Neo X1 e rischio privacy: il robot domestico è telecomandato da un essere umano, l’avvertimento di Gaito

Il robot-colf sembra un sogno, ma pochi sanno come funziona realmente
5 Novembre 2025
6 minuti di lettura
Oslo, Un'azienda Intende Immettere Sul Mercato “milioni” Di Umanoidi Entro Il 2028, In Modo Che Gli Esseri Umani Non Debbano Più Preoccuparsi Di Svolgere Le Faccende Quotidiane.
Un prototipo del robot domestico Neo di X1 (Ipa/Ftg)

Sacrifichereste la vostra privacy in cambio di un robot-colf? Cosa siete disposti a cedere per avere un androide che vi permetta di liberare tempo prezioso nella vostra vita? Per Raffaele Gaito, divulgatore digitale e fondatore di IA360 Academy, il prezzo da pagare, al momento, è troppo alto. E non parliamo di soldi.

Ma andiamo con ordine.

Il sogno di avere un assistente domestico sempre a disposizione sembra molto più reale da quando la statunitense 1X Technologies ha lanciato il robot umanoide Neo, che ha già registrato i primi ordini. Pur non trattandosi di un primato assoluto (esistono già altri robot che promettono di saper fare cose simili), l’annuncio di questo prodotto ha generato un entusiasmo senza precedenti.

Neo è un robot domestico alto 168 centimetri, che pesa 30 chili, costa 20.000 dollari (meno di 18.000 euro) e promette di rivoluzionare la gestione della casa: carica la lavastoviglie, piega il bucato, organizza gli scaffali, porta dentro la spesa e così via.

Un sogno, se non fosse per due criticità enormi, ma ancora ingorate. La prima: le abilità di Neo sono, al momento, molto lontane dalle promesse fatte dalla casa madre. La seconda, la più inquietante: questo robot viene telecomandato a distanza da un essere umano che, attraverso gli occhi e le orecchie umanoidi, può vedere e sentire qualsiasi cosa succeda o sia presente in casa.

Problematiche concrete documentate dal Wsj

La giornalista tech Joanna Stern del Wall Street Journal ha fatto visita al quartier generale di 1X Technologies per verificare le abilità di Neo con i propri occhi, lontano dai proclami pubblicitari.

L’esperienza è stata deludente sotto diversi aspetti:

  • Assenza di autonomia: la giornalista ha dichiarato esplicitamente: “Non ho assistito a Neo mentre eseguiva alcun compito in modo autonomo, anche se l’azienda ha fornito un video in cui apre una porta da solo”. Questo significa che durante l’intero test, Neo non è riuscito a completare nemmeno un’attività semplice senza controllo remoto umano (punto che sarà approfondito più avanti);
  • Tempi estremamente lunghi per compiti banali: Neo impiega cinque minuti per caricare solamente tre piatti nella lavastoviglie. Si tratta di un tempo incompatibile con l’uso domestico reale, dove una persona media carica un’intera lavastoviglie in meno tempo;
  • In sintesi: performance lontane dalle promesse pubblicitarie. L’inchiesta del Wall Street Journal ha rivelato “una realtà distante dalle promesse pubblicitarie”.

Stern ha osservato che il robot necessita “spesso” di un operatore umano che utilizza un visore di realtà virtuale e controller per eseguire le operazioni. Questo contrasta fortemente con la promessa di un robot autonomo per le faccende domestiche e apre al secondo problema: la privacy.

Privacy? Un sacrificio ovvio per il Ceo Børnich

Intervistato da Stern, Bernt Børnich, fondatore e amministratore delegato di 1X Technologies, è stato molto diretto sul tema privacy: “Se acquisti questo prodotto, stai essenzialmente accettando quel contratto sociale”, ovvero l’idea che un essere umano, da remoto, veda e senta la tua vita domestica. “L’attenzione si concentra meno sul fatto che Neo completi immediatamente le tue faccende e più sul fatto che tu aiuti Neo a imparare a farle in modo sicuro ed efficace”.​ (Qui il video dell’intervista integrale)

Sul proprio canale YouTube, Raffaele Gaito ha sottolineato come questo approccio inverta le dinamiche dell’addestramento: prima erano le case produttrici ad addestrare i propri prodotti in house prima di rilasciarli sul mercato, mentre in questo caso si chiede all’utente di addestrare il robot in casa propria.

Per approfondire: Questo robot è un pericolo, e pure bello grosso [X1 NEO]

Quando Neo diventa gli occhi e le orecchie di qualcun altro

Børnich ha spiegato che Neo è progettato per funzionare “principalmente attraverso comandi vocali” piuttosto che tramite teleoperazione continua. Tuttavia, la fase iniziale richiede un approccio ibrido che solleva dubbi concreti.​

La “modalità esperto” rappresenta il caso più delicato per la privacy. Secondo le Faq ufficiali di 1X Technologies, quando Neo non riesce a gestire un compito, gli utenti possono programmare l’intervento di un esperto della società che assisterà il robot nell’acquisire le competenze necessarie mentre completa il lavoro. Durante queste sessioni, un operatore remoto utilizza un visore di realtà virtuale e controller per manovrare Neo, vedendo attraverso le sue telecamere e ascoltando attraverso i suoi microfoni ciò che accade dentro casa.​

Le garanzie dichiarate dall’azienda includono quattro meccanismi di protezione: Neo ascolterà solo quando rileva di essere interpellato; le telecamere sfocheranno automaticamente le persone in modo che l’operatore remoto non possa vederle chiaramente; gli utenti possono impostare zone proibite dove il robot non può accedere; il robot non sarà controllato da remoto senza il consenso esplicito del proprietario.​

Le zone d’ombra del consenso

Quest’ultimo punto solleva interrogativi concreti che l’azienda non ha chiarito: cosa significa esattamente “consenso del proprietario”? Si tratta di un’autorizzazione una tantum durante la configurazione iniziale, oppure Neo richiederà un permesso specifico ogni volta che un operatore deve prendere il controllo? E se un membro della famiglia autorizza la sessione, gli altri abitanti della casa ne saranno informati? 1X Technologies non ha fornito dettagli tecnici su come venga implementato questo sistema di consenso né su quali dati vengano registrati durante le sessioni di teleoperazione.​

Børnich ha dichiarato che Neo dovrebbe essere in grado di svolgere la maggior parte dei compiti in modo autonomo entro il 2026, sebbene abbia riconosciuto che le prestazioni iniziali potrebbero non soddisfare le aspettative.​

Problematiche comuni ai robot domestici

Neo non è il primo robot umanoide progettato per l’assistenza domestica, né sarà l’ultimo a confrontarsi con la sfida dell’autonomia completa. Discussioni su piattaforme specializzate evidenziano come molte aziende nella robotica umanoide, dalle startup emergenti ai colossi consolidati, facciano ampio ricorso alla teleoperazione durante le dimostrazioni spacciate per “autonome”.​

John Carmack, figura di spicco nell’industria informatica noto per il suo lavoro nella realtà virtuale e nei videogiochi classici come Doom e Quake, ha suggerito che le aziende che promuovono l’idea di robot umanoidi domestici completamente autonomi dovrebbero invece riconoscere la realtà e commercializzare “assistenza domestica operata da remoto”. Questa onestà intellettuale, ha evidenziato Carmack, sarebbe più rispettosa dei consumatori e permetterebbe un dibattito più maturo sulle implicazioni per la privacy.​

A prescindere dalla casa madre, i robot domestici condividono ostacoli comuni: la capacità di adattarsi ad ambienti non strutturati, la manipolazione di oggetti fragili o irregolari, l’interpretazione corretta dei comandi vocali in contesti rumorosi.​ Durante l’intervista del Wsj, Børnich ha menzionato che Neo richiede circa 100 ore di addestramento per apprendere nuovi compiti. In un ambiente stabile e controllato come un laboratorio, questi robot umanoidi tendono a raggiungere un plateau nell’apprendimento dopo un certo periodo, poiché i compiti ripetitivi non offrono nuove informazioni. La difficoltà emerge quando questi robot vengono collocati in un ambiente dinamico come un’abitazione, dove le condizioni possono essere disordinate e imprevedibili.​

E, ancora una volta a prescindere dall’azienda, i consumatori dovrebbero porsi sempre la stessa domanda: cosa sto sacrificando per avere un robot domestico?

Addestramento e tempi di consegna

Le prime unità di Neo sono destinate a essere spedite ai clienti negli Stati Uniti nel 2026. In pratica, chi ordina oggi Neo per la consegna nel 2026 sta accettando che operatori umani telecontrollino il robot da remoto osservando l’interno della casa attraverso le sue telecamere. In un secondo momento sarà disponibile anche un’opzione di abbonamento mensile da 499 dollari piuttosto che 20.000 dollari una tantum. Un lancio internazionale più ampio è previsto per il 2027.​

Fino ad allora, come si evolverà l’addestramento e il telecontrollo dei robot domestici? Lo abbiamo chiesto a Raffaele Gaito.

Raffaele Gaito: “Aziende tech sempre meno trasparenti”

L’esperto pone l’accento proprio sulla tematica della privacy, tanto delicata quanto assente nel dibattito pubblico sui robot umanoidi: “So bene che il concetto di privacy online è cambiato tanto negli ultimi anni, ma è chiaro che se abbassiamo continuamente l’asticella, a un certo punto dobbiamo pure chiederci cosa è accettabile e cosa non lo è”, spiega, prima di dare il proprio parere: “Per me questo tipo di controllo a distanza non è accettabile. La risposta è molto personale, ma invito tutti a riflettere sul punto”.

La situazione dovrebbe cambiare nei prossimi anni:Le versioni che vediamo in giro in questi mesi sono progetti embrionali, prototipi molto acerbi che evolveranno di sicuro. Ci auguriamo che la fase di addestramento la facciano le aziende e non sia qualcosa di demandato al cliente”, spiega Gaito a Prometeo 360.

Il controllo a distanza, e in generale la robotica, toccano solo un aspetto della questione. Sempre più utenti condividono con ChatGPT le proprie frustrazioni, le proprie informazioni personali, persino i propri dati sanitari, caricando in chat l’esito di analisi del sangue, Tac, e altri esami clinici.

Molti meno, invece, leggono le linee guida delle aziende. Sul punto, abbiamo chiesto a Gaito se ci si possa o meno fidare degli annunci fatti dalle case madri: “Su questo ho qualche dubbio – confessa il fondatore di IA360 Academy, che conclude: “Io mi auguro di sì, ma sappiamo che le aziende tech negli ultimi anni sono state sempre meno trasparenti. Quindi parto dal presupposto che fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Leggere i Termini di Servizio è sempre un passaggio fondamentale prima dell’acquisto”.

La fiducia, in questo contesto, diventa una caratteristica del prodotto stesso. Le aziende dovranno integrare la privacy non solo come opzione in un menu di impostazioni, ma come elemento centrale dell’esperienza utente del robot. Indicatori visibili quando la registrazione è attiva, trasparenza totale sulla conservazione dei dati, opzioni di disattivazione significative e persino interruttori fisici che offrono un’analogicità rassicurante in una casa sempre più digitale: queste sono le aspettative minime.​

La questione, in definitiva, non è solo “dovrei far entrare un robot in casa mia?”, ma “chi altro entra con lui?”.

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