Il futuro del lavoro digitale e le sfide della gig economy negli Stati Uniti

“Automazione, precarietà e sfruttamento algoritmico”: denuncia alle Gig economy Usa
12 Maggio 2025
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Il mondo del lavoro sta attraversando una trasformazione radicale: sempre più lavoratori vengono assunti, retribuiti, disciplinati e persino licenziati da algoritmi. Questi sistemi, spesso opachi e soggetti a errori, monitorano ogni aspetto delle attività lavorative, dalla produttività alle abitudini personali, e possono esercitare un controllo quasi totale sulla vita dei lavoratori.

Questa realtà è particolarmente evidente nel settore della gig economy, dominato da piattaforme digitali come Uber, DoorDash, Instacart, Lyft, Amazon Flex, Shipt e Favor. Un nuovo rapporto di Human Rights Watch, intitolato “The Gig Trap”, denuncia le pratiche di queste aziende, che classificano erroneamente i lavoratori come autonomi, privandoli di diritti fondamentali e esponendoli a salari instabili e insicurezza economica.

Un boom globale di piattaforme digitali

Nel 2021, l’Organizzazione internazionale del lavoro ha registrato oltre 777 piattaforme di lavoro attive a livello globale, con un’ampia diffusione in diversi settori, tra cui ride-sharing, delivery, ospitalità e persino ingegneria del software. Negli Stati Uniti, il Pew Research Center ha rilevato che il 16% degli adulti ha lavorato almeno una volta per una piattaforma digitale, con il 31% di loro che dipende da queste attività come principale fonte di reddito.

L’espansione di queste piattaforme è stata alimentata dalla promessa di flessibilità e autonomia, ma il modello di business prevalente mina le protezioni dei lavoratori, riducendo la sicurezza economica e sociale.

Il falso mito della flessibilità

Le piattaforme digitali, secondo Human Rights Watch, sfruttano il concetto di lavoro flessibile per classificare i lavoratori come autonomi e sfuggire alle normative sul lavoro. Questa strategia consente alle aziende di evitare costi legati ai salari minimi, agli straordinari, all’assicurazione sanitaria e ai contributi previdenziali.

Tuttavia, la flessibilità è spesso solo un’illusione: sei delle sette principali piattaforme utilizzano algoritmi poco trasparenti che determinano orari, retribuzioni e assegnazioni di lavoro. I lavoratori non hanno alcun controllo sulle tariffe e non possono negoziare i compensi, rendendoli vulnerabili a fluttuazioni di reddito estreme. In Texas, i lavoratori intervistati da Human Rights Watch hanno dichiarato di guadagnare in media solo 5,12 dollari all’ora, dopo aver sottratto le spese operative.

Oltre la precarietà: rischi per la sicurezza e la salute

L’instabilità finanziaria non è l’unico problema. I lavoratori della gig economy devono affrontare seri rischi per la sicurezza e la salute:

  • Incidenti sul lavoro: più di un terzo degli intervistati ha subito un incidente stradale mentre lavorava.
  • Violenza e furti: dal 2017 al 2020, Uber ha documentato 24.000 aggressioni contro autisti. Alcuni lavoratori intervistati da Human Rights Watch sono stati minacciati con armi da fuoco o sono stati vittime di furti d’auto.
  • Abusi e discriminazione: tra i lavoratori intervistati, 54 hanno subito abusi verbali, 34 discriminazioni razziali e 16 molestie o aggressioni sessuali.

Poiché i lavoratori delle piattaforme sono classificati come autonomi, non ricevono copertura per gli infortuni sul lavoro né supporto finanziario in caso di perdita del lavoro.

L’incubo della “disattivazione”

Molti lavoratori temono di essere “disattivati” dall’algoritmo, un processo arbitrario che può privarli improvvisamente del loro reddito. Circa metà dei lavoratori intervistati ha subito almeno un licenziamento, spesso senza spiegazioni o possibilità di ricorso. La mancanza di procedure chiare impedisce ai lavoratori di difendersi da decisioni errate o ingiuste.

Nonostante le difficoltà dei lavoratori, le piattaforme digitali continuano a generare profitti elevati.

  • Uber, con il 76% del mercato ride-sharing, ha registrato un fatturato di 43.98 miliardi di dollari. L’utile netto attribuibile è stato di 6,9 miliardi di dollari.
  • DoorDash, con il 67% del mercato delle consegne di cibo, ha generato 10,72 miliardi di dollari di fatturato nel 2024, con un aumento del 24% rispetto all’anno precedente.

Il bisogno urgente di tutele

Le piattaforme digitali hanno ridotto al minimo le protezioni sul lavoro e indebolito i diritti fondamentali dei lavoratori. Lo sostiene Human Rights Watch, secondo la quale è necessario un intervento immediato da parte delle autorità federali e statali per garantire salari dignitosi, sicurezza sul lavoro e la possibilità di organizzarsi per migliorare le proprie condizioni. È inoltre urgente una collaborazione con l’Organizzazione internazionale del lavoro per stabilire standard globali vincolanti che proteggano i lavoratori digitali.

“Le piattaforme hanno creato una forza lavoro senza diritti,” ha affermato Lena Simet. “Le istituzioni devono intervenire per garantire ai lavoratori le protezioni che meritano.”

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