmente un’indagine di Youtrend certifica il crescente sconforto degli italiani nei confronti delle azioni messe in campo dalla politiche e dalle aziende, ritenute insufficienti e in calo rispetto agli ultimi anni.

La correlazione con i prezzi al consumo è dimostrata dai numeri: “documentiamo diversi esempi degli ultimi anni in cui i prezzi dei generi alimentari hanno registrato picchi in risposta a ondate di calore, siccità e precipitazioni estreme”, scrivono gli autori del dossier “Climate extremes, food price spikes, and their wider societal risks”.

La insostenibilità ambientale provoca una maggiore frattura sociale: l’aumento dei prezzi alimentari comporta un aumento delle disuguaglianze economiche e del carico sui sistemi sanitari arrivando fino alla “destabilizzazione dei sistemi monetari e politici”, spiega lo studio.

Gli autori hanno riunito casi segnalati dai media in cui i prezzi alimentari sono aumentati in seguito a estremi climatici in diversi Paesi. I risultati esposti di seguito si basano su interviste a produttori locali, consumatori ed esperti del settore considerando solo casi ampiamente riportati da diverse fonti e per i quali erano disponibili statistiche ufficiali governative sui prezzi alimentari.

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I principali effetti del cambiamento climatico sui prezzi dei beni alimentari – Fonte: Climate extremes, food price spikes, and their wider societal risks

I risultati dello studio

Nel 2024, qualsiasi tipo di evento estremo (siccità, ondate di calore, alluvioni) ha superato i precedenti storici antecedenti il 2020. Le ondate di calore registrate nell’Asia orientale hanno portato a temperature mensili senza precedenti in quasi tutta la Corea del Sud e il Giappone e in gran parte della Cina e dell’India. Le statistiche governative indicano che questi eventi hanno causato “aumenti sostanziali del prezzo del cavolo coreano (70% più alto a settembre 2024 rispetto a settembre 2023), del riso giapponese (48% più alto a settembre 2024 rispetto a settembre 2023), e dei prezzi complessivi delle verdure in Cina (aumento del 30% tra giugno e agosto)”. In Kashmir il caldo estremo e la siccità stanno mettendo a rischio la salute dei residenti e le coltivazioni di riso.

Gli effetti toccano anche l’Occidente: la siccità senza precedenti in California e Arizona nel 2022 ha contribuito a un aumento dell’80% in un anno dei prezzi dei produttori di verdure statunitensi entro novembre dello stesso anno. In Spagna, terra che produce oltre il 40% dell’olio d’oliva mondiale, le siccità che ha colpito l’Europa meridionale tra il 2022 e il 2023 ha fatto crollare la produzione e aumentare il prezzo dell’olio del 50% in tutta l’Unione europea entro gennaio 2024. Il tutto considerando che i prezzi erano già saliti l’anno precedente.

Cacao e caffè tra i prodotti più colpiti

Particolarmente impressionante è il caso del cacao. Ghana e Costa d’Avorio producono quasi il 60% del cacao mondiale, e le temperature senza precedenti registrate nella maggior parte di entrambi i Paesi nel febbraio 2024, unite a una siccità prolungata nell’anno precedente, hanno portato a un aumento dei prezzi globali del cacao di circa il 300% entro aprile 2024 rispetto all’anno precedente.

Effetti simili sono stati osservati per il caffè, con ondate di calore e siccità in Vietnam e Brasile nel 2024 che hanno fatto schizzare i prezzi internazionali.

I rincari e la povertà alimentare

La ricerca evidenzia come questi aumenti di prezzo non siano solo un problema economico, ma un catalizzatore di rischi sociali più ampi.

Le famiglie più povere si trovano costrette a:

  • Spendere la stessa cifra, ma acquistare meno;
  • Spendere la stessa cifra, ma acquistare prodotti più economici (tipicamente eliminando cibi nutrienti come frutta e verdura, che sono fonti più costosi);
  • Aumentare la spesa alimentare con effetti a catena su altre spese essenziali

Inoltre, il fatto che i rincari maggiori si verifichino nei Paesi più caldi, e tipicamente più poveri, amplifica il divario tra ricchi e poveri. “Negli Stati Uniti – riporta lo studio – la fascia di reddito più bassa spende circa il 33% del reddito in cibo rispetto all’8% della fascia più alta”.

L’aumento dei prezzi spinge le famiglie più povere verso soluzioni più economiche ma meno salubri, aumentando i rischi di sviluppare patologie, soprattutto nei più piccoli. In Italia la correlazione tra povertà economica e povertà alimentare ha tenuto banco due anni fa, dopo le parole del ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida, secondo cui “i poveri spesso mangiano meglio” perché acquistano direttamente dal produttore.

Le conseguenze sulla salute pubblica

Le ricadute sul sistema sanitario sono una logica conseguenza: “Con le malattie legate all’alimentazione che causano più morti di qualsiasi altro fattore di rischio, gli aumenti di prezzo indotti dal clima potrebbero quindi esacerbare una serie di esiti sanitari, dalla malnutrizione e le relative complicanze (specialmente tra i bambini, che hanno specifici bisogni nutrizionali) a una serie di malattie croniche legate all’alimentazione come le cardiopatie, il diabete di tipo 2 e molti tumori”, spiega lo studio. L’insicurezza e le cattive abitudini alimentari hanno conseguenze anche sulla salute mentale, stressando la sanità pubblica da più fronti.

Sul fronte monetario, la situazione è altrettanto preoccupante. “I mandati delle banche centrali per la stabilità dei prezzi potrebbero diventare sempre più difficili da rispettare se eventi meteorologici estremi più frequenti rendono i prezzi alimentari meno stabili”, avvertono i ricercatori.

Le allarmanti prospettive future

Il Niño 2023/24 ha probabilmente giocato un ruolo nell’amplificare numerosi di questi estremi, ma la loro crescente intensità e frequenza “è in linea con gli effetti attesi e osservati del cambiamento climatico”. Non solo: “Con le politiche e le azioni attuali che porteranno a un riscaldamento globale compreso tra 2,2°C e 3,4°C rispetto ai livelli preindustriali, condizioni senza precedenti sono destinate a diventare sempre più comuni in tutto il mondo”, ammonisce lo studio.

In Italia, e nel resto del mondo, le coltivazioni stanno cambiando rapidamente, ma per ora l’economia regge. Senza una inversione di rotta, gli effetti peggiori arriveranno nei prossimi anni, quando “nuovi record per condizioni estreme continueranno a essere stabiliti, sempre più lontani da quelli a cui la produzione agricola e i sistemi economici sono attualmente adattati”, evidenziano i ricercatori.

Per approfondire: Come il surriscaldamento climatico sta cambiando le colture in Italia

Eppure, qualcosa si può fare.

Cosa si può fare per evitare un aumento incontrollato dei prezzi

I ricercatori partono da un assunto noto ma fondamentale: “il principale strumento per ridurre i rischi è ridurre le emissioni di gas serra e limitare il riscaldamento globale in linea con gli obiettivi concordati a livello globale”. Tuttavia, il trend attuale non lascia presagire miglioramenti climatici all’orizzonte. In questo contesto, sottolineano gli autori dello studio, l’aspetto su cui si può agire concretamente sono le politiche sociali: non ridurre il surriscaldamento (che resta la strada più auspicabile ma utopistica), bensì aiutare economicamente le persone povere ed evitare che collassino sotto il peso dell’inflazione. Le linee guida dello studio prevedono:

  • Previsioni climatiche stagionali e pluriennali per offrire un allarme precoce sull’esposizione a breve termine a estremi climatici e sui loro impatti sui raccolti;
  • Informazioni tempestive sulle condizioni climatiche per consentire ai produttori di ottimizzare la scelta delle colture o la pianificazione e limitare gli impatti del surriscaldamento. “Le previsioni climatiche hanno persino una certa capacità di prevedere i prezzi di specifiche materie prime, il che potrebbe rivelarsi sempre più utile a livello finanziario e governativo”, scrivono i ricercatori;
  • Informazioni tempestive in modo da dare alle banche e ai governi più tempo per adottare misure che limitino gli effetti a valle dei prezzi alimentari.

“La ricerca – concludono gli autori dello studio – deve concentrarsi sul tracciare gli impatti tra i settori per quantificare questi rischi, cruciali per sostenere le decisioni e le politiche necessarie per affrontarli attivamente”.

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