Shein usa modello Ai di Luigi Mangione: camicia sold out in poco tempo, ma a che prezzo?

L’azienda cinese ha annunciato un’indagine interna
8 Settembre 2025
4 minuti di lettura
Shein Luigi Mangione Modello Ai
L'immagine comparsa (e poi rimossa) sul sito di Shein

Shein non finisce di sorprendere. Dopo le recenti multe per greenwashing da parte dell’Antitrust italiana per un milione di euro e i 150 milioni di euro comminati dalla Francia per violazione delle regole sui cookie, il colosso cinese dell’ultra-fast fashion è ora al centro di una nuova controversia che mescola tecnologia, diritti d’immagine e questioni etiche. Il caso riguarda l’utilizzo di un modello, generato dall’intelligenza artificiale, che ha le sembianze di Luigi Mangione, l’ingegnere italoamericano accusato di aver ucciso il Ceo di UnitedHealthcare, Brian Thompson, nella mattina del 4 dicembre scorso.

La procura ha già annunciato che, in caso di condanna, chiederà la pena di morte per il 27enne, che attualmente si trova in carcere in attesa di processo. La questione non ha impedito di utilizzare il “suo” volto come modello per pubblicizzare una camicia bianca a maniche corte. Shein ha annunciato che ci sarà un’indagine interna e ha cancellato la foto incriminata dal sito. Intanto, però, il capo è andato (quasi) sold out.

La pubblicità che è durata un battito di ciglia, ma comunque troppo

La campagna pubblicitaria è stata tanto breve quanto imbarazzante. Secondo uno strumento di riconoscimento facciale utilizzato da Bbc, la foto utilizzata sul sito ha un punteggio di somiglianza del 99,9% rispetto a una foto reale di Mangione in tribunale.

“L’immagine è in bassa risoluzione, ma ci sono alcuni segnali che potrebbe essere generata o manipolata dall’Ai”, ha affermato Henry Ajder, esperto di intelligenza artificiale generativa.

L’azienda cinese ha dichiarato che l’immagine era stata caricata da un venditore terzo, scaricando la responsabilità su fornitori esterni ma promettendo controlli più severi sui contenuti.

Intanto, sui social si scatena la polemica: “Shein che usa immagini Ai di Luigi Mangione sul loro sito per fare da modello ai vestiti (pazzesco anche solo da scrivere) è davvero diabolicamente assurdo”, scrive un utente su X. Un altro utente aggiunge: “I venditori su Shein farebbero qualsiasi cosa per attirare attenzione”.

L’AI come strumento di violazione: per Shein non è la prima volta

Il caso del modello “Mangione” non rappresenta un episodio isolato nel rapporto problematico tra Shein e l’uso dell’intelligenza artificiale. L’azienda era già stata accusata di utilizzare algoritmi Ai per identificare opere popolari create da artisti e designer, procedendo poi alla loro riproduzione senza autorizzazione.

Secondo i legali dell’artista Alan Giana, che ha portato in tribunale il colosso del fast fashion, “la maggior parte dei prodotti venduti su Shein non vengono creati o progettati in maniera originale, bensì Shein utilizza particolari algoritmi di intelligenza artificiale per identificare immagini e design di tendenza su social media, app e siti web, per poi trasmettere i risultati di tale scansione alle fabbriche dei fornitori”.

Una strategia che ha già portato a cause legali da parte di marchi come Levi’s, Ralph Lauren, For Love & Lemons, Uniqlo e H&M, tutti brand che hanno accusato Shein di aver copiato e riprodotto i loro design senza alcun riconoscimento economico.

Il vuoto normativo europeo sull’Ai

Il caso solleva interrogativi complessi sulla legalità dell’uso dell’intelligenza artificiale per riprodurre fattezze umane senza consenso. In Europa, l’Ai Act è entrato in vigore solo parzialmente, con disposizioni che si stanno applicando gradualmente fino al 2027.

Il regolamento prevede “requisiti di trasparenza integrati” per l’uso dell’Ai, ma a inizio anno la Commissione europea ha ritirato la Direttiva sulla responsabilità dell’intelligenza artificiale lasciando un preoccupante vuoto normativo. Come sottolineato dall’eurodeputato Axel Voss ai microfoni di Eurofocus, questo rischia di creare un “Far West normativo” dove la responsabilità dell’Ai viene determinata da “un mosaico frammentato di 27 legislazioni nazionali differenti”.

Diritto d’immagine nell’era dell’Ai

L’utilizzo dell’immagine di Mangione generata dall’AI pone questioni inedite sul diritto d’immagine. Se l’intelligenza artificiale può riprodurre con precisione le fattezze di una persona reale, fino a che punto questo uso è legale? Il fatto che Shein abbia rimosso rapidamente la pubblicità suggerisce una consapevolezza del rischio legale, possibilmente dovuta a minacce di causa per violazione del diritto d’immagine da parte dei legali di Mangione.

La questione diventa ancora più delicata considerando il “culto” nato attorno alla figura di Mangione, con il rischio che l’uso commerciale della sua immagine possa alimentare “dinamiche di idolatria e merchandising problematico” per una persona accusata di omicidio.

L’articolo 23 dell’Ai Act, regolamento che si applica a chiunque operi o venda all’interno dell’Ue, richiede espressamente che “le opere generate attraverso l’Ai rispettino le leggi sul diritto d’autore”, ma la sua applicazione pratica resta complessa. Il Codice di condotta europeo sull’AI generativa, firmato da alcune aziende su base volontaria, copre aspetti di “trasparenza, diritto d’autore e sicurezza”, ma non tutti i soggetti aderiscono completamente.

Elon Musk, ad esempio, ha firmato solo la parte relativa alla sicurezza per la sua xAI, definendo gli altri capitoli “chiaramente eccessivi” e “profondamente dannosi per l’innovazione”.

La sostenibilità non è solo ambientale

Il caso del “Mangione digitale” si aggiunge al lungo elenco di controversie che coinvolgono Shein. Oltre ai problemi ambientali – con capi che contengono “livelli di ftalati fino a 229 volte superiori al limite legale” e sostanze come la formaldeide – ora emergono questioni legate all’uso improprio delle nuove tecnologie.

L’azienda, già multata per greenwashing dopo aver promesso riduzioni delle emissioni mentre queste aumentavano, finisce nel mirino per un approccio problematico verso la responsabilità aziendale. Non solo fast fashion estremo e relativo impatto ambientale, ma anche un utilizzo dell’intelligenza artificiale che, secondo le accuse, ignora diritti fondamentali come quello all’immagine e alla proprietà intellettuale.

La domanda che resta aperta è: in assenza di norme chiare e uniformi, chi può fermare una multinazionale che utilizza l’Ai per violare sistematicamente i diritti di artisti, designer e ora anche persone fisiche? La risposta, per ora, sembra essere solo la pressione mediatica e l’imbarazzo pubblico.

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