Settimana corta, ok del Consiglio dei ministri spagnolo alla riduzione da 40 a 37,5 ore

Protestano i sindacati dei datori di lavoro, che temono ripercussioni sulla produttività. Il testo passa al Parlamento, dove troverà una forte resistenza
7 Febbraio 2025
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Pedro Sánchez al Palazzo dell'Almudaina di Maiorca
Il presidente spagnolo Pedro Sánchez al Palazzo dell'Almudaina, Maiorca_fotogramma

“Ridurre la giornata lavorativa migliorerà la produttività del nostro Paese. Non ha senso passare ore e ore al lavoro, dobbiamo essere efficienti”. Così la ministra spagnola del Lavoro Yolanda Diaz, entusiasta dopo l’ok del Consiglio dei ministri alla proposta di ridurre la settimana lavorativa da 40 a 37, 5 ore (a parità di stipendio). Il via libera dell’esecutivo non garantisce che la proposta diventi legge, ma è un ulteriore step per l’iniziativa di legge che prevede anche altre misure per garantire un maggiore work-life balance. “È una giornata storica perché la durata legale della settimana lavorativa non viene cambiata nel nostro Paese da quarantuno anni”, ha aggiunto la ministra Diaz, leader del partito di estrema sinistra Sumar.

Settimana corta Spagna, cosa prevede il testo

All’accordo firmato il 20 dicembre tra il governo e i due principali sindacati dei lavoratori, UGT e CCOO, non hanno partecipato organizzazioni dei datori di lavoro che a metà novembre avevano abbandonato il tavolo delle trattative dopo un confronto durato undici mesi. Nel testo deliberato a ottobre 2023, il Sumar e il Partito socialista spagnolo (PSOE) si erano impegnati a ridurre la settimana lavorativa legale da 40 a 37,5 ore entro il 31 dicembre 2025, senza alcuna perdita di salario. La novità coinvolgerebbe circa 12 milioni di lavoratori, operanti soprattutto nei settori del commercio al dettaglio, della ristorazione e dell’agricoltura. In Spagna, infatti, la settimana lavorativa di 37,5 ore si applica già al servizio pubblico e alle grandi aziende.

L’accordo rappresenta una promessa elettorale mantenuta per il premier Pedro Sánchez e la sua coalizione di centrosinistra. A inizio dicembre, dopo essere stato confermato alla guida del partito socialista (Psoe) con oltre il 90% delle preferenze, Sánchez, aveva annunciato l’intenzione di introdurre importanti diritti sociali nella Costituzione spagnola. Il suo esecutivo ha già aumentato il salario minimo negli ultimi anni, portandolo a 1.080 euro lordi mensili nel 2023, diventati 1.134 euro (per quattordici mensilità) nel febbraio 2024.

Un punto cruciale dell’accordo tra governo e sindacati dei lavoratori sono le sanzioni per i datori di lavoro che non si conformeranno alle nuove regole. Le multe supereranno i 10mila euro per ogni lavoratore coinvolto, a garanzia che l’orario lavorativo venga effettivamente ridotto in tutti i settori.

Il principale sindacato dei datori di lavoro spagnoli, CEOE, ha criticato l’accordo sostenendo che una riduzione dell’orario lavorativo non dovrebbe essere imposta per legge, ma dovrebbe essere il frutto di negoziati privati con i dipendenti.

Le confederazioni datoriali si dicono preoccupate per l’impatto della settimana corta sulla competitività spagnola, ritengono che non tutti i settori siano da trattare allo stesso modo, e che una riduzione generale dell’orario di lavoro indebolirebbe alcune aziende. La ministra Diaz ha replicato che, sotto l’amministrazione Sanchez, la Spagna ha aumentato i posti di lavoro e che questa legge serve per “modernizzare” il Paese.

Infatti, il progetto di legge non prevede solo la riduzione dell’orario, ma include anche misure per garantire il diritto alla disconnessione, impedendo ai lavoratori di dover rispondere a comunicazioni al di fuori dell’orario di lavoro. Questo aspetto è stato evidenziato dalla ministra come un passo necessario per combattere lo stress e il burnout, condizioni sempre più diffuse nel mondo del lavoro moderno.

In Italia, i giovani de L’Associata Roma hanno portato all’attenzione del Parlamento questa tematica. Per approfondire: Crisanti (L’Associata): “Ci hanno fatto credere che lavorare fino a notte sia normale”

Il dibattito sulla settimana corta

La proposta di ridurre l’orario lavorativo mantenendo invariati i salari rappresenta una delle sfide più significative di questi tempi, anche considerano il boom dell’intelligenza artificiale. I datori di lavoro esprimono preoccupazioni riguardo all’aumento dei costi operativi, specialmente per le piccole imprese, e al possibile impatto negativo sulla competitività del sistema produttivo. Al contrario, i sindacati sostengono che tale misura potrebbe incrementare la produttività, ridurre il burnout e migliorare il benessere dei lavoratori.

In Spagna, esperimenti di questo tipo non sono una novità. In passato, diverse aziende, in particolare nel settore tecnologico, hanno introdotto la settimana corta, riscontrando miglioramenti nella produttività e nella soddisfazione dei dipendenti. Come accennato, i dipendenti della Pa spagnola e delle grandi aziende lavorano già 37,5 ore a settimana. L’adozione di questa proposta a livello nazionale potrebbe diventare un test fondamentale per valutare l’applicabilità di questo modello in altri contesti.

Con il sostegno deciso del governo e un’opinione pubblica ampiamente favorevole, la Spagna potrebbe presto fungere da esempio per altre nazioni che cercano di migliorare l’equilibrio tra vita lavorativa e personale, fondamentale anche per affrontare la crisi demografica che travolge l’Occidente.
L’approvazione però dovrà passare da una forte opposizione parlamentare.

L’opposizione in Parlamento

Dopo l’ok del Consiglio dei ministri, la proposta per ridurre l’orario lavorativo da 40 a 37,5 ore settimanali, mantenendo invariati i salari, passa al vaglio del Parlamento, dove la mancanza di una maggioranza assoluta ne rende difficile (ma non impossibile) l’approvazione.

Tra i principali ostacoli ci sono le riserve espresse dal Partito Nazionalista Basco (Pnv) e dal gruppo catalano pro-indipendenza Junts per Catalunya (JxCat). Entrambi i partiti, pur essendo alleati del governo, sono vicini agli interessi della comunità imprenditoriale e potrebbero opporsi alla riforma, complicando ulteriormente il percorso legislativo. Se il progetto verrà approvato, la Spagna si posizionerà tra i primi Paesi europei a ridurre l’orario settimanale su larga scala, aprendo un nuovo capitolo nelle riforme sociali del continente.

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