Quasi i due terzi degli occupati utilizza digital skill: l’indagine Istat

L’istituto di ricerca ha svolto un’analisi delle competenze professionali in Italia, tra competenze cognitive e fisico motorie: ecco cos’è emerso
13 Giugno 2024
5 minuti di lettura
Lavoratrici usano strumenti digitali

L’Istat ha condotto un’indagine nel 2022 per valutare le competenze professionali delle persone di età compresa tra 16 e 74 anni. L’indagine ha esaminato il tempo dedicato a varie attività lavorative, come l’uso di strumenti digitali, la lettura di documentazione tecnica, l’esecuzione di calcoli complessi, attività fisiche impegnative, relazioni comunicative e formative, e aspetti che caratterizzano la modalità di conduzione del lavoro.

Le competenze sono state organizzate per aree o ambiti tematici, come le abilità cognitive e fisico-motorie. L’analisi ha preso in considerazione sia le caratteristiche socio-demografiche del lavoratore (età, sesso, titolo di studio, cittadinanza) sia la professione svolta. Scopriamo insieme cos’è emerso.

L’uso delle competenze digitali nel lavoro

Circa i due terzi degli occupati utilizzano competenze digitali. Il 37,1% degli occupati utilizza apparecchiature digitali per almeno la metà del tempo di lavoro, mentre il 32,9% non le utilizza mai. Le competenze digitali sono più diffuse tra gli occupati di età compresa tra 30 e 44 anni e tra le donne. Gli impiegati, in particolare, utilizzano la strumentazione digitale per almeno la metà del tempo lavorativo. Tra gli impiegati, sono ancora una volta le donne e anche i laureati che utilizzano maggiormente le competenze digitali. Anche tra coloro che svolgono professioni intellettuali e scientifiche o tecniche, l’uso di pc, tablet e smartphone è molto diffuso. Così come è diffuso anche tra i legislatori, gli imprenditori e l’alta dirigenza. Tuttavia, un uso raro o nullo delle competenze digitali caratterizza gli operai specializzati o semi-specializzati, gli artigiani, gli agricoltori, i conduttori di mezzi o macchinari.

L’importanza delle competenze cognitive

Per quanto riguarda, invece, le competenze cognitive è circa il 20% degli occupati ad utilizzarle. Parliamo di competenze relative alla lettura e al calcolo: chi ne fa uso lo fa per più della metà del loro tempo lavorativo. Questo uso è più frequente tra i laureati, con il 26,3% che dedica almeno la metà del tempo alla lettura e il 16,2% al calcolo. Al contrario, le percentuali sono più basse tra le persone con al massimo la licenza media.

Le competenze cognitive sono più utilizzate in certi profili professionali. Ad esempio, oltre il 20% dei legislatori, imprenditori e professionisti specializzati o tecnici utilizza le competenze di lettura per almeno la metà del tempo lavorativo. Questa percentuale raggiunge il 40% tra chi lavora nei corpi legislativi, nella dirigenza della pubblica amministrazione o tra gli ingegneri e gli architetti. Tuttavia, la lettura di manuali e documenti non rientra tra le attività lavorative per l’78,1% di chi svolge professioni non qualificate, e questa percentuale supera il 91% tra gli stranieri. Inoltre, la percentuale di chi non legge mai documenti nel proprio lavoro supera il 50% anche tra chi svolge una professione nel commercio e nei servizi, e tra i conduttori di veicoli e gli operai non specializzati.

Per quanto riguarda le competenze di calcolo, solo tra gli impiegati, in particolare quelli con un titolo terziario, la quota di chi impiega almeno la metà del tempo lavorativo nel fare calcoli complessi sfiora il 20%. Queste competenze caratterizzano anche l’attività lavorativa di imprenditori, amministratori e direttori delle grandi aziende, e di ingegneri e architetti. Tuttavia, le competenze nel calcolo non caratterizzano l’attività dei lavoratori che svolgono professioni non qualificate, con l’86,6% che dichiara di non dover mai ricorrere a calcoli complessi nello svolgimento delle proprie mansioni.

Il ruolo delle competenze fisico-motorie

Il 37,4% degli occupati utilizza competenze fisico-motorie, come la forza, per almeno la metà del loro tempo lavorativo, mentre il 23,2% utilizza la destrezza. Queste competenze sono più frequenti tra gli uomini e tra le persone con un livello di istruzione basso. Inoltre, la percentuale di utilizzo di queste competenze è più alta tra gli artigiani, gli operai specializzati, gli agricoltori e coloro che svolgono professioni non qualificate.

L’Istat, però, spiega in merito che “La destrezza è particolarmente richiesta in alcuni settori professionali. Ad esempio, il 45,1% degli artigiani, operai specializzati e agricoltori utilizza questa competenza per almeno la metà del tempo lavorativo. Questa percentuale aumenta tra gli artigiani e gli operai specializzati della meccanica di precisione, dell’artigianato artistico, della stampa, delle lavorazioni alimentari, del legno, del tessile, dell’abbigliamento, delle pelli, del cuoio e dell’industria dello spettacolo. Tuttavia, la destrezza non è una competenza richiesta in tutte le professioni. Ad esempio, durante la loro giornata lavorativa, tre impiegati su quattro non svolgono mai compiti che richiedono movimenti precisi delle dita”.

Le competenze relazionali nel contesto lavorativo

Il 47,9% degli occupati dedica almeno la metà del loro tempo a competenze relazionali, come la comunicazione, la formazione e la consulenza. Queste competenze sono più frequenti tra coloro con titoli di studio più elevati, con il 45,1% che dedica almeno la metà del tempo alla comunicazione con i colleghi e il 37,1% alla comunicazione verso l’esterno. Le competenze relazionali sono meno diffuse tra gli stranieri e tra le persone con un basso livello di istruzione.

Inoltre, l’attività di formazione e consulenza è praticata frequentemente da coloro che svolgono professioni scientifico-intellettuali, con quasi il 43% che la utilizza per oltre la metà del tempo. Questa percentuale aumenta tra le donne (51,7%), le persone con diploma di scuola secondaria e nelle fasce di età adulte (oltre i 45 anni). Tra i lavoratori che svolgono professioni non qualificate, tre su quattro non si occupano di istruire, formare o fornire consulenza. Questa quota aumenta tra gli stranieri (88,3%) e tra le donne (78,7%).

L’autonomia nel lavoro: una questione di età e istruzione

L’autonomia nel lavoro, sia in termini di sequenza dei compiti che di definizione dei contenuti, aumenta con l’età. Il 44,7% degli occupati ha un’ampia possibilità di influenzare l’ordine dei compiti, mentre il 38,8% ha un’ampia possibilità di influenzare i contenuti. Queste percentuali aumentano con l’età, raggiungendo il 54,2% e il 49,1% rispettivamente per le persone di 60 anni e oltre.

L’autonomia è anche maggiore tra coloro con titoli di studio più alti, con il 56,2% dei laureati che ha molta autonomia nel definire l’ordine delle attività e il 49,5% che ha molta autonomia nel decidere i contenuti del proprio lavoro.

In termini di professione, i legislatori, i dirigenti e gli imprenditori hanno una forte autonomia nell’organizzare i tempi e l’ordine delle proprie attività lavorative. Al contrario, i lavoratori con margini di autonomia più limitati sono i conduttori e gli operai semi-specializzati e i lavoratori non qualificati, in particolare tra i più giovani e gli stranieri.

Inoltre, una quota molto elevata di autonomia nella gestione dei contenuti lavorativi si riscontra tra i legislatori, dirigenti e imprenditori di grandi e piccole aziende, e tra i lavoratori delle professioni intellettuali, in particolare tra le persone di più di 60 anni. Al contrario, solo un terzo circa degli impiegati, degli addetti al commercio e servizi e degli artigiani e operai specializzati dichiara di avere ampi margini di autonomia nella gestione dei contenuti della propria attività lavorativa. Questa quota si riduce notevolmente tra i conduttori e gli operai semi-specializzati e i lavoratori non qualificati, con percentuali ancora più basse tra i giovani e gli stranieri.

Compiti ripetitivi e procedure rigorose: un’analisi delle professioni

I compiti ripetitivi sono quelli che richiedono la replicazione delle stesse azioni, mentre le procedure rigorose richiedono una sequenza precisa di operazioni da seguire. Circa il 44,2% delle persone occupate svolge compiti ripetitivi per almeno la metà del tempo di lavoro. Queste attività sono più comuni tra le persone meno istruite e gli stranieri. Tra i lavoratori, i conducenti di veicoli o macchinari, gli operai semi-specializzati e i non qualificati svolgono più spesso attività ripetitive.

D’altra parte, le professioni meno ripetitive sono quelle intellettuali e scientifiche. Solo un lavoratore su quattro in queste professioni svolge compiti ripetitivi per la maggior parte della giornata lavorativa.

Il 42,5% degli occupati segue frequentemente procedure standardizzate. Questa pratica è più comune tra le persone più istruite, poiché è spesso legata a ruoli di responsabilità. Gli stranieri tendono ad avere valori più bassi in questo caso.

Tra gli ex-occupati, la percentuale di coloro che non hanno mai utilizzato competenze digitali nel lavoro è significativamente più alta rispetto agli occupati. Le differenze nell’utilizzo delle diverse competenze sono più marcate nelle classi di età centrali, mentre tra i più giovani si concentrano nelle competenze digitali, cognitive, nel grado di autonomia e nell’aderenza a procedure rigorose. Non si osservano invece differenze rilevanti tra le persone più mature. Le differenze nei punteggi medi tra occupati ed ex-occupati per tutte le competenze sono pressoché nulli per le persone con basso titolo di studio e per gli stranieri.

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