OpenAi condannata per “furto” di musica: dalla Germania una sentenza storica su Ai e copyright

Il tribunale regionale di Monaco di Baviera ha dato ragione a Gema
12 Novembre 2025
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Ai musica copyright ai generated
Immagine generata con l'Ai

ChatGpt viola le leggi europee sul diritto d’autore in materia di musica. Lo ha stabilito ieri, 11 novembre 2025, un tribunale regionale di Monaco di Baviera con una sentenza destinata a ridefinire il rapporto tra intelligenza artificiale generativa e proprietà intellettuale (almeno) nel Vecchio Continente.​

La decisione del tribunale tedesco

La giudice presidente Elke Schwager ha dato ragione a Gema, l’organizzazione tedesca per la gestione collettiva dei diritti musicali che rappresenta oltre 100.000 compositori, autori e editori. Al centro della controversia, nove canzoni di artisti tedeschi celebri tra cui Herbert Grönemeyer, Inga Humpe, Kristina Bach e Rolf Zuckowski che il software di OpenAi aveva fatto propri. Il colosso statunitense ha provato a difendersi sostenendo che il suo linguaggio non memorizza le canzoni, bensì impara da queste, ma la ricostruzione non ha convinto il giudice monocratico.

Il tribunale ha stabilito che “sia la memorizzazione nei modelli linguistici sia la riproduzione dei testi nelle risposte del chatbot costituiscono violazioni dei diritti di sfruttamento del copyright”.​

La società di Sam Altman è stata quindi condannata a risarcire Gema per tutti i danni (la cifra precisa non è stata ancora resa pubblica): le royalties non corrisposte, le spese legali e agli interessi. Se la sentenza verrà confermata in appello, l’azienda potrebbe dover versare centinaia di migliaia di euro.​

Le argomentazioni respinte dalla corte

Oltre a una diversa ricostruzione fattuale, i legali di OpenAi hanno tentato di invocare alcune eccezioni previste dalla normativa europea, in particolare quelle relative al text and data mining (normativa che ha già sollevato diversi dubbi di interpretazione e di attuazione).

L’azienda ha anche sostenuto che la responsabilità per i contenuti generati ricadesse sugli utenti finali piuttosto che sulla società sviluppatrice, poiché le risposte di ChatGpt dipendono dai prompt inseriti.​

Il tribunale ha respinto entrambe le difese: sul primo punto, la giudice Schwager ha sottolineato che il software non reperisce i dati sul momento, bensì li memorizza nel proprio archivio per poi restituirli agli utenti che, e questo è il secondo punto, non possono essere in alcun modo ritenuti responsabili dal momento che “le risposte sono state generate da semplici prompt”.​

La risposta di OpenAi

Un portavoce di OpenAi ha comunicato che l’azienda sta valutando i prossimi passi. “La decisione riguarda un insieme limitato di testi e non ha impatto sui milioni di persone, aziende e sviluppatori in Germania che usano la nostra tecnologia ogni giorno”, ha affermato. L’azienda ha sottolineato di rispettare i diritti dei creatori e dei titolari dei contenuti e di portare avanti “colloqui proficui con molte organizzazioni in tutto il mondo, così che possano beneficiare anche loro delle opportunità di questa tecnologia”.​

Durante le udienze, era emerso disaccordo tra Gema e OpenAI sul fatto che anche le versioni più recenti del chatbot violassero i diritti d’autore. La sentenza si applica specificamente alle versioni più datate di ChatGpt-4 e ChatGpt-4o.​

Il quadro normativo europeo

La sentenza si inserisce in un contesto normativo articolato che disciplina l’uso di contenuti protetti per l’addestramento di sistemi di intelligenza artificiale. La direttiva europea InfoSoc (2001/29/EC) garantisce ai titolari dei diritti la riproduzione esclusiva delle loro opere. La direttiva sul Digital Single Market (2019/790/EU) integra quella precedente stabilendo che l’uso di materiale protetto per il data mining richiede una licenza dal creatore originale.​

Il tribunale di Monaco ha stabilito che il funzionamento stesso dei modelli linguistici di grandi dimensioni può essere classificato come riproduzione ai fini del copyright secondo il quadro giuridico della direttiva InfoSoc europea creando un precedente giurisprudenziale significativo per la regolamentazione dell’Ai generativa nell’Unione Europea.​

Le implicazioni per l’industria dell’Ai

“Per la prima volta, la decisione odierna chiarisce questioni giuridiche chiave sul modo in cui le nuove tecnologie interagiscono con il diritto d’autore europeo”, ha dichiarato Kai Welp, direttore legale di Gema. Il ceo dell’organizzazione, Tobias Holzmüller, ha aggiunto: “Internet non è un negozio self-service e le conquiste creative umane non sono modelli gratuiti”.​

L’Ai Act europeo, approvato nel marzo 2024, impone ai fornitori di modelli di intelligenza artificiale generica di rispettare la normativa sul copyright dell’Unione indipendentemente dalla giurisdizione in cui il sistema è stato addestrato. L’obiettivo è proprio quello di impedire che sistemi addestrati in giurisdizioni con regole meno stringenti (leggi: Usa e Cina) godano di un vantaggio competitivo senza rispettare le regole europee.

Sul punto, va segnalata una bozza interna della Commissione europea visionata dal Financial Times, secondo cui Bruxelles starebbe valutando di introdurre un “periodo di grazia” per l’applicazione di alcune disposizioni e di includere queste modifiche nel cosiddetto “pacchetto di semplificazione digitale”. La proposta, ancora informale, rientra nel lavoro di revisione che punta a rendere più coerente l’intero impianto normativo sul digitale e ad alleggerire gli oneri per le imprese e, secondo gli scettici, rischia di annacquare la forza stessa del regolamento.

Per approfondire: L’Europa sta già ripensando l’AI Act?

Ai e musica: la giurisprudenza non è concorde

La sentenza di Monaco arriva mentre diverse cause simili sono in corso a livello globale. Gema ha intentato una causa parallela contro Suno AI, un generatore musicale basato sull’intelligenza artificiale, accusato di addestrarsi sul suo catalogo. Negli Stati Uniti, la Recording Industry Association of America (Riaa) e l’organizzazione danese Koda sono impegnate in controversie identiche contro OpenAI e altri servizi simili, anche se le date dei processi non sono ancora ufficiali.​

Il panorama legale presenta tuttavia sviluppi contraddittori. A inizio 2025, un tribunale statunitense si è schierato con Anthropic negando un’ingiunzione richiesta da Universal Music Group, Concord e Capitol Cmg per impedire l’uso dei testi delle loro canzoni nell’addestramento dei modelli di Ai. Nel Regno Unito, Getty ha perso una causa importante contro Stability Ai dopo che l’Alta Corte ha stabilito che i pesi del modello di diffusione stabile non contenevano copie delle opere protette di Getty.​

Verso un nuovo equilibrio tra innovazione e tutela

La parte attrice, Gema, non respinge l’intelligenza artificiale tout court. Dal 2024, l’organizzazione offre un modello di licenza per l’Ai, pensato per consentire alle aziende tecnologiche di addestrare legalmente i propri sistemi sul suo catalogo, garantendo al contempo un compenso equo agli artisti. Questa strategia riflette un approccio che cerca di bilanciare l’innovazione tecnologica con la protezione dei diritti dei creatori, realizzando ciò che la stessa OpenAi ha proposto alle aziende del settore musicale.

Intanto, l’Ue si muove sulla questione: entro fine anno, l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (Euipo) lancerà il Copyright Knowledge Centre che avrà tre obiettivi:

  • informare i titolari su come proteggere le opere digitali;
  • fornire strumenti di monitoraggio sull’uso dei contenuti da parte dell’Ai;
  • favorire il dialogo tra sviluppatori, creatori e legislatori.​

In questo contesto incerto, la sentenza di Monaca rappresenta un passo fondamentale verso l’ottenimento di una remunerazione equa per autori e creatori in tutta Europa.

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