La spesa militare della Nato causerà 1.320 milioni di tonnellate di inquinamento

L’emissione di “carbonio militare totale” è stata stimata a circa il corrispettivo del 5,5% delle emissioni globali nel 2019
15 Settembre 2025
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Aerei Militari Nato Inquinamento Canva

La spesa militare della Nato peggiorerà l’inquinamento che riscalda il nostro Pianeta. A confermarlo è una nuova analisi di 11 recenti studi accademici condotti da Scientists for Global Responsability (Sgr), secondo la quale, ogni 100 miliardi di dollari aggiuntivi investiti nella spesa militare da parte dei Paesi Nato comporterà l’emissione nell’atmosfera di circa 32 milioni di tonnellate di anidride carbonica.

L’espansione di tale spesa potrebbe generare complessivamente 1.320 milioni di tonnellate di inquinamento, pari alle emissioni annuali di gas serra del Brasile, il quinto maggiore emettitore al mondo.

Spesa militare e inquinamento: quale legame

La Nato, l’alleanza militare e politica comprendente 32 Paesi europei e nordamericani, si è ritrovata dinanzi a nuove sfide negli ultimi anni. Dall’invasione russa dell’Ucraina, allo scoppio del conflitto in Medio Oriente e al maggiore impegno richiesto ai Paesi membri di aumentare la spesa militare al 3,5% del Prodotto interno lordo (Pil) – nell’ambito di un più ampio obiettivo di spesa per la sicurezza del 5% del Pil per ciascun paese membro – ci si è chiesti quale siano le conseguenze sull’ambiente e l’inquinamento di una produzione così massiccia di armamenti.

A emettere Co2 sono gli aerei da combattimento ad alto consumo di carburante, le navi da guerra, i veicoli blindati, il trasporto di attrezzature e la più generale catena di approvvigionamento globale. Secondo il rapporto, raggiungere l’obiettivo del 3,5% immetterà nell’atmosfera 132 milioni di anidride carbonica, pari alla quantità di inquinamento “da carbonio generato annualmente da 345 centrali elettriche a gas”: pari all’intero Oman, paese produttore di petrolio.

A conferma delle stime ci sono i dati degli ultimi cinque anni: tra il 2019 e il 2024, l’impronta di carbonio militare della Nato ha generato 64 milioni di Co2 emessa: “È estremamente difficile capire come gli attuali e previsti aumenti della spesa militare possano essere conciliati con le azioni trasformative necessarie per prevenire pericolosi cambiamenti climatici“, afferma l’Sgr.

Quanto inquina il comparto militare e quali soluzioni?

Le stime future sull’aumento delle spese militari e conseguente inquinamento annesso si basano su quanto rilevato fino ad oggi. L’emissione di “carbonio militare totale” è stata stimata a circa il corrispettivo del 5,5% delle emissioni globali nel 2019, escludendo i gas serra derivanti dai combattimenti e dalla ricostruzione post-conflitto. Questa cifra è superiore al contributo combinato dell’aviazione civile (2%) e del trasporto marittimo (3%).

Dal 2019 ad oggi, la spesa militare ha raggiunto i 2,72 trilioni di dollari, il livello più alto dalla fine della Guerra Fredda, secondo lo Stockholm International Peace Research Institute. Il bilancio militare di Israele è balzato a 46,5 miliardi di dollari nel 2024, il più grande aumento al mondo, mentre il Paese continuava a bombardare Gaza, Siria, Iran, Yemen e Libano, mentre il bilancio del Pentagono per il 2026 è destinato a salire a 1 trilione di dollari grazie alla legge fiscale e di spesa del presidente statunitense Donald Trump, con un aumento del 17% rispetto all’anno scorso.

“C’è un urgente bisogno di una rapida decarbonizzazione per prevenire gli effetti più pericolosi del cambiamento climatico. Ma i recenti e pianificati programmi di riarmo e le guerre stanno spingendo il mondo nella direzione opposta”, ha affermato il dottor Stuart Parkinson, autore del rapporto e ricercatore di spicco nel settore.

I risultati dell’analisi, si basano sulle metodologie utilizzate dagli 11 studi coinvolti e suggeriscono che l’espansione militare avrà un ruolo significativo nel violare l’obiettivo climatico di Parigi di limitare il riscaldamento planetario a 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali. Il rapporto, per questi motivi, raccomanda che le Nazioni con una spesa militare superiore allo 0,5% del Pil siano obbligate a comunicare dati affidabili alle Nazioni Unite, a contribuire alle stime delle emissioni legate ai conflitti e a mettere in atto piani per abbandonare i combustibili fossili attraverso misure sia tecnologiche che non, tra cui accordi di costruzione della pace, controllo degli armamenti e iniziative per il disarmo.

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