Sostenibilità, Minozzi (Iris Ceramica Group): “Se non investiamo oggi destinati a sparire domani”

Le aziende sono organismi viventi che sopravvivono solo se si adattano ai cambiamenti. Federica Minozzi spiega all'Adnkronos perché investire nell'ambiente è più che mai necessario
17 Giugno 2024
8 minuti di lettura
Edificio sostenibile
Edificio sostenibile

Le aziende sono organismi viventi che sopravvivono solo se si adattano ai cambiamenti, nel loro caso del mondo economico certamente, ma anche culturale e sociale. La pensa così Federica Minozzi, ceo di Iris Ceramica Group, con la quale Adnkronos ha parlato a lungo di sostenibilità e sfide ambientali, di sopravvivenza delle imprese e dell’essere umano, oltre che di gender gap e capitale umano.

Economia uguale ecologia”: questa l’equazione coniata sessant’anni fa da Romano Minozzi, fondatore di Iris Ceramica Group. Un’equazione lungimirante ai tempi e attualissima ancora oggi, in un momento in cui l’economia, intesa come sistema capitalistico, è vista – ed è – il principale problema per l’ambiente, e di conseguenza per la sopravvivenza stessa dell’uomo.

Ce lo conferma Minozzi: “L’equazione di mio padre è ancora valida così come creata negli anni Sessanta, ancora più di allora. A quei tempi era proprio un pioniere, c’era poca comprensione anche perché c’era poca consapevolezza. Oggi c’è maggiore consapevolezza e io mi trovo spesso anche nei convegni a fare presente che gli investimenti in sostenibilità ambientale non devono essere considerati come una forma di charity o un pezzo marchettaro, ma sono veramente uno dei fattori critici per la sopravvivenza delle aziende”.

Mercato e finanza vanno verso la sostenibilità, le aziende devono adeguarsi

Aziende che per sopravvivere devono adattarsi ai cambiamenti in corso, continua Minozzi: “Oggi le nuove generazioni, in particolare la generazione Z, sono particolarmente informate e fanno scelte estremamente consapevoli: tra il 70 e l’80% di loro, a seconda dei sondaggi, fa scelte prima di tutto etiche, sono disposti anche a fare sacrifici economici per premiare le aziende più responsabili, in primis sull’aspetto della sostenibilità ambientale e poi anche sulla sostenibilità sociale. Addirittura boicottano attraverso i social le aziende che a loro avviso non si comportano bene o mandano messaggi ingannevoli come il green washing. Siccome questa generazione intorno al 2030-35 avrà più potere d’acquisto dei Millennials, dobbiamo stare molto attenti perché poi l’inversione dei processi produttivi, soprattutto nelle aziende manifatturiere, richiede diversi anni; quindi, se non investiamo oggi nella sostenibilità ambientale siamo destinati a sparire domani dal sistema economico perché verremo puniti, dai consumatori ma non solo”.

Anche il mondo della finanza infatti si sta muovendo, sottolinea la manager: “Sta andando verso sistemi premianti per le aziende che mettono in campo piani seri e professionali in ambito ESG. Ci sono anche direttive europee che impongono alle banche di valutare il rischio delle aziende che non investono e non hanno programmi seri di investimenti in ESG nei prossimi dieci anni, perché sono ritenute molto più a rischio di ottenere performance basse e di fallire. Quindi quando i prestiti vanno alle aziende valutate come virtuose, questo crea una spinta molto forte del mercato verso questo tipo di comportamenti”.

Cosa significa tutelare l’ambiente in un settore energivoro

Ma andando nel concreto, cosa significa tutelare l’ambiente in un settore come quello della ceramica che è considerato energivoro, Hard to Abate?

Risponde Minozzi: “Secondo me ci sono diversi aspetti su cui si può lavorare, uno è sicuramente quello della riduzione della energia fossile necessaria per far andare le nostre fabbriche, questo si può ottenere in diversi in diversi modi. Uno è migliorare l’efficienza delle macchine e dei processi produttivi, un percorso che abbiamo intrapreso da anni e che ci ha consentito di risparmiare più di 4000 tonnellate all’anno di emissione di Co2. Per esempio la fabbrica H2 è un progetto per l’autoproduzione di idrogeno verde su cui lavoriamo da tre anni. Abbiamo da poco ricevuto il primo elettrolizzatore, il resto dell’impianto era già ‘in casa’, quindi intorno alla metà di giugno inizieremo ad autoprodurre il nostro idrogeno. Per cui utilizzeremo l’energia elettrica prodotta dai pannelli fotovoltaici che abbiamo installato sul capannone, l’acqua piovana nelle cisterne realizzate sotto alla fabbrica e così creeremo un idrogeno veramente sostenibile perché da fonti rinnovabili”.

Per avere un’idea dell’impatto del progetto, che ha visto un investimento di 50 mln di euro, la H2 Factory realizzata a Castellarano (Reggio Emilia) grazie a un accordo con Edison Next, prevede una produzione di idrogeno verde pari a circa 132 tonnellate l’anno, che permetterà di abbattere circa 500mila metri cubi di metano all’anno e consentirà già da subito di evitare circa 900 tonnellate di Co2 all’anno.

Altro aspetto fondamentale è quello della circolarità, evidenzia la ceo di Iris Ceramica Group: “Abbiamo investito un paio di anni fa in una ricerca importante per rendere la ceramica smantellabile senza distruggerla, realizzando un sistema di posa magnetica che ci permette di attaccare la nostra ceramica e poi di recuperarla alla fine del suo ciclo di vita ed eventualmente anche di trasformarla in qualche modo, per esempio per creare degli oggetti d’arredo e rimetterla sul mercato creando anche valore aggiunto”.

Innovazione e tradizione

E se l’innovazione è fondamentale, è anche importante mantenere la tradizione, recuperando e valorizzando la nobiltà della ceramica, che è un materiale storico. “Nel senso che ha accompagnato l’uomo fin dalla scoperta del fuoco sia per usi funzionali che artistici, basti pensare al vasellame cinese o greco ma anche all’Inghilterra dove – ricorda Minozzi – produrre ceramica era una concessione della famiglia reale proprio perché si doveva garantire la qualità di un materiale che era considerato estremamente prestigioso”.

La tradizione di certo non manca a Sassuolo, dove nasce Iris Ceramica Group: una tradizione che parte dall’argilla e dalle terre locali. La ceramica è una materia molto versatile, facilmente igienizzabile, resistente, ed estremamente sostenibile, perché di fatto è l’unione di argilla e di terre, componenti molto naturali che vengono compattate con alte pressioni e poi vetrificate. Per la manager “dobbiamo assumere un approccio mentale che è quello di vedere la ceramica non come un prodotto finito da mettere nei bagni ma come una materia. La visione che ho dato all’azienda è reingegnerizzare la ceramica per migliorare in qualche modo il mondo e realizzare soluzioni che migliorino l’interazione tra l’uomo e l’ambiente circostante”.

Ne è un esempio l’applicazione Active Surfaces, un misto di biossido di titanio e argento che rende la ceramica sia anti-inquinante, in quanto riduce gli ossidi di azoto e altre sostanze, sia al tempo stesso antibatterica, antivirale e autopulente. Ne è un altro esempio l’uso espressivo della ceramica, fuori dagli schemi di pensiero abituali, come quando l’azienda ha realizzato un mega puzzle a San Pietroburgo con 3700 lastre personalizzate ad hoc.

Germania, Usa, Italia: approcci diversi alla sostenibilità

Tornando alla sostenibilità, l’azienda ha stabilimenti produttivi in Germania e negli Stati Uniti, e Minozzi nota differenze di approccio importanti: “Oggi la Germania è il Paese più avanti in questo campo tra quelli super industrializzati, ha tantissime industrie Hard to Abate e ha un fortissimo commitment alla transizione energetica”. Il governo tedesco, ci racconta la manager, ha pianificato investimenti per oltre 20 miliardi di euro da qua al 2045 per arrivare ad abbattere drasticamente le emissioni carboniche, creando un grosso parco eolico nel Mar Baltico che alimenterà dei grandi elettrolizzatori che producono idrogeno, che verrà poi distribuito attraverso una rete di idrogenodotti. Quindi la Germania a livello di Stato prevede di produrre l’idrogeno come forma alternativa ai combustibili fossili e di fornirlo alle aziende che lo utilizzeranno.

“La Germania è davvero a una visione di lungo periodo a livello di sostenibilità anche di investimenti statali e noi, per esempio, abbiamo i tetti della nostra fabbrica tedesca già completamente rivestiti di pannelli fotovoltaici da vent’anni e abbiamo un progetto per inserire una grossa pala eolica nel nostro complesso. È un investimento importante perché sono dieci milioni di euro, ma col risparmio energetico dovremmo essere in grado di ripagarlo in 3-4 anni, quindi diciamo che stiamo su una cultura molto favorevole”.

Per quello che riguarda l’America invece è un altro paio di maniche, nel senso che si parla di un Paese “spaccato in due per quello che posso vedere io: c’è una fascia di popolazione o anche di imprenditoria poco propensa agli investimenti in sostenibilità perché li vedono ancora come un costo più che come un investimento, e c’è una parte che oggi è rappresentata anche dal Presidente o dall’amministrazione in carica, ma soprattutto da una fascia culturale importante – architetti, designer e grandi istituzioni culturali – molto impegnata nello spingere un’educazione alla sostenibilità. È una situazione un po’ a macchia di leopardo”, spiega Minozzi.

E in Italia? Continua la manager: “E’ una situazione difficile da comprendere perché noi abbiamo assolutamente la necessità, sia per motivi oggettivi di dipendenza dal gas o dal petrolio altrui sia per questioni di sostenibilità, di investire nella produzione di energia alternative, però sappiamo che siamo un Paese complesso dal punto di vista burocratico ma anche per l’aspetto, per esempio, della produzione dell’energia nucleare che è vietata. C’è una situazione in cui la parte politica deve impegnarsi attivamente per valutare dei programmi legislativi e anche di investimenti di lungo respiro per fare veramente una transizione energetica. Ad oggi ancora non sto vedendo questo tipo di impegno, speriamo che dopo le elezioni europee si prenda in mano seriamente questa questione perché è fondamentale, secondo me, per il benessere del sistema Italia”.

In sostanza, per Minozzi, “ci collochiamo più a livello degli Stati Uniti, ma noi facciamo parte del sistema Europa quindi, inevitabilmente, dovremo recepire le direttive europee nel giro dei prossimi anni ed è inevitabile che a livello legislativo qualcosa dovremo fare rispetto magari all’America che è autoregolante. Però non vedo tutta questa sensibilità. Anche a livello imprenditoriale mi trovo spesso a percepire una visione della sostenibilità più come un’imposizione inevitabile, quasi un fastidio, c’è ancora una certa negatività. Poi noi italiani un po’ abbiamo questa cultura per cui se qualcuno ci impone qualcosa tendiamo a trovare sempre una via d’uscita. Secondo me in questo caso dobbiamo lavorare tutti insieme, politica, imprenditoria, università, per diffondere una cultura che è fondamentale: non possiamo continuare a distruggere il mondo, perché poi distruggiamo noi stessi. Va proprio vista come un’opportunità e in ogni caso è una strada inevitabile, non perché venga imposta dalla legge ma perché è il mondo che va là”.

Il ruolo del Bilancio di sostenibilità e delle aziende

Una delle future ‘imposizioni’ sarà il Bilancio di sostenibilità, che dal 2026 diventa obbligatorio per le aziende, da allegare la bilancio economico regolare e con annesse responsabilità penali. Iris Ceramica Group ha iniziato da qualche anno a stilare il proprio, e Minozzi ha riscontrato un effetto positivo: “Ci costringe oggettivamente a fare i conti a fine anno con dei numeri, quindi se stiamo ottenendo risultati in termini di miglioramento della sostenibilità rispetto agli investimenti”.

Al momento molte aziende lo redigono più come forma di marketing, tanto che la Minozzi stessa è stata criticata “per aver messo dei numeri che non hanno un grande appeal, oppure erano meno buoni o meno belli di quello che dice la concorrenza. Ma la differenza sta sempre tra il green washing e cercare di essere trasparenti in quello che si fa. Se hai detto delle bugie o hai voluto mostrarti meglio, hai voluto nascondere qualche numero, poi alla fine le cose vengono fuori, quindi io credo che a un certo livello la trasparenza paghi sempre. Nel momento in cui io sono consapevole che sto facendo il meglio possibile con gli investimenti che metto e con le tecnologie che oggi sono a disposizione sul mercato, non ho paura di far vedere i numeri per quello che sono, anche perché comunque ho un percorso dove si vedrà anno per anno che quei numeri vanno a migliorare”.

È chiaro, continua, che “se vedi un bilancio di marketing come una forma di comunicazione metterai solo le aree dove sei particolarmente virtuoso oppure maschererai con una cosa che adesso funziona molto – e che dal 2026 sarà vietato per legge, è una forma di green washing molto strisciante e molto diffusa -, che è quella di compensare le emissioni comprando alberelli che poi verranno piantati. E poi uno dice ‘sono net Zero’, ma mica tanto. Io produco anidride carbonica, poi provo a compensare pagando per le mie emissioni, ma questo non ci salva dal morire”.

Le aziende e la loro visione insomma hanno un ruolo importantissimo, sostiene Minozzi: “Credo che le aziende oggi debbano portare avanti dei valori etici e diffonderli con una forte comunicazione per creare un network anche con i propri fornitori nell’ambito sia della sostenibilità che degli aspetti sociali della parità di genere, perché questo genera un circolo virtuoso che porta poi tutta la società a fare un salto importante”.

Un salto sempre più necessario.

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