Ghostworking, il 58% dei dipendenti ammette di fingere di lavorare

Un sondaggio rileva che il 92% dei dipendenti ha cercato impieghi durante il lavoro, il 24% ha modificato il proprio cv, e il 23% ha inviato candidature dal pc aziendale
26 Maggio 2025
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Ghostworking Canva

Immagina un ufficio in piena attività: e-mail che volano, tastiere che ticchettano senza sosta, riunioni che si susseguono con ritmi serrati. Ovunque, persone immerse nei loro schermi, prese da impegni che sembrano urgenti. Ma quanto di questa frenesia corrisponde a lavoro reale?

Secondo un recente sondaggio di Resume Now, il 58% dei dipendenti ammette di fingere regolarmente di lavorare, mentre un altro 34% lo fa occasionalmente. Un fenomeno noto come ghostworking, in cui l’apparenza della produttività ha spesso più peso del risultato effettivo. Dalle riunioni fittizie alla digitazione senza senso, i lavoratori trovano modi ingegnosi per sembrare impegnati.

Non sempre si tratta di pigrizia. In molti casi, questa abitudine nasce da pressioni aziendali, mansioni ripetitive e una cultura che valorizza la presenza più dei risultati concreti. Il ghostworking è diffuso tanto negli uffici tradizionali quanto nel lavoro da remoto, dove il confine tra tempo libero e attività lavorativa è più sfumato.

Più pressione che pigrizia

Se fingere di lavorare fosse solo una questione di pigrizia, la soluzione sarebbe semplice. Tuttavia, i dipendenti si trovano sempre più a simulare produttività per evitare ripercussioni o per conformarsi a una cultura aziendale che premia la presenza, piuttosto che i risultati.

Il problema riguarda tanto il lavoro in ufficio quanto quello da remoto, dove la gestione autonoma del tempo può portare a nuove forme di distrazione. I risultati forniti dal sondaggio sono il frutto delle risposte di 1.127 lavoratori americani, risalenti a febbraio 2025. Ai partecipanti è stato chiesto di descrivere le loro abitudini di perdita di tempo, le distrazioni sul posto di lavoro e la frequenza della procrastinazione sul lavoro. I partecipanti hanno risposto a diverse tipologie di domande, tra cui domande a risposta sì/no, domande aperte, domande basate su una scala che misuravano il livello di accordo e domande che consentivano di selezionare più opzioni da un elenco di risposte.

Secondo il sondaggio di Resume Now, i dipendenti ricorrono a varie tattiche per sembrare occupati:

  • 23% cammina per l’ufficio con un quaderno per apparire impegnato.
  • 22% finge di digitare sulla tastiera senza un vero scopo.
  • 15% tiene il telefono all’orecchio senza effettuare una vera chiamata.
  • 12% programma riunioni fittizie per evitare di lavorare.
  • 15% mantiene un foglio di calcolo aperto mentre naviga su contenuti non correlati.
  • Solo il 12% afferma di non fingere mai di essere produttivo

Alcuni lavoratori cercano addirittura nuove opportunità di lavoro durante l’orario lavorativo. Il sondaggio rivela che il 92% dei dipendenti ha cercato impieghi durante il lavoro, il 24% ha modificato il proprio curriculum, e il 23% ha inviato candidature direttamente dal computer aziendale.

Dove si spreca più tempo: ufficio o lavoro da remoto?

Il lavoro ibrido ha cambiato la percezione della produttività. Tuttavia, indipendentemente dal luogo, le distrazioni sono sempre presenti:

  • 47% dei lavoratori afferma di perdere più tempo lavorando da casa.
  • 37% ritiene di sprecare tempo più facilmente in ufficio.
  • 16% afferma di sprecare più o meno la stessa quantità di tempo in entrambi i contesti.

Le principali distrazioni in ufficio includono problemi tecnici, riunioni inutili, colleghi chiacchieroni e pause prolungate. Al contrario, chi lavora da casa deve fare i conti con rumori domestici, interruzioni da parte di familiari, problemi di connessione e persino animali domestici che interrompono videoconferenze.

Il monitoraggio aiuta la produttività?

Per combattere la perdita di tempo, alcune aziende hanno introdotto il monitoraggio dell’attività lavorativa, ma l’idea divide i lavoratori. Il sondaggio evidenzia che:

  • 69% dei dipendenti ritiene che il monitoraggio migliorerebbe la produttività.
  • 19% pensa che non cambierebbe le proprie abitudini.
  • 10% ammette che troverebbe altri modi per prendersi delle pause.

Se da un lato il monitoraggio può incentivare la produttività, dall’altro non risolve problemi più profondi come obiettivi poco chiari, mancanza di motivazione o una cultura aziendale incentrata sull’occupazione anziché sui risultati.

Il fenomeno del ghostworking mostra che la produttività non è solo una questione di presenza, ma di risultati. Per migliorare l’efficienza, le aziende dovrebbero concentrarsi meno sul controllo e più sulla creazione di ambienti di lavoro che favoriscano la gestione autonoma del tempo, la motivazione e la chiarezza delle aspettative.

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