Sono più preparate, ma meno occupate. Questo è il quadro che emerge dal report Istat su Benessere e disuguaglianze in Italia che ha mostrato, tra le altre cose, come avanza la disparità di genere in istruzione e formazione e nel mondo lavorativo.
Se da un lato, le ragazze mostrano un vantaggio significativo rispetto ai ragazzi in vari indicatori educativi, come il tasso di abbandono scolastico e le performance accademiche, dall’altro questo investimento trova ancora sfide significative nel mercato del lavoro e nella rappresentanza politica, dove persistono notevoli divari di genere.
Inoltre, le giovani donne sono più frequentemente né occupate né in percorsi di formazione rispetto ai loro coetanei maschi. Ecco la dimensione del fenomeno.
Disparità di genere in istruzione e formazione
Con riferimento al dominio istruzione e formazione, sono soprattutto gli indicatori centrati sulla componente giovanile a far emergere un vantaggio femminile, sia perché è meno diffuso tra le ragazze il fenomeno dell’abbandono scolastico (7,6% contro il 13,1% dei maschi), sia perché è più contenuta la percentuale di low performer, ovvero le studentesse dell’ultimo anno della scuola secondaria di primo grado che non hanno raggiunto un livello di competenza alfabetica almeno sufficiente (33,9%; 42,9% per i ragazzi).
Inoltre, è più elevata sia la proporzione di giovani iscritte all’Università per la prima volta nello stesso anno in cui hanno conseguito il diploma (il tasso specifico di coorte delle ragazze è 58,2%, 45,2% quello dei ragazzi), sia la percentuale di giovani donne 25-34enni con laurea o altri titoli terziari (37,1%; 24,4%).
L’investimento femminile in formazione dei decenni passati fa sì che anche tra gli adulti si osservi un vantaggio femminile: tra i 25-64enni è infatti più elevata la quota di quante hanno conseguito almeno il diploma (68%; 62,9% per gli uomini). Inoltre, le donne fruiscono delle biblioteche più degli uomini (14% contro 10,7%) e il maggiore investimento in istruzione si traduce anche in una maggiore presenza femminile tra i lavoratori della conoscenza (24%; 14,9%) e nelle occupazioni culturali e creative (3,7%; 3,3%).
Va tuttavia segnalata, sempre con riferimento al dominio istruzione e formazione, una maggiore presenza tra le donne di giovani né occupate né inserite in un percorso di istruzione o formazione (Neet, 17,8%; 14,4%).
Politica e conciliazione vita-lavoro
Il vantaggio maschile nel benessere riguarda principalmente i domini politica e istituzioni e lavoro e conciliazione dei tempi di vita. Tutti gli indicatori relativi alla presenza femminile nelle posizioni di rappresentanza politica e ai vertici delle istituzioni segnalano un persistente divario di genere, che appare particolarmente elevato se si considerano le posizioni apicali degli organi decisionali (solo il 21,3% di donne ricoprono queste posizioni) e gli organi politici locali (solo il 24,1% di donne).
Anche nel Parlamento italiano la presenza femminile si ferma al 33,7%, mentre, grazie alla spinta degli interventi normativi in materia, sale al 43,1% nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa.
Nonostante le migliori performance nel dominio istruzione e formazione, le donne restano fortemente penalizzate sul mercato del lavoro, sia sugli indicatori quantitativi che su quelli qualitativi. Nel dominio lavoro e conciliazione dei tempi di vita, infatti, sono 6 gli indicatori per i quali la distanza a vantaggio degli uomini è particolarmente marcata.
Innanzitutto, il tasso di occupazione femminile è significativamente più basso (56,5%; 76%), mentre sono più elevati sia il tasso di mancata partecipazione al lavoro (18%; 12,3%), sia l’incidenza del part-time involontario (15,6%; 5,1%). Anche gli indicatori relativi alla qualità del lavoro segnano una migliore condizione maschile: tra gli uomini sono meno numerosi i lavoratori che percepiscono insicurezza lavorativa (3,7%; 4,7% delle donne) ed è più basso il tasso di occupati sovraistruiti (25,4%; 29,4% delle donne). Tuttavia, per le peculiarità della struttura occupazionale maschile, gli uomini presentano un tasso maggiore di infortuni sul lavoro mortali e di inabilità permanente (13,6%; 5,3%).
Le difficoltà di inserimento sul mercato del lavoro espongono le donne anche ad un maggiore rischio di vivere in famiglie povere, che tocca il 20% delle donne contro il 17,8% degli uomini, o di vivere in condizione di grave deprivazione materiale (5%; 4,5%).
Infine, tra gli altri indicatori che presentano una distanza maggiore tra uomini e donne se ne segnalano alcuni del dominio sicurezza: gli uomini sono più frequentemente vittime di rapine (2,3 contro lo 0,6 per 1000 abitanti) e omicidi (0,7 contro lo 0,4 per 100mila abitanti). Al contrario le donne più spesso percepiscono insicurezza quando camminano al buio: se quasi tre quarti degli uomini si sentono sicuri a camminare da soli quando è buio nella zona in cui vivono (72,4%), le donne sono solo poco più della metà (52,1%).