OpenAi condannata in Germania, avvocato Greco: “Allora siamo colpevoli anche noi”

La sentenza è stata definita storica da molti, ma il legale non condivide: “Non ha copiato pedissequamente le canzoni”
1 Dicembre 2025
5 minuti di lettura
Angelo Greco avvocato ai copyright musica intervista
L'avvocato Angelo Greco

L’11 novembre 2025 il tribunale di Monaco di Baviera ha emesso una condanna contro OpenAI, società madre di ChatGpt, per violazione del diritto d’autore in ambito musicale, accogliendo il ricorso di Gema, la Siae tedesca. Molti esperti hanno parlato di decisione “storica”, ma è davvero così? Ne abbiamo parlato con l’avvocato Angelo Greco, fondatore e direttore del quotidiano giuridico “La Legge per Tutti”, per analizzare le implicazioni di questa sentenza e il futuro rapporto tra intelligenza artificiale, creatività e lavoro.

“Più che storica, per il momento la definirei unica. Diventerà storica se sarà l’inizio di una lunga serie, altrimenti sarà stata solo una rondine che non ha fatto primavera”, dice Greco che sottolinea l’ambiguità della questione: “C’è ancora molta discussione sul fatto se l’intelligenza artificiale possa definirsi davvero un ‘ladro di contenuti’ oppure no”

La sentenza del tribunale tedesco ha stabilito un principio chiave: sia la memorizzazione di dati protetti da copyright nei modelli linguistici, sia la loro riproduzione negli output del chatbot, costituiscono una violazione del diritto d’autore. OpenAi è stata condannata a risarcire i danni per aver utilizzato i testi di nove canzoni di noti artisti tedeschi, senza averne licenza. La Corte ha ritenuto che quanto realizzato da ChatGpt non rientrasse nelle eccezioni previste dal text and data mining.

Per approfondire: OpenAi condannata per “furto” di musica: dalla Germania una sentenza storica su Ai e copyright

Questo verdetto apre crepe nel modello di business di molte aziende di Ai generativa e solleva questioni fondamentali su come la tecnologia può evolvere senza cannibalizzare le fonti del suo stesso sapere.​

ChatGpt e musica: plagio o creazione originale?

Avvocato Greco, con la vicenda di OpenAi in Germania ci troviamo di fronte a un caso di plagio musicale?

“Penso che il Tribunale di Monaco abbia voluto soprattutto lanciare un segnale alle aziende Ai. Dal mio punto di vista, che è quello di un creatore di contenuti costantemente ‘rapinato’ dai sistemi di anteprima di Google, non siamo di fronte a un plagio nel senso giuridico del termine. La violazione del diritto d’autore si ha quando si replica un’opera in modo pedissequo o con una parafrasi priva di novità. L’Ai, come l’essere umano, apprende da un bagaglio di conoscenza per creare qualcosa di nuovo. Se seguissimo alla lettera la pronuncia tedesca, allora anche noi, quando creiamo qualcosa dopo aver studiato, saremmo colpevoli di plagio verso la cultura che ci ha preceduto”.

La riflessione di Greco tocca un nervo scoperto del dibattito: la distinzione tra apprendimento e copia identica di un contenuto. L’avvocato paragona l’addestramento di un’Ai al processo formativo umano: nessuno inventa dal nulla; la nostra creatività consiste nel rielaborare in modo originale informazioni ed esperienze preesistenti. “Siamo nani sulle spalle dei giganti”, citando una metafora attribuita a Bernardo di Chartres.

Tuttavia, la giudice Elke Schwager ha ritenuto che la capacità di ChatGpt di riprodurre quasi integralmente i testi delle canzoni dimostri una “memorizzazione” che eccede il semplice apprendimento di schemi, configurando una vera e propria violazione del copyright.

Rischi per i creator digitali

Nel tuo discorso fai una distinzione netta tra il modo in cui opera Google e quello dell’intelligenza artificiale. Ti va di spiegarcela?

“Quello che fa Google, a mio avviso, è un illecito”, dice l’avvocato Greco riferendosi implicitamente alla funzione di Ai Overview. “Quando faccio una ricerca e il motore mi restituisce un estratto completo della notizia, si comporta come un edicolante che espone gli articoli in vetrina, permettendo a tutti di leggerli senza comprare il giornale. Questo sottrae traffico e valore ai creatori.

In questo consiste la differenza con l’Ai: “L’intelligenza artificiale, invece, non sta copiando pedissequamente nel senso giuridico del termine; sta usando un bagaglio culturale per costruire opere nuove. Non solo: se l’Ai cannibalizza le sue stesse fonti, nessuno scriverà più sul web. A quel punto, da dove prenderà i suoi dati? È necessario trovare un nuovo sistema di remunerazione per i creatori di contenuti, un po’ come è successo per la musica con le licenze collettive”.

L’argomento della sostenibilità dell’ecosistema informativo è importante soprattutto in ottica futura. Se i modelli di AI prosciugano le fonti di guadagno dei creatori di contenuti originali (editori, artisti, scrittori), a lungo termine mancherà il “carburante” per l’addestramento dei futuri modelli e l’intelligenza artificiale si troverebbe “congelata” a un certo punto nel tempo, incapace di aggiornarsi e diventando rapidamente obsoleta.

A proposito di artisti, molti temono che l’Ai possa sostituire professioni creative. È una paura fondata?

“La vera paura, secondo me, non è quella di essere sostituiti, ma quella di chi svolge attività meccaniche e ripetitive. Tantissimi siti di informazione – fa notare Greco – vivono di ‘copia e incolla’, sono loro ad essere ‘minacciati’ dall’Ai. Io non temo l’intelligenza artificiale, perché so che la mia originalità può essere ‘sublimata’, portata al massimo da questo strumento, ma non copiata. Senza il mio spunto iniziale, l’Ai non può fare nulla. Chi non è in grado di creare oggi, si spaventa di uno strumento che avvita i bulloni al posto suo, come l’operaio si spaventò dei robot. Al contrario, chi disegnava le auto non si è mai spaventato. Questo dobbiamo capire: stiamo vivendo una nuova rivoluzione industriale che porterà alla perdita di posti di lavoro ripetitivi, ma esalterà la creatività umana”.

L’avvocato Greco propone un interessante esperimento mentale: se chiediamo a chiunque di immaginare un animale di fantasia, il risultato sarà sempre un mosaico di animali già noti (es. testa di cavallo, corpo di leone, zampe di papera). “Anche il nostro cervello,” spiega, “crea opere da ciò che conosce già. Perché ci stupiamo che la macchina faccia lo stesso?”.

Il dietrofront dell’Europa sull’Ai Act

La scorsa settimana, l’Unione Europea ha rinviato di sedici mesi l’applicazione delle norme dell’AI Act per i sistemi ad alto rischio. Dal tuo punto di vista, qual è la ratio di questa decisione: la paura di danneggiare le proprie imprese o le pressioni d’Oltreoceano?

“Ci sono due letture. La prima, dietrologica, è che le lobby dell’Ai abbiano pagato per rinviare la legge, opzione che non condivido. La seconda, più pragmatica, è che l’Europa si sia accorta che, ponendo troppi lacci e lacciuoli, rischia di rimanere ancora più indietro a livello tecnologico”.

Perciò, sostiene Greco, “una regolamentazione di questo tipo ha senso solo se viene fatta a livello globale. Anche perché basta una semplice Vpn per aggirare i limiti imposti a livello locale”, almeno per quanto dei privati cittadini. La situazione si fa più complessa quando si tratta di implementazioni Ai nelle aziende, che, non a caso, è l’elemento più critico del regolamento europeo sull’intelligenza artificiale.

Ci sono poi altri due aspetti da considerare: “Le normative europee sono spesso astratte e di difficile applicazione pratica e le restrizioni sono facilmente aggirabili cambiando la prospettiva psicologica di un prompt”. In pratica, nella maggior parte dei casi basta dare una sfumatura o un’angolatura diversa al prompt (per esempio dicendo che stiamo operando in un Paese diverso da quello reale) per ottenere output che l’Ai si rifiuta di svolgere in un primo momento.

Il rinvio dell’AI Act, ufficialmente motivato dalla mancanza di standard tecnici pronti, è stato interpretato da molti come un segnale di ammorbidimento di fronte alle pressioni delle big tech e alla competizione globale. Come osserva Angelo Greco, la sfida è creare un quadro normativo che protegga i diritti fondamentali senza soffocare l’innovazione in un settore cruciale come l’Ai. Un equilibrio difficile da raggiungere, specialmente quando le tecnologie evolvono più velocemente delle leggi.​

Responsabilità e utilizzo dell’Ai

In conclusione, come ci dobbiamo porre di fronte a questa tecnologia, anche alla luce della sentenza tedesca?

L’avvocato Greco non ha dubbi a riguardo: “La battaglia non sarà tra l’uomo e l’intelligenza artificiale, ma tra l’uomo che utilizza l’Ai e l’uomo che non la utilizza o non sa utilizzarla bene. L’intelligenza artificiale è uno strumento amorale, come la tecnologia tutta: il suo impatto dipende unicamente da chi la usa. Dobbiamo concentrarci sull’uomo, non sulla macchina. È lì che risiede la responsabilità e la vera sfida per il futuro”.

Persone | Altri articoli