Viene prima la soddisfazione lavorativa o quella personale? La questione, non banale, è oggetto di uno studio pubblicato lo scorso febbraio sul Journal of Organizational Behaviour, che ha analizzato i dati di oltre 160mila persone tra Stati Uniti, Germania e Australia.
I ricercatori hanno confermato che soddisfazione lavorativa (Job satisfaction, JS) e soddisfazione di vita (Life satisfaction, LS) non solo sono strettamente interconnesse, ma evolvono e si plasmano a vicenda nel tempo. In sintesi, lo studio dimostra che:
- le persone generalmente più soddisfatte della loro vita tendono a essere anche più felici sul lavoro: la LS predice la JS molto di più del contrario (+32%)
- i cambiamenti nella LS si riflettono nella sua futura JS, raggiungendo il picco intorno a 17,2 mesi (nel confronto tra le persone) e 8,2 mesi (all’interno del singolo individuo). In quest’ultimo caso, la predominanza della soddisfazione di vita scende dal 32% all’8%.
Il benessere come risorsa
Lo studio parte dall’assunto che il benessere sia una risorsa fondamentale, che come le altre può essere conservata o investita. Per risorsa si intende qualsiasi oggetto, condizione, caratteristica personale o energia percepita dall’individuo come utile al raggiungimento dei propri obiettivi.
In base alla Conservation of Resources Theory (COR), richiamata dalla ricerca, il benessere di un individuo influenza come questi percepisce il mondo. Nel dettaglio, quando gli individui possiedono livelli più elevati di benessere è più probabile che percepiscano il proprio ambiente come più ricco di opportunità, e siano più inclini ad impegnarsi in attività che promuovono la crescita.
Specularmente, un benessere inferiore può portare la persona a prestare attenzione selettivamente agli aspetti negativi e alle potenziali minacce, limitando la capacità anche solo di considerare azioni che possano facilitare il benessere.
Non solo, ma siccome la paura di perdere risorse ha un impatto maggiore rispetto al potenziale di guadagno, gli individui meno felici potrebbero essere più propensi a cercare di preservare le risorse rimanenti, adottando comportamenti di ritiro ed evitamento per non correre rischi.
La paura della perdita restringe ulteriormente il benessere
La cosa peggiore è che questi due meccanismi si rinforzano, attraverso le spirali di guadagno e perdita. In pratica, chi sente di avere meno benessere agisce in modo conservativo, andando a ridurre sempre di più la gamma delle azioni possibili, il che a sua volta peggiora il benessere e la proattività, in un crescendo negativo detto appunto spirale di perdita.
Al contrario, le spirali di guadagno creano un ciclo di soddisfazione crescente: gli individui si impegnano in attività (di lavoro o di vita) che supportano il loro benessere attuale e così facendo contribuiscono alla loro felicità futura e alla loro base di risorse, il che amplia la gamma di azioni che potrebbero prendere in considerazione per migliorare e così via di rinforzo.
Come la soddisfazione di vita influenza quella lavorativa e viceversa
Nel concreto, gli individui con livelli più elevati di soddisfazione di vita saranno più inclini ad allocare le proprie risorse verso attività che migliorano la loro soddisfazione lavorativa, come il job crafting (che richiede molte risorse per migliorare l’esperienza professionale complessiva) o la creazione di relazioni sociali di valore. Ma anche la JS influenza la LS, sebbene con meno forza: chi è infelice al lavoro (scarse risorse) potrebbe essere meno propenso a impegnarsi nel tempo libero in attività ricreative o di recupero dallo stress, perdendo occasioni per acquisire un maggior benessere e rinforzando la spirale di perdita.
Chi è più soddisfatto lavorativamente, invece, è più propenso ad acquisire risorse – come un umore migliore, maggiore energia e autoefficacia – che si riversano nella vita extra-lavorativa migliorandola. Ad esempio, le persone possono dedicarsi all’esercizio fisico, ad attività sociali o ad hobby, costruendo ulteriormente risorse e migliorando il benessere con effetti a lungo termine.
Soddisfazione di vita e soddisfazione lavorativa: una relazione che dura nel tempo
Un altro punto interessante dello studio è che le cose cambiano nel tempo, comprese le spirali di guadagno e perdita. Intanto, gli effetti positivi si sviluppano più lentamente mentre quelli negativi si intensificano più rapidamente, plasmando i risultati sia a breve che a lungo termine.
Quello che hanno riscontrato i cercatori è che questi effetti raggiungono un apice e poi diminuiscono anche se non forniscono tempistiche per i due fenomeni. Ciò avviene perché, man mano che gli individui investono ripetutamente in attività che promuovono il benessere, si adattano ai benefici di tali investimenti, riducendone l’impatto nel tempo. Inoltre, le persone cambiano priorità, obiettivi e modalità di investimento delle risorse, portando dunque a modifiche negli effetti.
Ad esempio, con l’avanzare dell’età cambiano le decisioni su dove investire le proprie risorse. I giovani tendono a concentrarsi su obiettivi come l’avanzamento di carriera e l’accumulo di conoscenze o competenze, in linea con la soddisfazione lavorativa a lungo termine. Più avanti, l’attenzione si sposta verso esperienze emotivamente significative, come trascorrere del tempo con i propri cari o dedicarsi ad attività appaganti nel tempo libero, con conseguente indebolimento della relazione tra LS e JS.
Ma dunque, è la LS a trainare la JS o viceversa? O sono sullo stesso piano? I risultati indicano che la soddisfazione di vita predice con maggiore forza (+32%) la futura soddisfazione lavorativa nel tempo rispetto al contrario, non solo nel confronto tra le persone ma anche nella stessa persona nel tempo.
Cosa significa tutto questo per le aziende?
Tutto questo ha ricadute pratiche, anche per le aziende. La ricerca suggerisce che:
- gli sforzi per migliorare una forma di benessere (di vita o lavorativo) avranno implicazioni per l’altra
- i risultati non sono immediati
- politiche aziendali che considerano il dipendente nella sua interezza sono più efficaci.
Questo implica investire in:
- programmi di benessere olistico
- flessibilità oraria e work-life balance.
- opportunità di crescita e job crafting.
- supporti psicologici e di sviluppo personale.
Trascurare il benessere dei dipendenti può innescare spirali negative che si autoalimentano, generando demotivazione, stress, calo della performance e turnover: la soddisfazione di vita emerge così come una leva strategica.
Insomma, se la domanda iniziale era se venga prima la soddisfazione lavorativa o quella personale, per la scienza è la vita a trainare. Ma entrambe sono necessarie per far funzionare l’equazione del benessere.