Settimana corta, in Spagna è stato raggiunto l’accordo governo-sindacati

Riduzione da 40 a 37,5 ore, ma l’ok definitivo è in bilico per l’opposizione parlamentare
30 Dicembre 2024
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Pedro Sanchez Con Re Spagna Filippo Vi Fotogramma
Pedro Sanchez con il re di Spagna Filippo VI_Fotogramma

Il governo spagnolo guidato da Pedro Sánchez ha compiuto un passo importante verso l’introduzione della settimana lavorativa ridotta. Venerdì 20 dicembre, l’esecutivo ha raggiunto un accordo con i due principali sindacati del Paese, Ugt e Ccoo, per ridurre l’orario settimanale da 40 a 37,5 ore, mantenendo invariata la retribuzione. La novità coinvolgerebbe circa 12 milioni di lavoratori ma resta soggetta all’approvazione di un Parlamento profondamente diviso.

Salario minimo e settimana corta, dalle promesse all’accordo

L’accordo rappresenta una promessa elettorale mantenuta per Sánchez e la sua coalizione di centrosinistra. Tre settimane fa, dopo essere stato confermato alla guida del partito socialista (Psoe) con oltre il 90% delle preferenze, il premier spagnolo Pedro Sánchez, aveva annunciato l’intenzione di introdurre importanti diritti sociali nella Costituzione spagnola.

In occasione del suo discorso al 41° Congresso del partito a Siviglia, il premier socialista aveva delineato un programma ambizioso ma in linea con il suo mandato. L’obiettivo era includere nella carta costituente del Paese il diritto all’aborto, il matrimonio ugualitario tra persone dello stesso sesso e il salario minimo nella carta fondamentale del Paese.  Giova ricordare che il governo Sánchez ha già aumentato il salario minimo negli ultimi anni, portandolo a 1.080 euro lordi mensili nel 2023, diventati 1.134 euro nel febbraio di quest’anno. La cifra va considerata per quattordici mensilità.

Il percorso delineato da Sánchez è netto e chiarito già dalle parole del 3 settembre scorso, quando, inaugurando il nuovo corso politico all’Istituto Cervantes, il presidente spagnolo aveva proposto di aumentare la tassa sui super-ricchi: “Proporremo e avvieremo nuove azioni destinate a limitare i privilegi sproporzionati di cui beneficiano certe élite nel nostro Paese”, aveva dichiarato il premier spagnolo, mettendo in luce come le disuguaglianze economiche rimangano profonde in Spagna. “Tasseremo chi ha già abbastanza soldi in banca per vivere 100 vite”, aveva proseguito, sottolineando l’obiettivo di proteggere le classi medie e lavoratrici da un sistema che “continua a essere straordinariamente ingiusto”.

L’accordo con i due principali sindacati è un ulteriore passo in un percorso già tracciato, ma la strada per la sua approvazione definitiva non sarà semplice. Il governo, formato dal Partito Socialista e da Sumar – una coalizione di sinistra radicale – non dispone di una maggioranza parlamentare. Partiti come Junts, indipendentisti catalani tradizionalmente vicini agli interessi delle imprese, potrebbero opporsi, rendendo incerta la ratifica del provvedimento.

Se approvata, la misura verrà implementata gradualmente, con l’obiettivo di completarla entro la fine del 2025 o, in base a un’eventuale proroga suggerita dal ministro dell’Economia Carlos Cuerpo, entro il 2026, per permettere alle piccole imprese di adattarsi.

Le multe come incentivo per il rispetto delle nuove regole

Un punto cruciale dell’accordo è l’aumento delle sanzioni per i datori di lavoro che non si conformeranno alle nuove norme. Le multe supereranno i 10mila euro per ogni lavoratore coinvolto, a garanzia che l’orario lavorativo venga effettivamente ridotto in tutti i settori. Yolanda Díaz, ministra del Lavoro e leader di Sumar, ha commentato l’accordo sottolineando il valore fondamentale del tempo personale per le nuove generazioni.

Nonostante queste garanzie, il principale organo rappresentativo dei datori di lavoro spagnoli, CEOE, ha espresso forti critiche, affermando che una riduzione dell’orario lavorativo non dovrebbe essere imposta per legge. Secondo CEOE, le aziende dovrebbero decidere autonomamente, attraverso negoziati con i dipendenti.

Altre misure simili

La riduzione dell’orario settimanale è solo l’ultima di una serie di politiche innovative introdotte dal governo spagnolo negli ultimi anni sotto la guida di Yolanda Díaz. In passato, Díaz ha promosso l’aumento del salario minimo legale, trasformando la Spagna in uno dei pochi Paesi europei a riconoscere ai rider lo status di dipendenti, come poi avvenuto a livello comunitario. Tra le misure recenti si annovera anche il “congedo climatico”, che consente ai lavoratori di usufruire di permessi retribuiti in caso di emergenze meteorologiche.

Con questa proposta, la ministra punta a consolidare ulteriormente il modello spagnolo come punto di riferimento per i diritti dei lavoratori in Europa. Tuttavia, l’attuazione delle riforme richiede un equilibrio delicato tra i diritti dei lavoratori e le esigenze delle imprese, un dibattito destinato a rimanere acceso anche nei prossimi mesi.

Il dibattito sulla settimana corta

Ridurre l’orario lavorativo a parità di salario rappresenta un’importante sfida economica. Secondo le preoccupazioni dei datori di lavoro, questa misura potrebbe aumentare i costi operativi, soprattutto per le piccole imprese, e mettere sotto pressione la competitività del sistema produttivo. D’altra parte, i sindacati sostengono che la riduzione dell’orario contribuirà a migliorare la produttività, ridurre il burnout e aumentare il benessere dei lavoratori.

La Spagna non è nuova a sperimentazioni di questo tipo. Già in passato alcune aziende, soprattutto nel settore tecnologico, avevano adottato la settimana corta con risultati promettenti in termini di produttività e soddisfazione dei dipendenti. L’attuazione della proposta su scala nazionale potrebbe quindi rappresentare un test cruciale per valutare se questo modello possa essere applicabile anche in altri contesti.

Uno sguardo al futuro

L’introduzione di un orario ridotto a livello nazionale rappresenta una sfida complessa, ma anche un’opportunità per ripensare l’organizzazione del lavoro. Se approvata, la Spagna diventerebbe uno dei primi Paesi europei a implementare una riduzione dell’orario settimanale su larga scala, segnando un nuovo capitolo nella storia delle riforme sociali del continente.

Con un governo determinato a sostenere questa misura e un’opinione pubblica in larga parte favorevole, la Spagna potrebbe presto fungere da esempio per altre nazioni alla ricerca di un milgiore work-life balance, cruciale anche per contrastare la crisi demografica che travolge l’Occidente.

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