Le donne rappresentano quasi la metà della forza lavoro, ma occupano meno di un terzo dei posti nei ruoli di leadership e top management. A riportare questo dato è una nuova indagine di LinkedIn secondo la quale il tasso di assunzione delle donne in posizioni apicali è diminuito per il terzo anno consecutivo, riportando l’Italia al livello di cinque anni fa a livello globale. Passi indietro che hanno un peso del -1.2%: un’inversione di tendenza rispetto ai progressi raggiunti tra il 2015 e il 2021.
Ma la situazione non riguarda solo la leadership: “la presenza femminile nell’intera forza lavoro è stagnante, un campanello d’allarme per economie e organizzazioni orientate alla crescita”, scrive la piattaforma di ricerca e selezione del personale.
Leadership femminile in controtendenza
Il dato arriva dopo un lieve, ma costante aumento, registrato fino al 2023. Il 2024 non ha visto alcun miglioramento della rappresentazione delle donne in posizioni dirigenziali, con una percentuale ferma al 30,9%.
E se da un lato, nel 2024, le donne hanno costituito il 51% delle assunzioni totali, dall’altro lato, solo il 33% delle assunzioni in ruoli di leadership ha coinvolto il talento femminile. Continua a persistere, quindi, un divario significativo (di circa il 16%) tra la rappresentanza femminile nella forza lavoro complessiva e la loro presenza nei ruoli di vertice. Si delinea così una preoccupante traiettoria, che a sua volta si inserisce in un momento di svolta economica cruciale determinata dall’intelligenza artificiale.
Le soft skill femminili in materia Ai
Il ruolo dell’Intelligenza artificiale, sottolinea LinkedIn, “sta ridefinendo il mercato del lavoro e il ruolo stesso della leadership: tra il 2019 e il 2024, è più che raddoppiato il numero di leader con esperienze trasversali tra settori, funzioni e aziende, a conferma del valore di carriere non lineari in tempi di rapido cambiamento. Le donne hanno il 35% di probabilità in più rispetto agli uomini di possedere questo tipo di esperienza multidimensionale, potenzialmente cruciale per la nuova economia. Le donne tendono ad eccellere nelle human skills come comunicazione, lavoro di squadra e creatività, fondamentali per integrare con successo l’Ai nei contesti lavorativi”.
“Il gender gap non è solo una questione di rappresentanza – ha commentato Francesca Lanzara, large enterprise account director, LinkedIn Italia -: è un segnale d’allarme per la tenuta del nostro sistema economico. Se le donne continuano a incontrare barriere invisibili nell’accesso ai ruoli apicali, perdiamo non solo talento, ma anche visione, innovazione e competitività. Oggi abbiamo l’opportunità – e la responsabilità – di riscrivere le regole del gioco: rendere trasparenti e accessibili i percorsi di crescita, abilitare le donne con le competenze necessarie per guidare la trasformazione tecnologica, e soprattutto riconoscere che le qualità più richieste nel futuro del lavoro – come empatia, capacità di adattamento, visione strategica – non sono né maschili né femminili, ma umane. Solo abbracciando questa prospettiva potremo essere davvero pronti alla trasformazione guidata dall’AI e a costruire un’economia che guarda al futuro”.
Una questione di settore
Ma in quali settori queste divergenze sono più marcate? Eccone alcuni:
- il settore dei trasporti, della logistica, supply chain e magazzinaggio è quello che registra il calo più marcato (-41%) per quanto riguarda la partecipazione femminile a ruoli dirigenziali.
- A seguire, quello dei servizi finanziari (-40%), nonostante quest’ultimo registri una forte presenza femminile complessiva (45%).
- Terzo posto occupato da tecnologia, informazione e media con un significativo gap. La partecipazione femminile complessiva è pari al 44%, in contrasto con una sottorappresentazione delle donne nei ruoli di leadership (-37%).
Rappresentanza e leadership: un confronto tra generazioni
Tra i Baby boomer, le donne rappresentano la quota più bassa in assoluto a livello complessivo (29%) e ancor di più nel top management (21%). Questa quota aumenta costantemente con ogni generazione, raggiungendo il 42% per la Gen X, il 51% per i Millennial e quasi il 53% per la Gen Z – con le professioniste che, nelle generazioni più giovani, costituiscono la maggioranza della forza lavoro.
La rappresentanza nella leadership segue un’analoga tendenza all’aumento, passando dal citato 21% tra i Boomer al 30% circa per la Gen X, al 35% per i Millennial e al 36% per la Gen Z. Ma mentre la rappresentanza complessiva diminuisce con l’età, il divario tra questa e la leadership si amplia. Tra i Gen Z, il divario è del 31%, con un leggero aumento al 31,5% per i Millennial; il divario diventa poi più pronunciato per la Gen X (29,5%) ed è maggiore tra i Baby Boomer (26%).
“Uno scenario – spiega LinkedIn – che suggerisce che, man mano che le donne avanzano nella loro carriera, si trovano ad affrontare ostacoli crescenti per l’accesso ai ruoli di vertice. Nel resto del mondo, le nuove generazioni hanno un divario minore di quelle che le precedono in termini di differenza tra rappresentanza nella forza lavoro complessiva e nella leadership, portandoci a sperare in un futuro più roseo. In Italia, invece, sono Boomer e GenX a mostrare un divario più ridotto”.
Titoli di studio e leadership
Il dato che emerge sempre più stesso dalle statistiche è che le donne, anche quando hanno titoli di studio elevati, riscontrato lo stesso difficoltà. Nello specifico, costituiscono la quota maggiore della forza lavoro tra chi possiede una laurea magistrale (53%), seguite da quelle con diploma di scuola superiore (47%); la rappresentanza diminuisce per chi ha conseguito un dottorato di ricerca (46%) e ancora di più tra coloro che hanno conseguito un diploma di laurea triennale (42%), nonostante sia un titolo di studio superiore comune.
Uno schema simile si ripropone nella leadership, con la partecipazione maggiore tra chi possiede una laurea magistrale (36%) e un diploma di scuola superiore (32%); dato più basso, invece per i dottorati (31%) e infine le lauree triennali (30%). Pur essendo i gruppi con la partecipazione femminile maggiore, le donne con laurea magistrale e diploma superiore devono confrontarsi con il calo più significativo nell’accesso alla leadership, pari al -33%.
In conclusione, facciamo parte di un’epoca in cui le skill in cui le donne eccellono – in parte grazie ai loro percorsi di carriera più vari – diventeranno sempre più cruciali. Secondo LinkedIn, assisteremo infatti ad una progressiva e sempre più diffusa adozione del modello ‘Skill-First‘, ovvero una cultura aziendale e un approccio alle assunzioni che premino le competenze, piuttosto che il tradizionale percorso accademico o il job title, e quindi con un focus preponderante su reskilling e upskilling.
In questo contesto, escludere le donne dalle posizioni di leadership ostacola la transizione verso l’Ai, un’opportunità economica generazionale che non possiamo permetterci di perdere.