Un disegno di legge per promuovere l’indipendenza economica femminile. Questo è quanto presentato da Elena Murelli (Lega), segretario di presidenza del Senato della Repubblica, nel corso del convegno ‘Gender Gap, alle donne solo il 17% dei posti ai vertici aziendali’, promosso dalla cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca.
“La parità di genere – ha dichiarato Murelli – è una priorità nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, che mira ad aumentare la presenza femminile in ruoli dirigenziali sia nel settore pubblico che privato. L’Italia, però, resta indietro sul fronte del divario salariale e dell’autonomia finanziaria, con circa il 30% delle donne prive di un conto corrente personale. Per affrontare queste sfide, è stato presentato un disegno di legge per promuovere l’indipendenza economica femminile. Inoltre, il Governo sta lavorando per sostenere le madri lavoratrici e incentivare i congedi di paternità, i bonus asili nido e strutture con orari flessibili per facilitare la conciliazione tra vita familiare e professionale”.
Inattività femminile, un gap da colmare
Secondo Alessandra Maiorino, vicepresidente vicario del M5s a Palazzo Madama: “In Italia, l’occupazione femminile non è in crescita, posizionando il Paese agli ultimi posti in Europa, con un forte divario tra Nord e Sud”.
Nello specifico, però, la situazione “è particolarmente grave nel Meridione, dove oltre la metà delle donne è disoccupata o non dichiara di lavorare, spesso a causa del lavoro sommerso. Nonostante le donne siano più istruite e qualificate, sono scarsamente rappresentate in ruoli di vertice, segno di una persistente discriminazione di genere. Le quote di genere hanno dimostrato di essere utili senza compromettere il merito, ma il problema resta la cooptazione maschile nei processi di promozione”.
In Italia il tasso di occupazione femminile è il più basso d’Europa (a luglio 2024 era il 54%, molto distante dal 70% europeo). Ancora più allarmante è il tasso di inattività, che si attesta al 42,4%, con quasi metà delle donne italiane che non ha un lavoro e nemmeno lo cerca.
“Occorre cambiamento culturale”
Sul buon lavoro dell’esecutivo è intervenuta Chiara Tenerini, esponente di Forza Italia in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati: “Il Governo ha registrato un aumento dell’occupazione, soprattutto tra i giovani e le donne, ma i ruoli dirigenziali restano dominati dagli uomini, sia nel pubblico che nel privato. Non sono una sostenitrice delle quote di genere perché ritengo che queste misure finiscano per suggerire una necessità di tutela che non dovrebbe esistere. Spesso si è fatto ricorso alle quote rosa senza una vera e propria valutazione meritocratica. Occorre un cambiamento culturale, da avviare fin dalle scuole primarie, per educare le nuove generazioni al rispetto della parità di genere, considerato essenziale per una società più equa e meritocratica”.
Per Simona Malpezzi, senatrice del Partito democratico in Commissione Politiche dell’Ue: “Le quote di genere aiutano a superare le barriere di una società ancora poco inclusiva per le donne, che spesso faticano a ricoprire ruoli decisionali a causa dei carichi familiari. È essenziale promuovere congedi di maternità e paternità obbligatori e paritari per favorire l’equità. Molte aziende stanno già sperimentando congedi estesi per i padri e un welfare aziendale di qualità. Tali iniziative dovrebbero essere incentivate non solo economicamente, ma anche a livello reputazionale, per stimolare altre imprese a seguirne l’esempio e contribuire a una società più inclusiva”.
Il punto di vista dei professionisti
Nel corso del dibattito, moderato da Anna Maria Belforte, il punto di vista dei professionisti è stato illustrato da Elisabetta Polentini (commercialista e revisore legale dell’Odcec di Roma): “Nonostante più donne siano entrate nel mercato del lavoro, la loro presenza nei ruoli decisionali resta scarsa, soprattutto nel settore pubblico. Le quote rosa sono criticate perché considerate contrarie al merito. Le imprese, però, giocano un ruolo chiave nel promuovere l’equità di genere. Servono misure concrete per sostenerle, dato che il Pnrr prevede contributi alle pmi per ottenere la certificazione di parità di genere, ma questa opportunità è stata finora poco sfruttata.
“La parità di genere è un tema discusso da anni – ha poi concluso Paolo Longoni, consigliere dell’Istituto nazionale esperti contabili -, ma senza soluzioni concrete. In Italia, le donne hanno ottenuto il diritto di voto solo nel 1946, e ancora oggi il numero di donne in ruoli apicali, soprattutto al Sud, è molto inferiore rispetto agli uomini. Le misure per la parità devono garantire un accesso obbligatorio alle posizioni di rappresentanza, senza compromettere il merito. È importante promuovere la certificazione per le imprese che favorisce vantaggi economici, ma che è ancora poco conosciuta. Inoltre, andrebbero estesi i congedi parentali per i padri e i bonus per gli asili nido”.