Sei italiani su dieci guardano al cielo e non vedono solo nuvole, ma un futuro climatico incerto che li preoccupa. Quasi quattro su dieci gettano un’occhiata al mare e pensano all’inquinamento delle acque. La metà della popolazione respira e si chiede quanto sia salubre l’aria che ha appena inspirato. E mentre il dibattito politico e industriale sulla transizione ecologica avanza a passi incerti, i cittadini mostrano una sensibilità crescente verso i problemi ambientali. Il rapporto Istat 2024 su preoccupazioni e comportamenti ecologici conferma un quadro in cui il timore per i cambiamenti climatici resta in cima alle ansie collettive, mentre il dissesto idrogeologico e la gestione dei rifiuti conquistano sempre più spazio nelle priorità della popolazione.
Un’Italia in ansia per il clima e l’inquinamento dell’aria
Il 58,1% degli italiani considera i cambiamenti climatici la minaccia ambientale principale. Un dato che resta stabile rispetto al 2023, ma che segna un cambio di paradigma rispetto al passato: negli ultimi vent’anni la paura del riscaldamento globale ha progressivamente soppiantato quella per l’effetto serra, che nel 1998 coinvolgeva quasi il 60% della popolazione e oggi si ferma al 32,6%. L’attenzione per il clima si è consolidata soprattutto a partire dal 2019, complice l’ascesa dei movimenti ambientalisti giovanili e la sempre maggiore copertura mediatica di eventi estremi.
Ma non è solo la temperatura del pianeta a preoccupare gli italiani. La qualità dell’aria è un’altra grande inquietudine, sentita dal 51,9% della popolazione, con un aumento di due punti percentuali rispetto al 2023. Il dato riflette una crescente consapevolezza rispetto agli effetti dell’inquinamento atmosferico sulla salute, ma anche la frequenza di episodi di smog e blocchi della circolazione nelle grandi città. Se il clima è un problema di scala globale, l’aria che respiriamo è una questione quotidiana e locale, percepita con particolare intensità nelle aree urbane e metropolitane.
La paura cresce tra alluvioni e frane
Il 2024 ha visto un incremento della preoccupazione per il dissesto idrogeologico, che ha toccato il 28,5% della popolazione rispetto al 26,5% dell’anno precedente. Questo aumento è direttamente collegato agli eventi meteorologici estremi che hanno colpito l’Italia negli ultimi anni: dalle alluvioni in Emilia-Romagna ai dissesti in Toscana e Marche, ogni episodio catastrofico lascia un’impronta duratura nella memoria collettiva.
A livello territoriale, l’Emilia-Romagna ha registrato un incremento di ben 8,7 punti percentuali nei livelli di preoccupazione per il dissesto idrogeologico, mentre nel Nord Italia nel complesso l’aumento è stato di 4 punti. Questi dati mostrano come le emergenze locali incidano sulla percezione del rischio ambientale. Chi vive in piccole comunità o in zone collinari e montuose è generalmente più sensibile al problema, consapevole che frane e alluvioni possono colpire con maggiore frequenza rispetto alle grandi città.
Comportamenti ecologici tra virtuosismi e contraddizioni
Se la consapevolezza ambientale è in crescita, i comportamenti virtuosi non sempre seguono la stessa traiettoria. Il 71,4% degli italiani dichiara di fare attenzione a non sprecare energia, ma questa quota è in leggera diminuzione rispetto al 2023. Anche la percentuale di chi evita sprechi idrici è calata al 68,8%, segno che le buone pratiche ecologiche richiedono un costante impegno per non essere abbandonate.
A livello geografico, emergono nette differenze: il Mezzogiorno si distingue per la propensione ad acquistare prodotti a chilometro zero (29,9%), mentre al Nord è più diffuso l’uso di trasporti alternativi (20,2%) e l’attenzione a una guida meno rumorosa (51,3%). Differenze che riflettono le peculiarità territoriali, con il Sud più orientato alla tutela delle risorse agroalimentari locali e il Nord più attento a modelli di mobilità sostenibile.
Interessante è anche l’analisi demografica: i giovani sotto i 24 anni si dichiarano più sensibili alla perdita della biodiversità e alla distruzione delle foreste, ma paradossalmente adottano meno comportamenti ecocompatibili rispetto agli over 55. Il divario è evidente soprattutto nella gestione delle risorse: mentre il 74,7% degli over 55 evita sprechi idrici, tra i più giovani questa percentuale scende al 52,5%. In compenso, gli under 24 si dimostrano più inclini a scegliere mezzi di trasporto alternativi, segno che la loro sensibilità ambientale si esprime con modalità diverse rispetto alle generazioni precedenti.
Un altro fattore determinante è il livello di istruzione: tra i laureati la percentuale di chi si preoccupa dei cambiamenti climatici raggiunge il 66,4%, contro il 53,2% di chi possiede solo la licenza media. Anche le scelte di consumo riflettono questa differenza: chi ha un titolo di studio più elevato è più propenso a leggere le etichette dei prodotti, acquistare alimenti biologici e preferire prodotti locali.
L’Italia si conferma quindi un Paese attento alle questioni ambientali, ma con un panorama di sensibilità e azioni ancora frammentato. Tra paura del futuro climatico, ansia per l’inquinamento e pratiche sostenibili adottate in modo disomogeneo, il quadro che emerge è quello di una popolazione consapevole ma ancora in cerca di una direzione chiara per il cambiamento.