“Sei un genocida”, senatrice aborigena australiana attacca Carlo III: “Ridateci la nostra terra”

La protesta di Lidia Thorpe si inserisce in un contesto storico che risale al 1788, quando i primi coloni britannici arrivarono in Australia e dichiararono la terra di proprietà della Corona
21 Ottobre 2024
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Senatrice Lidia Thorpe contro Re Carlo III
La senatrice Lidia Thorpe contro Re Carlo III_afp

Duro attacco a Re Carlo III: durante la sua visita di cinque giorni in Australia, il sovrano è stato contestato da Lidia Thorpe, senatrice indipendente di Victoria e rappresentante dei diritti degli aborigeni.

Le accuse della senatrice aborigena contro la corona britannica sono pesanti: “Avete commesso un genocidio contro il nostro popolo. Restituiteci la nostra terra, restituiteci ciò che ci avete rubato: le nostre ossa, i nostri teschi, i nostri bambini, la nostra gente. Hai distrutto la nostra terra. Dacci un trattato. Vogliamo un trattato in questo paese. Sei un genocida”, ha attaccato Thorpe avvicinandosi al palco durante il discorso di Re Carlo al Parlamento di Canberra.

Il rapporto tra la Corona e i popoli aborigeni

L’intervento della senatrice, sebbene bollato come “esibizionismo politico” da figure politiche di spicco come l’ex primo ministro Tony Abbott, ha riportato al centro dell’attenzione una questione storica complessa: il rapporto tra la monarchia britannica, la colonizzazione dell’Australia e i diritti dei popoli indigeni, che reclamano giustizia per secoli di oppressione e sfruttamento.

La protesta di Lidia Thorpe si inserisce in un contesto storico che risale al 1788, anno in cui i primi coloni britannici arrivarono in Australia e dichiararono la terra di proprietà della Corona. Questa dichiarazione si basava sul concetto legale di terra nullius (terra di nessuno), una dottrina coloniale che giustificava l’occupazione delle terre aborigene senza trattati o risarcimenti, poiché si presumeva che gli abitanti nativi non avessero un sistema organizzato di proprietà fondiaria. Corsi e ricorsi storici vecchi almeno quanto l’Impero romano, quando Giulio Cesare giustificava l’espansione con l’esportazione della civiltà latina.

La visione della Corona ha ignorato millenni di occupazione indigena, durante i quali le popolazioni aborigene avevano sviluppato sofisticati sistemi di gestione del territorio, una profonda connessione spirituale con la terra e una ricca cultura basata su leggi orali e tradizioni tramandate di generazione in generazione. Con l’arrivo dei coloni britannici, queste terre furono progressivamente sottratte, spesso attraverso conflitti violenti, privando i popoli indigeni delle loro risorse e rompendo il loro legame con la terra.

Il caso Mabo vs Queensland

La dottrina della terra nullius rimase la base giuridica per l’occupazione fino al 1992, quando la Corte Suprema australiana, con il caso Mabo vs Queensland, riconobbe finalmente i diritti di proprietà dei nativi sulla loro terra, sancendo che il concetto di terra nullius era stato applicato ingiustamente. Tuttavia, nonostante questo storico riconoscimento legale, le richieste di un trattato formale tra il governo australiano e i popoli aborigeni non sono ancora state soddisfatte.

Le richieste di Thorpe per la restituzione delle terre e la firma di un trattato riflettono una battaglia di lunga data degli aborigeni australiani per ottenere un riconoscimento formale e la giustizia per le ingiustizie subite. A differenza di altri Paesi come il Canada e la Nuova Zelanda, l’Australia non ha mai firmato trattati con le popolazioni indigene, il che significa che la spoliazione delle terre avvenuta durante la colonizzazione britannica non è mai stata adeguatamente affrontata o compensata.

C’è stato un genocidio?

Nel suo attacco al Re Carlo III, la senatrice aborigena Lidia Thorpe ha parlato di “teschi e ossa” rubati. La vicenda si collega al fatto che, durante il periodo coloniale e anche successivamente, molti resti umani degli aborigeni furono trafugati e portati in Europa per essere esposti nei musei o studiati. Molti di questi resti non sono stati ancora restituiti alle comunità indigene per una sepoltura dignitosa, un punto critico nelle relazioni tra il governo australiano, la monarchia britannica e le popolazioni aborigene.

L’arrivo dei coloni britannici in Australia ebbe effetti devastanti sulle popolazioni aborigene. Si stima che prima dell’invasione europea vi fossero circa 750.000 aborigeni nel continente. Nel corso del XIX secolo, a causa di conflitti armati, malattie portate dai coloni e politiche discriminatorie, la popolazione indigena crollò drasticamente. Secondo alcuni storici, queste politiche possono essere considerate una forma di genocidio culturale e fisico, in linea con quanto denunciato da Thorpe.

La rimozione forzata dei bambini aborigeni dalle loro famiglie, conosciuta come la “Generazione Rubata”, è uno degli esempi più dolorosi di questo passaggio storico. Dal 1910 fino agli anni ‘70, decine di migliaia di bambini aborigeni furono strappati dalle loro famiglie e inseriti in istituti o famiglie bianche nel tentativo di assimilarli alla cultura dominante.

Corona inglese e popoli aborigeni: cosa aspettarsi in futuro

La richiesta di Thorpe per un trattato tra il governo australiano e i popoli aborigeni rappresenta una delle principali richieste del movimento indigeno contemporaneo.

Sebbene vi siano stati alcuni progressi, come il riconoscimento legale della terra indigena attraverso il Native Title Act del 1993 e la storica scusa del governo australiano alla “Generazione Rubata” nel 2008, gli aborigeni continuano a lottare per un accordo formale che riconosca pienamente i loro diritti e le loro terre.

Un accordo tra la Corona e l’Australia potrebbe includere compensazioni economiche, un riconoscimento formale della sovranità indigena e misure per restituire la terra e le risorse alle comunità aborigene. Alcuni Stati australiani, come Victoria e Queensland, hanno avviato negoziati per trattati regionali, ma a livello federale il percorso è ancora lungo.

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